Dalla ricerca Enea arriva un innovativo sistema per la gestione automatizzata degli impianti di depurazione delle acque reflue, che consente risparmi del 36% circa sui consumi energetici totali e del 15% sui costi di gestione, oltre a garantire una maggiore efficienza dei processi biologici di rimozione degli inquinanti.
Prima di essere scaricate nei corpi idrici recettori, le acque reflue debbono essere depurate in quanto contengono spesso concentrazioni molto elevate di inquinanti quali ammoniaca, azoto e fosforo. Attraverso l’utilizzo di sonde, il sistema brevettato dall’Enea consente un controllo automatizzato efficiente e a costi contenuti dei processi di completa rimozione dell’azoto. Il brevetto – che verrà presto applicato su un impianto in piena scala – consente inoltre una gestione semplificata dei sistemi di aerazione (responsabili del 75% dei consumi), riducendo fino al 60% l’aria utilizzata nelle vasche di trattamento delle acque.
L’invenzione, messa a punto nel Centro Ricerche Enea di Bologna, si colloca nel più ampio contesto della ricerca di soluzioni per ridurre i consumi energetici e i relativi costi di smaltimento delle acque reflue. Secondo l’Epa (l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente) il 3% dell’intero consumo di energia elettrica degli Stati Uniti è legato proprio al trattamento delle acque reflue. In Italia, l’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI) valuta in circa 7,5 miliardi di kWh/anno i consumi del servizio idrico integrato, circa il 2,3% dell’intero fabbisogno nazionale annuo di energia elettrica, con trend in aumento.
“I consumi di energia connessi alla gestione dei servizi idrici sono in continuo aumento – sottolinea Luca Luccarini, il ricercatore Enea, autore del brevetto – Per ridurre i consumi relativi alla depurazione è indispensabile migliorare l’efficienza delle apparecchiature, risultati più efficaci derivano dalla gestione ottimizzata dei processi di trattamento ed in particolare di aerazione dei reflui”.
Ma si può andare anche oltre, trasformando l’impianto di depurazione in un sistema di produzione di energia. “L’Enea è attiva da anni anche nella ricerca sulle nuove tecnologie per la produzione di energia dagli impianti di depurazione delle acque – sottolinea Maurizio Coronidi, responsabile del Laboratorio Tecnologie per la gestione integrata rifiuti, reflui e materie prime/seconde dell’Enea -. È stata tra i primi in Italia a sostituire i processi depurativi aerobici delle acque reflue con processi anaerobici che, a seguito di una profonda revisione del ciclo di trattamento, immettono energia elettrica in rete”.
L’Enea è attualmente impegnata nell’integrazione di tecnologie consolidate per il trattamento anaerobico della acque reflue (come l’Upflow Anaerobic Sludge Blanket) con processi di filtrazione a membrana e sistemi di rimozione biologica dell’azoto (ad esempio il processo Anammox, di cui oggi ci sono almeno 25 impianti in piena scala operanti nel mondo, ma nessuno in Italia). Sono allo studio altre opzioni tecnologiche per il recupero di energia dai reflui come la produzione di idrogeno, celle a combustibile microbiche, celle elettrolitiche microbiche.
Il settore del trattamento delle acque offre ulteriori margini di miglioramento che vanno ben oltre il recupero di energia, a patto di adottare approcci innovativi tali da superare l’attuale utilizzo “lineare” delle acque che prevede il prelievo dall’ambiente, l’utilizzo (una sola volta) e la reimmissione nell’ambiente con caratteristiche qualitative solitamente peggiori di quelle di origine.
In effetti oggi la parola “acqua” si lega indissolubilmente alla parola “scarsità”. A causa della crescita demografica e degli effetti dei cambiamenti climatici, l’acqua dolce, accessibile e di buona qualità è una risorsa limitata e molto variabile. In molte zone del globo l’acqua è contesa tra aree urbane, agricoltura e industria; inoltre, il settore energetico si sta evolvendo verso tecnologie sempre più idro-esigenti (come ad esempio per l’estrazione di petrolio da sabbie bituminose o per la produzione di bio-combustibili), rendendo più forte la consapevolezza del nesso che lega l’acqua all’energia, il cosiddetto “water-energy nexus”.
Secondo gli ultimi dati del Water Exploitation Index (WEI) della European Environment Agency, l’indice che fornisce la più ampia rappresentazione dell’utilizzo dell’acqua in rapporto alla sua disponibilità a lungo termine, oggi la scarsità di acqua affligge anche l’Europa, persino quella settentrionale. A livello globale si riscontra la stessa tendenza: secondo il rapporto dell’Ocse “Principi sulla governance dell’acqua” del giugno 2015, sono 2,8 miliardi le persone che vivono in aree sottoposte a stress idrico, con una proiezione di 3,9 miliardi al 2030. Lo studio inoltre stima al 2050 un incremento del 55% della domanda di risorse idriche, a fronte di 240 milioni di persone senza acqua potabile.
Il passaggio ad una logica di economia circolare richiede di fissare l’attenzione su tutte le risorse potenzialmente recuperabili dai reflui, rappresentate in primis dall’acqua stessa, ma anche dai nutrienti (azoto e fosforo) da impiegare come fertilizzanti in agricoltura o ancora la produzione di biopolimeri per l’utilizzo come plastiche biodegradabili quali, ad esempio, i poliidrossialcanoati (PHA). Esistono già numerosi e significativi esempi di pratiche di riutilizzo e recupero idrico tali da massimizzare l’uso della risorsa e, allo stesso tempo, ridurre la richiesta tecnologica per il trattamento in un’ottica fit-for-(re)use.