[A cura di: Assoedilizia]
Se “semplificazione burocratica” significa portare la richiesta di una Dia -denuncia di inizio attività in edilizia da 11 a 31 pagine; se i “bonus volumetrici” corrono il rischio di diventare monopolio di pochi imprenditori – anziché confluire in una Borsa dei diritti volumetrici aperta al mercato – appare evidente che il Piano di Governo del Territorio e il Regolamento Edilizio del Comune Milano vanno modificati. Se ne è parlato, con dovizia di casi, al seminario di Assoedilizia e di Architetti per Milano. Riflessioni e critiche costruttive su due normative che indirizzeranno lo sviluppo urbanistico e quindi sociale ed economico di Milano nella scelta chiave della Città Metropolitana capace di assicurare la competitività a livello europeo – come avviene per Londra, Parigi, Berlino – di un’area di oltre 3 milioni di abitanti e con una produzione pari al 15% del Pil nazionale.
GLI INTERVENTI
Ha aperto i lavori il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici: “Ho seguito molti dibattiti sulla Città Metropolitana, ma ben poco è stato detto sulla sua trasformazione in ente amministrativo, né sui suoi contenuti. Dubbi sorgono sulla possibilità di armonizzare le differenti normative, a cominciare da quelle fiscali, di 133 amministrazioni locali. L’area metropolitana non è dunque solo il livello per la migliore organizzazione dei servizi (per i trasporti, la sicurezza della vita nella città, la sanità, l’accoglienza e la solidarietà, lo smatimento dei rifiuti, la lotta all’inquinamento ambientale, atmosferico, acustico, da congestionamento urbano), ma è la scala – l’ambito unitario ed autonomo – sulla quale realizzare la pianificazione urbanistica, l’esercizio della potestà tributaria, la gestione dell’apparato e del sistema culturale, la programmazione economica. Queste sono le condizioni per le quali Milano potrà svolgere il suo ruolo di motore di progresso e di crescita dell’intero Paese. Comunque, nello specifico dell’attività edilizia, il denominatore comune che dovrebbe ispirare tale armonizzazione non deve essere un principio dirigistico – come quello, per citare, dell’art. 12 del Regolamento Edilizio sulla destinazione degli edifici in disuso – quanto la creazione di precondizioni istituzionali e giuridiche, socio-culturali ed economiche entro le quali i privati possano liberamente operare, innescando un processo virtuoso di recupero edilizio ed urbano”.
Il presidente di Architetti per Milano Alberico Barbiano di Belgiojoso, dopo aver sottolineato alcune criticità della città che vanno dalla burocrazia insostenibile all’Edilizia residenziale pubblica, dalla sovrapproduzione di edifici per uffici al cambiamento di destinazione d’uso, ha commentato: “È necessario stabilire cosa di Milano va conservato e quanto innovato. È necessario che possa mantenere e sviluppare le caratteristiche di città d’arte e di città turistica. È necessario che le periferie diventino cerniera tra il centro di Milano e la grande area della Città Metropolitana. In sintesi, un grande lavoro di gestione urbana”.
Sono seguiti gli interventi di Gianni Zenoni, vicepresidente di ArchxMi e dei consiglieri Gerardo Ghioni, Susanna Rosellini, Laura Pertusi, e dei consiglieri di Assoedilizia Luca Stendardi e Bruna Vanoli Gabardi, particolarmente critica nei confronti del Regolamento Edilizio.
LE PROPOSTE
Tutto da rifare quindi? Non proprio. Alcune lance sono state spezzate a favore di quanto l’amministrazione ha fatto finora, a cominciare da Milly Moratti, la quale ha ricordato quali erano le carenze prima dei due provvedimenti. Tra i molti interventi da citare quelli del presidente di Aspesi Milano, architetto Antonio Anzani, dell’ingegner Parola, degli avvocati Marco Di Tolle ed Antonio Belvedere, del professor Andrea Villani, del giornalista Luigi Amicone, del dottor Franco de Angelis.
L’architetto Pierluigi Roccatagliata, già direttore del PIM, ha conclusivamente osservato che “la revisione del PGT deve costituire una priorità per la prossima amministrazione comunale non foss’altro che per porre rimedio al mancato confronto con la dimensione metropolitana degli effetti del piano, per gli aspetti irrisolti dei meccanismi perequativi che vi sono indicati e per la mancanza di veri momenti di confronto su obiettivi e strumentazione del piano con associazioni e categorie di cittadini”.
Il dibattito apertosi con questo seminario prelude alla formazione di una constituency di studiosi, operatori, associazioni che, movendo dall’esperienza milanese, sia in grado di supportare le scelte, non solo della nuova amministrazione della città, ma anche del legislatore nazionale in questa importante fase di riforma del sistema istituzionale urbanistico/edilizio.