[A cura di: avv. Mario Fiamigi – vice presidente nazionale Appc]
Si succedono i governi, cambiano i Presidenti del Consiglio, si lanciano ambiziosissimi piani che dovrebbero far sorgere, in un futuro di cui non si conoscono i confini, un gigantesco cantiere edile lungo tutta la penisola, ma la realtà quotidiana del bene casa rimane drammatica e nessuno tra gli operatori del settore intravede un barlume di luce in fondo al tunnel.
Dal 2008 al 2015 il settore delle costruzioni ha subito un crollo degli investimenti pari al 34,9%, le stime per il 2016 parlano di un aumento del tutto trascurabile del 0,3%, mentre le prospettive per il 2017 sono per un ulteriore peggioramento. Secondo i dati dell’Ance, tra il 2008 e il 2014 sono fuoriuscite dal sistema produttivo, quindi hanno chiuso i battenti, oltre 100.000 imprese con un calo percentuale del 16%. Si stima inoltre che abbiano perso l’occupazione, dall’inizio della crisi, oltre 600.000 addetti. Numeri drammatici che sono da mettere in relazione allo “shock immobiliare” che ha colpito le famiglie proprietarie (otre il 70% in Italia) dell’abitazione con una riduzione del valore dei beni di mille miliardi in cinque anni.
Solo un cieco non vedrebbe che questa catastrofe è in diretta relazione con la pesantissima tassazione immobiliare introdotta dall’anno di (dis) grazia 2011, che ha aumentato il gettito del 150%. Le case date in affitto, schiacciate dal macigno fiscale, hanno trascinato nel baratro del deprezzamento anche le abitazioni principali. Tutto ciò ha avuto un effetto sulle decisioni di spesa delle famiglie che, sentendosi meno sicure e meno garantite dal loro patrimonio, non hanno più investito sugli interventi di ristrutturazione e di manutenzione innescando la crisi generale dell’edilizia.
Questo quadro a tinte fosche può essere mutato solo con un intervento sistematico che porti ad una vera consistente detassazione di tutti gli immobili, abitativi e commerciali, qualunque sia la loro destinazione e il loro utilizzo. Sgravi contributivi parziali, per quanto necessari, o progetti colossali, e proprio per questo di difficile e comunque lunghissima realizzazione, non possono eliminare l’intollerabile oppressione che grava sulle famiglie e sulle imprese.