[A cura di: ARERA – www.arera.it] Bollette elettriche in crescita in tutta l’Eurozona, ulteriormente appesantite dalle imposte e dagli oneri di rete in Italia.
Consumi di gas in crescita e prezzi italiani più alti della media UE per i clienti domestici.
Quasi 12 miliardi di investimenti nel settore idrico, sostenuti in parte con i 312 euro della spesa media annua della famiglia tipo e in parte con risorse pubbliche, per fronteggiare la perdita media del 43% di acqua dagli acquedotti.
Infine, l’universo frammentato dei rifiuti – con oltre 6.500 operatori e 1.334 enti territorialmente competenti – per il quale il Metodo Tariffario introdotto da ARERA sta cercando di introdurre trasparenza e costi standard, visto che ad oggi si passa da situazioni in cui il conferimento nelle discariche ha un valore di 9 €/tonnellata a zone in cui raggiunge i 187 €/tonnellata.
È solo una sintesi dei dati 2019 per elettricità, gas, acqua e rifiuti, che Arera – l’Autorità di regolazione per l’energia e l’ambiente – ha pubblicato nella propria Relazione Annuale: 479 pagine di tabelle, grafici e analisi in cui è contenuta la fotografia dei servizi pubblici nel Paese prima del Covid-19.
Nel 2019 trend al rialzo per i prezzi al lordo delle imposte e degli oneri per i consumatori domestici di tutta Europa, andamento che in Italia è influenzato anche da un aumento dei prezzi netti (energia e costi di trasporto) più marcato nel nostro Paese.
I prezzi finali delle due classi di consumo più rappresentative (consumi annui tra 1.000 kWh e 2.500 kWh/a e tra 2.500 kWh/a e 5.000 kWh/a) si attestano per la prima ancora sotto la media dell’Area euro, rispettivamente a -5% (da -10% del 2018) e la seconda con lieve scarto dall’Area euro (+2%, rispetto a -5% del 2018), in un trend di crescita di cui sarà importante verificare andamento e ragioni.
Le classi di consumo successive confermano livelli superiori a quelli dell’Area euro, sia al lordo che al netto di imposte e oneri. Mentre la struttura del prezzo netto è digressiva, la componente fiscale che grava sui consumatori domestici italiani presenta ancora una struttura non digressiva, a differenza di quanto accade nel resto dell’Unione Europea, rispetto alla quale tale componente risulta più alta per le classi a più alto consumo (fino al 20% in più) e viceversa più bassa per le classi inferiori (fino al 25% in meno).
L’introduzione della nuova metodologia Eurostat di rilevazione e la conseguente riclassificazione dei clienti per fasce di consumo, nonché l’effettuazione di conguagli in ragione della sopravvenuta prescrizione biennale delle fatture, possono invece avere influenzato la dinamica dei prezzi, storicamente più bassi, della prima classe in Italia (consumi fino a 1.000 kWh/a): per quest’ultima si è infatti passati da forti differenziali negativi a decisi distacchi positivi rispetto alla media dell’Area euro.
Con l’entrata in vigore e completamento della riforma delle tariffe elettriche introdotta dall’Autorità (1° gennaio 2016) ha avuto inizio il progressivo riallineamento dei corrispettivi di rete applicati alle diverse classi di consumo, che ha contribuito ad avvicinare i prezzi netti italiani a quelli medi europei, grazie al graduale superamento della previgente struttura progressiva delle tariffe.
Tra i principali paesi europei, la Germania si conferma il paese con i prezzi più alti per i clienti domestici di energia elettrica per tutte le classi, esclusa la prima con consumi sotto i 1.000 kWh/a, dove più cari sono i prezzi di Spagna e Italia.
Rispetto alla Germania, i clienti domestici italiani pagano via via prezzi inferiori al diminuire della classe di consumo dal -10% della fascia più alta di consumo al -26% della fascia tra 1.000 e 2.500 kWh/a. Il differenziale fra prezzi domestici italiani e tedeschi si è però assottigliato.
Il numero complessivo dei punti di prelievo è rimasto sostanzialmente invariato (-0,2%) a poco meno di 37 milioni, di cui 29,5 milioni domestici e 7,2 milioni non domestici (non domestici a -1,1% rispetto al 2018).
L’80,1% dei clienti domestici è residente con una media dei consumi di 2.184 kWh.
Dall’analisi dei dati della distribuzione, emerge che i consumi elettrici delle famiglie italiane sono piuttosto contenuti: il 53,5% dei clienti domestici si colloca nella fascia di consumo annuo che non supera i 1.800 kWh e preleva un quarto di tutta l’energia elettrica distribuita ai clienti domestici, mentre il restante 46,5% (con consumi medi superiori a >1.800 kWh) preleva il 73,8% del totale. Le famiglie consumano circa il 22% di tutta l’energia distribuita.
Guardando ai dati del mercato finale della vendita, il 49,4% dei clienti domestici si trova nel mercato libero (in aumento rispetto al 46,4% del 2018). Si assottiglia la differenza dei consumi medi tra famiglie nel mercato libero, mediamente 2.063 kWh/anno, e in quello tutelato, 1.869 kWh/anno, segno che se prima si sono spostati i clienti domestici con maggiori consumi ora il processo si sta allargando alle altre famiglie.
Lato offerta, anche nel 2019 è cresciuto in maniera decisa il numero dei venditori sul mercato retail (+88 unità nel mercato libero, raggiungendo il numero di 723 operatori) confermando un trend di espansione che procede ininterrottamente dalla liberalizzazione del 2007.
L’operatore dominante dell’intero mercato elettrico italiano resta il gruppo Enel, quest’anno con una quota in lieve discesa dal 37,6% del 2018 a 36% dei volumi venduti seguito a grande distanza da Edison (in aumento al 5,4%) e da Hera al 4,9 dal 4,3%. Complessivamente, i primi cinque operatori detengono l’82,5% del settore domestico (l’84,7% nel 2018), anche se complessivamente, rispetto al 2018, si registra una minima diminuzione del livello di concentrazione del mercato, con la quota dei primi tre operatori passata dal 46,8% al 46,3% delle vendite complessive.
Nel 2019 il prezzo medio dell’energia elettrica (ponderato con le quantità vendute), al netto delle imposte, praticato dalle imprese di vendita ai clienti domestici, è stato pari a 21,50 c€/kWh nel servizio di maggior tutela e a 24,21c€/kWh nel mercato libero.
Il differenziale tra i due mercati, in parte spiegabile con ampie differenze nelle tipologie di contratti disponibili sui due mercati, è risultato quindi di 2,7 centesimi di euro, che scende a 2,6 centesimi se si guarda alla sola componente di costo per la materia energia (10,19 €cent/kWh nella tutela contro 12,81 €cent/kWh nel libero).
Nel 2019 i prezzi del gas naturale per i consumatori domestici italiani, comprensivi di oneri e imposte, sono stati più alti della media dei prezzi dell’Area euro per tutte le classi di consumo. Per la prima volta, infatti, anche la prima classe di consumo (meno di 525,36 mc/a) ha conosciuto un differenziale positivo, passando dal -1% del 2018 al +7%. In passato, questa era sempre risultata più conveniente sia al lordo, sia al netto delle imposte, anche se per differenziali negativi contenuti.
Per le altre due classi a maggior consumo i divari con la media dei prezzi lordi dell’Area euro però hanno conosciuto una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente: per la classe di consumo 525-5.254 mc/a, che è anche quella che presenta la quota maggiore sul totale dei consumi domestici (72%) il differenziale è stato infatti del +15%, contro il +17% registrato nel 2017; per la classe oltre 5.254 mc /a (perlopiù riscaldamenti centralizzati) il valore è stato invece del +18%, contro il +22% dell’anno precedente.
Dopo che nel biennio 2017 e 2018 erano tornate ad ampliarsi le differenze tra i prezzi italiani e quelli dell’Area euro, che invece avevano conosciuto in precedenza un periodo di progressiva riduzione, nel 2019 si assiste dunque a un miglioramento relativo per le ultime due classi, con prezzi finali che crescono meno (per qualche punto percentuale) in Italia rispetto all’Area euro; per la prima classe (da 0 a 525 mc/a), il maggiore aumento del prezzo finale rispetto all’Area euro (+6,4% contro -0,9%), determina per la prima volta un differenziale positivo con l’Area euro.
Nel settore della vendita, su un totale di 446 imprese attive (+29 rispetto al 2018) soltanto 30 (il 6,7%, era il 7,5% nel 2018) ha venduto oltre 300 milioni di mc. Complessivamente, le 30 società che hanno venduto oltre 300 M(mc) coprono l’82% di tutto il gas acquistato nel mercato al dettaglio.
Il 2018 ha visto un leggero aumento di concentrazione sul mercato finale con la quota controllata dai primi 3 gruppi societari salita al 44,3% dal 43,5% del 2018, mentre per i primi cinque gruppi si è passato dal 51,7% al 54,4%. Nessuna variazione emerge nelle prime tre posizioni del mercato finale, nelle quali restano saldi Eni, Edison ed Enel.
In termini di numero di clienti domestici, il 44% si rivolge al mercato tutelato, mentre il 56% acquista nel mercato libero. I clienti che hanno acquistato il gas nel servizio di tutela sono diminuiti dell’11,2%, (tenendo conto dei servizi di default e ultima istanza il calo si riduce di poco a -11%); viceversa i clienti del mercato libero sono complessivamente aumentati del 10,4%.
I cambiamenti di fornitore dei consumatori domestici nel 2019 sono saliti di due punti percentuali, confermando e anzi accrescendo la crescita registrata nel 2018. Lo scorso anno, infatti, risultano avere effettuato almeno un cambio di fornitore circa 1 milione e 600 mila clienti, equivalenti a una quota dell’8,8% del totale (e corrispondente a una porzione di volumi del 10,9%).
Più elevata e pari al 10,1% è stata la frazione di condomini con uso domestico che si è rivolta a un altro venditore, per volumi corrispondenti al 12,4% del relativo settore di consumo.
Quest’ultima quota è leggermente inferiore a quella evidenziata nel 2018, mentre il tasso di spostamento in termini di clienti è più elevato rispetto al 2018: ciò significa che stanno cominciando a spostarsi i condomini con i consumi annui di più ridotta dimensione.
Il fenomeno è stato probabilmente stimolato dalla fine del servizio di tutela, originariamente programmata per il primo luglio 2019 e ora rinviata al 1° gennaio 2022.
Con riferimento a un campione di 103 gestioni (che erogano il servizio a oltre 40 milioni di abitanti), per il 2019 la spesa media annua sostenuta da un’utenza domestica residente tipo (famiglia di 3 persone, con consumo annuo pari a 150 mc), ammonta a 312 €/anno a livello nazionale (2,08 €/mc), con un valore più contenuto nel Nord-Ovest (244 €/anno; 1,62 €/mc) e più elevato nel Centro (389 €/anno; 2,59 €/mc), area quest’ultima in cui i soggetti competenti hanno programmato, per il periodo 2016-2019, una maggiore spesa pro capite per investimenti da finanziare attraverso tariffa.
Questa spesa è composta, in media, da corrispettivi del servizio acquedotto per il 40%, dei servizi di fognatura e depurazione per il 12% e il 29%, dalla quota fissa per il 10% e da imposte (IVA) per il 9%.
Per quanto riguarda uno dei principali indicatori della qualità tecnica, quello delle “Perdite idriche”, nel 2016 (gli ultimi dati tecnici disponibili) si registra un valore delle perdite idriche lineari (calcolato rapportando le perdite totali alla lunghezza della rete) mediamente pari a 24 mc/km/giorno, nonché un valore medio di partenza delle perdite idriche percentuali (calcolato rapportando le perdite totali al volume complessivo in ingresso nel sistema di acquedotto) pari al 43,7%. Si rilevano valori di perdite più contenuti al Nord e valori medi più elevati al Centro e nel Sud e Isole, area quest’ultima dove circa la metà della risorsa idrica immessa nei sistemi di acquedotto viene dispersa.
Si conferma ancora l’esistenza, nel Paese, di un water service divide, con valori dei parametri tecnici che tendono generalmente a rappresentare situazioni di maggiore criticità in corrispondenza dell’area Sud e Isole.
Rispetto all’anno precedente, la variazione media delle tariffe approvata è stata del +1,1% nel 2019 (con, in particolare, un incremento medio delle tariffe del 2,1% per circa 24,51 milioni di abitanti e una riduzione del -1,3% per 9,58 milioni di abitanti).
Si conferma, dunque, una sostanziale stabilità delle tariffe all’utenza, pur in presenza dell’avviato percorso di miglioramento della qualità del servizio idrico integrato.
L’analisi ha evidenziato l’eterogeneità delle tariffe applicate, anche in relazione all’applicazione di specifiche componenti addizionali (quali contributi ambientali, extraregionali o locali, tributi speciali di discarica, etc, …) che non rendono direttamente confrontabili i prezzi di conferimento applicati dai diversi impianti.
Con riferimento alle discariche, si rileva una situazione fortemente disomogenea: in alcune aree del Paese sono applicate tariffe amministrate che vengono definite a livello regionale o dall’ente di governo dell’ambito, contestualmente all’applicazione diffusa di tariffe non amministrate, in funzione della frazione merceologica. Il prezzo di conferimento dichiarato dai gestori presenta un’estrema variabilità con un valore minimo di 9 €/tonnellata a un valore massimo di 187 €/tonnellata con un prezzo medio di conferimento della totalità degli impianti del Panel che si attesta intorno a 85 €/tonnellata (91 €/ton al Nord, 75 €/ton al Centro e 82 €/ton al Sud).
Si conferma il trend di crescita del teleriscaldamento e del teleraffrescamento, in termini di volumetria allacciata ed estensione delle reti. La diffusione del servizio rimane concentrata principalmente nell’Italia settentrionale e centrale: Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto rappresentano, da sole, oltre il 95% dell’energia termica erogata.
Dall’analisi dei siti internet degli operatori di maggiori dimensioni (i più rappresentativi del mercato se si considerano volumi erogati) è emerso che, nell’ultimo trimestre del 2019, il prezzo netto (IVA e credito di imposta esclusi) per un utente condominiale di tipo domestico era compreso tra circa 82 e 92 €/MWh. Al riguardo, va comunque evidenziato che le caratteristiche dei sistemi di telecalore (in particolare la tipologia di fonti energetiche utilizzate e il livello di densità termica dell’utenza) possono comportare significative variazioni del costo di erogazione del servizio e che pertanto tale intervallo di prezzo non può costituire un riferimento per tutte le realtà del settore.