“In assemblea ho visto cose che voi umani…”
Così potrebbe dire un amministratore di condominio parlando ad amici e conoscenti delle sue esperienze nella varie assemblee di condominio.
E, come si suol dire, spesso ne avrebbe ben donde…
Nello stesso tempo, anche un condòmino potrebbe dire “ho visto un amministratore in assemblea che voi umani…”.
Due punti di vista, due diversi modi di guardare le cose. Uno, dalla parte dell’amministratore, l’altro dalla parte del condomino che non sempre coincidono, anzi, spesso, divergono.
E da cosa dipende? Sicuramente dal fatto che ognuno di noi vede la realtà secondo la propria prospettiva, spesso condizionata da pregiudizi oppure suffragata da atteggiamenti.
Ma anche per il modo che l’amministratore ha di relazionarsi, di comunicare.
Al professionista, insomma, non deve bastare convocare l’assemblea, andarci, attenersi alle decisioni e tornare a casa, in studio. A meno che non sia quasi vicino a un algoritmo.
Deve saper guidare il condominio e le decisioni di chi vi abita verso una giusta direzione, garantendo serietà, trasparenza e coerenza.
Per farlo, deve preparare l’assemblea e prepararsi. Deve capire gli orientamenti, prevederli, anticiparli e gestirli.
Come? Attraverso la sua capacità comunicativa. Prima di buttarsi “nella fossa dei leoni” come spesso sento dire da alcuni professionisti, deve quindi adoperarsi per costruire una strategia relazionale e in questo modo vivrà meno male il tempo passato in assemblea.
Per prepararsi intendo, quindi, non soltanto sul piano tecnico professionale (perché deve saper cosa dirà e dare un fondamento normativo ed esperienziale ai suoi interventi) ma anche sul piano relazionale.
Dovrà sondare gli umori dei cosiddetti trascinatori, sentendo i capi scala e confrontandosi con questi.
Dimostrare empatia (che non significa condivisione delle opinioni ma rispetto delle stesse), ascoltando anche chi la pensa diversamente. Un’attività preparatoria, quindi, che non richiede molto tempo, se studiata strategicamente. Certo, più impegnativa di quella di una passività assoluta, quasi menefreghista ma molto più efficace dal punto di vista del risultato finale e anche arricchente sul piano relazionale.
In assemblea, poi, dovrà essere convincente, nell’esposizione e nella comunicazione non verbale, perché gli occhi saranno puntati tutti su di lei/lui e il suo atteggiamento inevitabilmente contagerà i partecipanti.
Dovrà inoltre gestire le emozioni anche davanti alle provocazioni, preparandosi alle stesse e dimostrando determinazione, ascolto e sicurezza, insomma autorevolezza. L’amministratore non deve essere il buon Samaritano ma neanche l’iceberg del Titanic, anche perché poi affonderebbe anche lei/lui.
Fermezza, convinzione, capacità di convincimento, percezione dello spazio in cui sta operando, apertura e rispetto di se stesso e dei condomini, questi sono gli elementi comportamentali essenziali.
L’attenzione ai particolari sarà poi determinante.
Gli sguardi, le reazioni, le parole. Tutto ha un senso. Oltre alle parole, conta la musica.
La comunicazione prima e durante l’assemblea è pertanto determinante per rendere l’attività del professionista non un mondo freddo e tecnico o troppo accomodante ma colorato, appassionante e rassicurante.
Tutto ciò richiede preparazione e formazione, certo, ma per poter essere un professionista all’altezza, i fondamentali sono indispensabili. Al caso, non si deve lasciare nulla.
Solo in questo modo, l’amministratore continuerà sicuramente a dire “in assemblea ho visto cose che voi umani…” ma magari sarà riuscito a evitare che qualche condòmino, non condizionato da malafede ma da dati oggettivi, possa dire e non a mò di complimento: “ho visto un amministratore in assemblea che voi umani…”.
Claudio Calì – Membro e docente del Centro Studi di Gestire