Con la recentissima ordinanza numero 26261, depositata dalla seconda sezione civile in data 11 settembre 2023, la Corte di Cassazione è ritornata sulla questione relativa all’applicabilità della competenza per valore nelle controversie aventi ad oggetto il recupero degli oneri condominiali non versati dal conduttore e, dunque, sull’interpretazione dell’articolo 7 del codice di procedura civile.
In particolare, mentre non è mai stata posta seriamente in discussione la competenza funzionale (ed inderogabile) del Tribunale nelle ipotesi del mancato versamento dei canoni di locazione (Corte di Cassazione, sentenza 28041/19), più di frequente si è argomentato, in ordine all’omesso versamento delle quote condominiali da parte dell’inquilino, se dovesse prevalere la competenza del Tribunale ratione materiae essendo prioritario, rispetto al valore della causa, il collegamento funzionale tra la pretesa fatta valere in giudizio e l’immobile oggetto del contratto, ovvero se dovesse aversi riguardo all’ordinario criterio di competenza per valore, che, per le cause relative a beni mobili, dal 28 febbraio ultimo scorso, per effetto dell’entrata in vigore della riforma Cartabia, è passata da 5.000,00 a 10.000 euro.
La vicenda processuale
Il Giudice di pace di Canosa di Puglia, con l’ordinanza n. 26 pubblicata in data 08 luglio 2022, dichiarava la propria competenza per valore nella procedura monitoria finalizzata ad ottenere la condanna del conduttore al rimborso, in favore del proprietario/locatore, delle somme da quest’ultimo anticipate, a titolo di oneri condominiali scaduti e non versati dall’inquilino, sino alla data del rilascio dell’immobile.
Contro tale ordinanza, proponeva ricorso per Cassazione l’ingiunto, affidando le proprie difese ad un unico motivo di ricorso relativo alla contrarietà ed alla violazione degli artt. 7 e 447 del codice di procedura civile, per essere stato emesso il decreto ingiuntivo opposto dal Giudice di pace, mentre la competenza avrebbe dovuto essere determinata sulla base della materia, per cui sarebbe stato competente esclusivamente il Tribunale, trattandosi di controversia afferente al rapporto di locazione.
Nella contumacia dell’intimata, la causa veniva trattenuta in decisione.
Le valutazioni della Suprema Corte
La Cassazione, riprendendo i principi di carattere assolutamente generale già espressi nel precedente costituito dall’ordinanza n. 18201 depositata in data 11 luglio 2018, ha confermato la legittimità della decisione, affermativa di competenza, resa dal Giudice di Pace pugliese sulla base di una considerazione di fondo estremamente lineare: quando il diritto fatto valere in giudizio riguardi una somma di denaro e, dunque, il “petitum” consista nel conseguimento di un bene della vita rappresentato da una cosa mobile, sebbene tale pretesa abbia la propria fonte in un rapporto giuridico o di fatto concernente un immobile, agli effetti dell’articolo 7, comma 1, del codice di procedura civile, la relativa domanda è riconducibile alla competenza generale mobiliare del giudice di pace (ove sussistente secondo le ordinarie regole procedurali), naturalmente a condizione che la questione del rapporto presupposto non venga in rilievo, neppure in via incidentale.
Se è vero, infatti, che il cosiddetto “onere condominiale” è correttamente riconducibile nell’ambito delle obbligazioni propter rem (vale a dire, quelle che presuppongono un’oggettiva connessione tra la titolarità del diritto e l’obbligazione contributiva, con trasferimento ipso facto ai terzi acquirenti dell’unità immobiliare onerata), sembra del tutto priva di fondamento normativo, nella specie, l’esclusione della competenza (per valore) del magistrato onorario solo perché diretta all’attuazione di un obbligo pecuniario che sia sinallagmaticamente collegato all’immobile, non rinvenendosi differenze né morfologiche né funzionali tra la misura e le modalità d’uso dei servizi condominiali e i relativi contributi, rispetto ai quali, invece, sulla base del disposto letterale codicistico, sussiste indiscutibilmente la competenza del Giudice di pace.
Concludere diversamente, ad avviso della Corte di Cassazione, e collocare la controversia nell’ambito di quelle immobiliari, o comunque riconducibili alla materia locatizia, e, come tali, sottratte alla cognizione funzionale del Giudice di Pace, equivarrebbe ad una forzatura arbitraria e non consentita, che porterebbe illogicamente a dare priorità ed evidenza al rapporto giuridico sotteso alla pretesa monitoria, ossia il collegamento logico e funzionale con l’immobile, che, in questo caso, è solo fonte occasionale (e non immediatamente rilevante) della pretesa fatta valere in giudizio.
Ricorso rigettato, dunque, affermazione della competenza per valore del Giudice di Pace e condanna del ricorrente al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Corte di Cassazione_Ordinanza_numero_26261_del_11 settembre 2023
A cura dell’Avvocato Roberto Rizzo, membro del Centro Studi dell’Associazione GESTIRE