Carissime Istituzioni, chi vi scrive è “l’amministratore di condominio”, badate bene: non un amministratore di condominio, ma l’amministratore inteso come intera categoria. Per questo d’ora in avanti useremo il “plurale maiestatis”.
Vi sembrerà strano, perché ad oggi nessuno si è mai fatto portavoce dell’intera categoria degli amministratori condominiali presso le Istituzioni, dilaniata come è da ben oltre 60 associazioni che proliferano sempre di più e che di tutto sono capaci tranne che di fare sentire la voce di una delle più importanti, difficili, e cruciali professioni, in grado di gestire l’intero patrimonio immobiliare privato italiano e per questo, capace di muovere diversi punti di PIL.
A noi sembra ancora più strano che la professione di amministratore sia stata riconosciuta e poi resa accessibile anche al non professionista, rendendola di fatto la più incompresa, sottovalutata e svilita dell’intero panorama nazionale.
Per lo Stato e per il mondo istituzionale, l’amministratore di condominio esiste solo per essere sfruttato e sistematicamente vessato, in palese contrasto con l’articolo 36 della Costituzione, perché grazie alla legge 220/2012, la sua professionalità è stata ridotta a brandelli, nonché considerata indegna del diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto.
A titolo puramente esemplificativo e non esaustivo, questo è ciò che l’amministratore ha dovuto subire e sta subendo solo da due anni a questa parte:
• la sua professione non è stata riconosciuta tra quelle indispensabili alla vita della nazione durante il lockdown, malgrado l’amministratore abbia dovuto gestire le piccole o grandi comunità amministrate (questo sono i condomini) con nuove modalità, destreggiandosi tra sanificazioni, problemi di convivenza, malattie e morti;
• all’amministratore non è stato concesso di poter utilizzare lo strumento dell’assemblea da remoto (vitale per la sua professione) se non dopo innumerevoli difficoltà, con una norma confusa e pasticciata, soggetta ad impugnazioni e foriera di ulteriori problemi;
• l’amministratore è l’unico professionista, ago della bilancia nel complesso progetto di detrazione fiscale 110% in condominio, con il compenso non detraibile ai fini fiscali;
• ai sensi del decreto n. 383 del 6.10.22 del Ministero della Transizione ecologica, l’amministratore deve rendere disponibile ai cittadini amministrati, entro 10 giorni dalla pubblicazione, il vademecum ENEA con i consigli per il risparmio energetico, sostituendosi ad un onere che lo Stato dovrebbe assumersi responsabilmente;
• l’amministratore è solo nel dover affrontare la più grande crisi speculativa degli ultimi 50 anni, che vede i bilanci familiari ridotti all’osso da una parte ed i fornitori di gas-energia che minacciano distacchi dall’altra, ridotto a una sorta di Sceriffo di Nottingham, giusto capro espiatorio su cui fare cadere l’incapacità di trovare soluzioni ad un problema che solo una saggia politica può e deve gestire.
Per non parlare delle indebite competenze attribuitegli dalle istituzioni locali in materia di gestione dei rifiuti (che riguardano i titolari di TARI e non il condominio); o in materia di consumi idrici dei componenti i nuclei familiari (che riguardano i privati cittadini e non il condominio): per comodità e senza alcun fondamento giuridico, si ricorre sempre all’amministratore di condominio per la gestione delle “patate bollenti”. Il suo ruolo si riduce sostanzialmente in doveri e responsabilità civili e penali senza che però, come contrappeso, vi sia un riconoscimento adeguato della sua figura ed una tutela della sua dignità professionale.
è giunto il momento di chiedersi a chi giova questo sistema: non certo all’amministratore di condominio, che non è riconosciuto onorevolmente nel suo ruolo, a parte quando serve come “braccio” di qualche Ministero o dell’Agenzia delle Entrate.
E’ giunto il momento che le Istituzioni e chi ci dovrebbe rappresentare si rendano conto che così non può più funzionare e che se non si invertirà la tendenza è possibile che un’intera categoria incroci le braccia. Basterebbero due mesi senza versamenti F24 per fare capire che gettito erariale siamo in grado di controllare.
Abbiamo bisogno di una riforma seria che rifondi l’istituto del condominio e riscriva completamente la legge 220/12; abbiamo bisogno di trasformare il rapporto di mandato che oggi ci lega ai nostri clienti con un rapporto contrattuale definito e trasparente nei tempi, nei modi e nei contenuti; abbiamo bisogno di confrontarci con le istituzioni con serenità e chiarezza; abbiamo bisogno di essere ascoltati ed essere interpellati quando si tratta di legiferare o regolamentare il condominio o la nostra professione; abbiamo bisogno di un’unica rappresentanza nazionale e di un interlocutore diretto; abbiamo bisogno di un albo che individui i professionisti seri e capaci; abbiamo bisogno di barriere d’accesso all’esercizio della professione, con un percorso di studi universitario e un esame di Stato di abilitazione; abbiamo bisogno di tutela previdenziale; abbiamo bisogno di rispetto da parte delle istituzioni e dei nostri clienti; abbiamo bisogno di poter tutelare i nostri condomini ed il patrimonio immobiliare con strumenti efficaci.
Per poter proteggere, valorizzare, gestire con competenza gli immobili abbiamo bisogno di programmare e pianificare gli interventi nel breve, medio e lungo periodo, e questo è possibile non con un mandato a scadenza annuale, ma con tempi certi e definiti e soprattutto senza revoche senza giusta causa; abbiamo bisogno di essere riconosciuti, di uscire dall’invisibilità e di poter essere fieri di quello che siamo; abbiamo bisogno di un riconoscimento economico proporzionale alla quantità e qualità del lavoro svolto, come prevede la Costituzione.
Insieme al movimento d’opinione Quorum Rosa, trasversale e slegato da ogni sigla associativa, ma anche insieme a tutti gli amministratori di condominio silenti, appartenenti a tutte le associazioni, chiediamo alle Istituzioni di aprire con noi un canale di comunicazione efficace e permanente.
Il nostro è un appello corale affinché le Istituzioni intervengano in maniera solerte sulle norme di accesso alla professione di amministratore. Occorre fornire, in maniera compiuta, rigorosa e puntuale, percorsi formativi di qualificazione con garanzie di serietà e qualità, al fine di rendere più stringenti le condizioni attuali di accesso alla professione, confidando nel riconoscimento giuridico concreto dell’operato dell’amministratore, meritevole di tutela e di rispetto. Siamo convinti che sia opportuno e non più procrastinabile aggiustare il tiro delle norme attuali per renderle adeguate ai tempi, alle esigenze della collettività ed alla funzione sociale dell’amministratore.
Siamo consapevoli che il percorso non sarà facile, ma lo dobbiamo affrontare insieme con strumenti nuovi di cooperazione e di condivisione e porre in essere una piccola rivoluzione, necessaria non solo per la nostra categoria, ma anche e soprattutto per una nuova consapevolezza della società civile circa il nostro ruolo.