[A cura di: Vincenzo Perrotta] Bene il tentativo di cambio di rotta, da parte del Governo sulle politiche abitative, ma non benissimo per quanto riguarda numerosi aspetti ad esse collegate: dalla cedolare secca per i comuni calamitati, all’uso del contante, allo stanziamento, diluito in 10 anni, del programma di rinascita urbana.
E ancora, accordi territoriali, affitti brevi e offerta di alloggi in edilizia convenzionata.
Sono tanti i temi affrontati dal neo Segretario Generale del Sunia Nazionale, Stefano Chiappelli, da poco succeduto a Daniele Barbieri alla guida del sindacato inquilini.
Ecco dunque l’intervista a Chiappelli, che ha assunto il nuovo incarico dopo essere già stato segretario generale di Milano e Lombardia e membro della segreteria generale nazionale assieme al predecessore Barbieri.
Come valuta la manovra finanziaria 2020 e, più in generale, l’azione dell’attuale Governo in materia abitativa?
Abbiamo dato atto al Governo di una impostazione della legge di bilancio che ha cercato di invertire la rotta degli ultimi anni in materia di politica abitativa con intenti programmatici di una certa prospettiva in materia di riqualificazione urbana, recupero, periferie, con la messa a regime al 10% dell’aliquota di cedolare secca per i contratti concordati, una sia pure insufficiente dotazione di 50 milioni per il fondo di sostegno all’affitto. Bene anche il sistema delle detrazioni per interventi di riqualificazione ed efficienza energetica, mentre per il bonus facciate vanno risolti i dubbi ancora in essere sulle zone di applicazione nei Comuni.
Esistono tuttavia delle criticità che abbiamo denunciato:
Anche sulla cedolare secca al 10% si è soppressa l’estensione ai Comuni colpiti da calamità con grave rischio per i contratti in corso. Il problema è stato ripreso, anche su nostra pressione, dal Parlamento in sede di conversione in legge del Milleproroghe, ma con un testo confuso che esclude i Comuni di oltre 10mila abitanti.
Infine, siamo perplessi poi sulle timidezze in materia di uso del contante e tracciabilita dei pagamenti dei canoni d affitto che devono essere condizione per ottenere le detrazioni.
Anche su queste basi, quali sono le priorità del suo mandato?
Il lavoro dei prossimi mesi è stato in gran parte tracciato nell’ultimo Congresso nazionale che si è tenuto a Rimini nel 2018. Dunque, un lavoro programmatico per essere all’altezza delle sfide che l’organizzazione è chiamata ad affrontare per aumentare l’offerta di alloggi in affitto a canoni sostenibili e una rigenerazione urbana orientata al soddisfacimento del fabbisogno abitativo e all’inclusione sociale. Questioni che devono essere messe al centro dell’agenda politica del Governo Nazionale, attraverso un impegno forte e politiche strutturali, considerata anche la crisi economica che ha aggravato l’emergenza del settore abitativo e ha pesantemente investito e travolto gli stessi proprietari utenti.
La situazione è difficile e lavoreremo anche per un coinvolgimento degli stessi nei processi di rigenerazione e riqualificazione del patrimonio abitativo, anche in relazione alle agevolazioni per la riqualificazione energetica, le ristrutturazioni, l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Lavoreremo anche per sviluppare iniziative sui costi dell’abitare, che rappresentano la voce di spesa di gran lunga più consistente sia per gli inquilini sia per i tre milioni e mezzo dei proprietari con un mutuo da pagare.
Rispetto al tema degli “affitti brevi”, soprattutto nelle città più ricettive, come incidono sull’emergenza abitativa e quali contromisure andrebbero disposte?
È per noi questione cruciale. Un fenomeno incontrollato che può ulteriormente stravolgere le città e nega il diritto a un naturale uso e destinazione abitativa degli immobili, nonché la locazione di durata stabile a un canone sopportabile.
Il richiamo al codice civile non basta: noi chiediamo allo Stato centrale, alle Regioni e ai Comuni un intervento normativo e regolamentare coordinato che affronti:
È urgente intervenire con misure mirate anche perché nel vuoto normativo attuale, la magistratura (senza voler generalizzare) ha espresso pronunce che hanno premiato quest’uso improprio delle abitazioni spesso a danno della regolamentazione tentata da alcune leggi regionali e da regolamenti comunali in materia.
Passiamo agli accordi territoriali: qual è la sua valutazione?
Il decreto del 2017 frutto della convenzione nazionale tra sindacati inquilini e associazioni della proprietà ha positivamente scosso il settore con significative novità quali:
Detto questo, lo stato degli accordi, circa i numeri, è soddisfacente. Per le grandi città metropolitane e i capoluoghi gli accordi sono depositati, e anche in tanti altri comuni, a partire da quelli ad alta tensione abitativa, ma in numero ancora insufficiente, vanno sottoscritti rapidamente gli accordi mancanti e in tal senso facciamo appello ai comuni perché convochino le parti sindacali e alle altre organizzazioni di inquilini e proprietari.
Voglio avanzare inoltre uno spunto di riflessione, che nasce dal fatto che la convenzione nazionale e stata firmata a ottobre 2016 e ormai ha superato i 3 anni. Per questo occorre riflettere su alcuni nodi ancora da sciogliere e che impongono modifiche e integrazioni, quali:
Va infine affrontato il nodo della riforma della legge 431/1998 sulle locazioni e occorre assicurare una reale e diffusa regolamentazione contrattata dell’affitto che permetta di superare l ‘attuale fase in cui convivono un contratto a canone agevolato e contratti liberi o brevi che, in assenza di regole e controlli, perpetuano il caro affitti e l’evasione fiscale.