Aumentare il patrimonio disponibile ed agevolare le amministrazioni locali a dare risposta al fabbisogno esistente, privilegiando interventi di riqualificazione del patrimonio esistente ed attualizzando, rispetto alle mutate esigenze, gli interventi di edilizia pubblica residenziale e di social housing, anche nell’ambito di rapporti pubblico/privato. Tutto questo attraverso un riordino normativo che consenta di semplificare le procedure in tema di edilizia pubblica.
E’ l’obiettivo del Tavolo sul riordino e la semplificazione delle procedure relative alla disciplina edilizia/urbanistica al quale è stato chiamato a far parte il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (Cnappc) nell’ambito della definizione del Nuovo Piano Casa lanciato dal Mit per far fronte al crescente disagio abitativo presente nel Paese e per procedere ad una revisione e ad un riordino del settore.
Per Anna Buzzacchi, Responsabile del Dipartimento Patrimonio culturale, Ambiente e Sostenibilità e delegata dal Cnappc a seguire il tema del Nuovo Piano Casa, è fondamentale, per una nuova politica per la casa, focalizzare l’attenzione sulla necessità di un intervento sul patrimonio edilizio esistente. Tutto ciò diventa strategico per il rafforzamento dell’edilizia sociale di proprietà pubblica, vista anche come strumento di controllo del mercato immobiliare, in una visione di lungo periodo in grado di garantire adeguati modelli abitativi. Nuovo Piano Casa, nuova normativa per la rigenerazione urbana e nuovo Testo unico per le costruzioni sono, di conseguenza elementi imprescindibili”.
“La semplificazione delle procedure per l’intervento sul patrimonio esistente – sottolinea ancora Buzzacchi – non può prescindere dalla messa a punto di strumenti di conoscenza e di analisi del costruito nella sua complessità, riferita non solo agli aspetti edilizi ma anche a quelli ambientali e di contesto. Il patrimonio edilizio esistente e di nuova costruzione, disponibile per il Nuovo Piano Casa, deve essere adeguato ed attualizzato a principi di economia circolare, di bassa impronta carbonica e di capacità relazionale con il contesto, come richiamato dai programmi Europei. L’istituzione di una Banca del Riuso, organizzata a livello locale, potrebbe avere una grande rilevanza per la conoscenza del patrimonio esistente, degli edifici e delle aree disponibili, per definire il valore del patrimonio in funzione della capacità trasformativa, in rapporto alla complessità di aspetti edilizi ed ambientali”.
“Questo approccio – conclude – può influire positivamente sul mercato immobiliare e facilitare il rapporto pubblico/privato con il mondo imprenditoriale e con quello del Terzo settore, coniugando gli aspetti economici, ambientali e sociali ed allineando gli incentivi, materiali ed immateriali, che muovono le parti interessate e quelli che muovono la società”.
Comunicato stampa