Da una parte la richiesta avanzata al Governo dalla maggioranza – nella risoluzione alla nota d’aggiornamento del Def votata al Senato – che prevede non solo di estendere il sistema della tassazione sostitutiva anche ai redditi derivanti dagli affitti di immobili ad uso non residenziale, ma anche di prorogare la riduzione al 10 per cento della cedolare secca sugli affitti abitativi.
Dall’altra, il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva – allegato sempre alla nota di aggiornamento del Def – secondo cui, a partire dall’introduzione della cedolare secca sugli affitti abitativi, l’evasione tributaria (tax gap) è diminuita del 42% e la propensione all’inadempimento si è ridotta del 40%.
Due facce di una stessa medaglia: quella che fa auspicare agli immobiliaristi e alla proprietà edilizia – con in testa, rispettivamente, la Fiaip e Confedilizia – che nella prossima legge di stabilità trovino posto sia la conferma delle agevolazioni attualmente in essere sul regime della cedolare, sia la loro estensione al segmento degli immobili non abitativi.
“Ribadire l’obiettivo della cedolare secca nelle risoluzioni di maggioranza è positivo, ma non è ancora sufficiente, se non c’è una vera disponibilità da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Governo, che al momento non si è manifestata nella cornice politico economica alla Legge di Bilancio”. A dichiararlo è il neo-presidente Fiaip, Gian Battista Baccarini, secondo il quale “L’estensione della cedolare secca per gli affitti commerciali, così come inserita nella risoluzione della maggioranza alla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2017, è una misura che chiediamo da anni per far ripartire il mercato immobiliare ed è un primo segnale da parte del Senato. Sarebbe, inoltre, un passo importante nel contrasto alla desertificazione commerciale delle nostre realtà urbane, per ovviare al degrado di molte città che hanno visto allontanare, sempre più, le attività produttive dai centri storici”.
Come rimarca il numero uno della federazione immobiliaristi, “il comparto delle locazioni commerciali è ormai allo stremo e gli investitori si sono allontanati da tempo da questo tipo di investimento. Per questo motivo Fiaip ritiene che il Governo non possa perdere l’opportunità di inserire la norma all’interno della legge di stabilità. Peraltro, da anni sosteniamo che l’applicazione della cedolare secca avrebbe comportato benefici sia alla piccola proprietà immobiliare, sia in termini di lotta alle sacche di evasione. Oggi è dimostrato che è stato davvero così”.
Su quest’ultimo aspetto, ha posto l’accento anche e soprattutto il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa (nella foto), ha dichiarato: “Ora ci sono le prove. La cedolare secca sugli affitti abitativi da parte di persone fisiche – per anni proposta da Confedilizia e finalmente varata nel 2011 – ha pienamente centrato uno degli obiettivi che si prefiggeva, quello di ridurre l’evasione fiscale. In pochi anni – ci dice il Mef – si è quasi dimezzata sia l’entità delle somme sottratte al fisco sia la propensione all’inadempimento, recuperandosi circa un miliardo di euro. Inoltre, i numeri certificano che, negli ultimi anni, questo è l’unico comparto nel quale la tax compliance è cresciuta. La cedolare si impone anche per ragioni di equità, anzitutto per compensare almeno in parte il forte carico di tassazione patrimoniale che gli immobili locati subiscono con Imu e Tasi”.
Poi, l’inevitabile riferimento all’ipotesi di estendere la cedolare anche agli affitti commerciali: “Questi dati dovrebbero finalmente convincere Parlamento e Governo ad ampliare la tassazione sostitutiva alle locazioni non abitative, a partire da quelle di negozi e uffici – rimarca Spaziani Testa -. Le risorse le offre proprio il recupero di evasione ottenuto con la cedolare nel settore abitativo. Stiamo parlando, e lo sottolineiamo ancora una volta, di un’evasione tributaria diminuita del 42% e di una propensione all’inadempimento ridottasi del 40%. In soldoni, tra il 2010 ed il 2015 il tax gap è passato da 2,3 a 1,3 miliardi di euro, mentre la propensione al gap è scesa dal 25,3% al 15,3%. Ora davvero non ci sono più scuse”.