[A cura di: Soogea] Il numero delle case all’asta in Italia è aumentato del 21,5% in sei mesi: le abitazioni attualmente in vendita forzata sono infatti 21.737 a fronte delle 17.899 rilevate nel gennaio scorso. Si tratta del secondo incremento consecutivo dopo un biennio di costante calo: una tendenza preoccupante che conferma quanto si era potuto osservare all’inizio dell’anno e che riporta il valore assoluto degli immobili residenziali finiti sul mercato praticamente ai livelli dell’estate 2017.
Lo riferisce il Rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro Studi Sogeea, presentato in Senato.
Il dato è caratterizzato da marcate differenze a livello di aree: la situazione è nettamente peggiorata al Centro, con il numero di case all’asta passato da 3.441 a 5.482 (un incremento del 59,4%), e al Sud, dove le procedure aperte sono attualmente 4.527 contro le 3.399 di sei mesi fa (+33,2%). Più contenuta l’impennata nelle isole maggiori (+15%), in cui si contano 2.537 abitazioni in vendita rispetto alle 2.207 di gennaio. Sostanzialmente stabile il Nord del Paese: le abitazioni all’asta sono 9.191, il dato più alto in termini assoluti ma di fatto in linea con quello registrato all’inizio dell’anno (erano 8.852).
Poco meno di un quinto del totale delle case in vendita si trova in Lombardia (4.028), la regione che ne conta di più con ampio margine rispetto a Lazio (2.463), Sicilia (2.026), Toscana (1.872) e Veneto (1.728). Si attestano al di sopra del muro delle mille unità anche il Piemonte (1.378), la Campania (1.277), la Puglia (1.248), le Marche (1.110), l’Emilia-Romagna (1.046) e l’Abruzzo (1.021). Le realtà meno colpite dal fenomeno si confermano Friuli-Venezia Giulia (85 gli immobili finiti all’asta), Valle d’Aosta (56) e Umbria (37).
A livello di province, invece, spiccano le 1.053 abitazioni in vendita di Catania, valore superato solo da quello di Roma (1.468). A seguire Bergamo (880), Pavia (654), Ancona (627), Brescia (620), Torino (535), Pistoia (530) e Taranto (492).
Un dato che si conferma stabile è quello relativo alle fasce di prezzo degli immobili finiti sul mercato. La maggioranza delle abitazioni all’asta ha un prezzo iniziale di vendita assai contenuto: il 66,3% di esse non supera i 100.000 euro, quota che sale addirittura fino all’88,6% se si prendono in esame anche quelle comprese nell’intervallo tra 100.000 e 200.000 euro. Considerato che si tratta nella stragrande maggioranza di abitazioni appartenenti a cittadini che non sono riusciti a fare fronte a un impegno finanziario, di solito il mutuo per l’acquisto della prima casa, si conferma come gli anni della crisi abbiano colpito con particolare severità le fasce di reddito medio-basse, costrette in molti casi a sacrificare il bene-rifugio per eccellenza.
«Questo secondo incremento consecutivo del dato sulle case all’asta è preoccupante e deve far riflettere – spiega l’ing. Sandro Simoncini, direttore del Centro Studi Sogeea –. È vero che siamo ancora lontani in termini di valore assoluto dal picco di oltre 30.000 abitazioni in vendita forzata del gennaio 2017, ma due semestri di aumento costituiscono una tendenza da non sottovalutare. Le aste scaturiscono da situazioni di precarietà venutesi a creare in precedenza, quindi i numeri non vanno messi in diretta relazione con le attuali dinamiche macroeconomiche, ma è un dato di fatto che la quota di persone che si trovano in difficoltà e che stanno vivendo il dramma di vedere la propria abitazione finire in mani altrui è bruscamente risalito».
«Tante abitazioni sul mercato a fronte di un allargamento della platea di potenziali compratori e di una velocizzazione delle procedure di vendita, in particolare grazie a un sempre maggiore ricorso alla digitalizzazione – aggiunge Simoncini – suggeriscono che il ricambio di immobili a disposizione è continuo e che, di conseguenza, ci sono ampie fette del Paese ormai fiaccate da una crisi ultradecennale. Situazione, come si evince dal dato geografico, che si manifesta con particolare severità in molti dei territori storicamente più fragili sotto il profilo socio-economico.
Di contro, molti indicatori suggeriscono che l’onda lunga delle sofferenze bancarie abbia esaurito i suoi effetti più disastrosi e stia pian piano rientrando in una dimensione più governabile. Così come non è da sottostimare il fatto che gli istituti di credito siano più disponibili rispetto al passato a sedersi intorno a un tavolo per ridiscutere gli accordi con coloro che attraversano una fase finanziaria delicata. Ciò è dovuto soprattutto a considerazioni di opportunità, visto che in media il valore delle abitazioni è nettamente calato rispetto all’anno di concessione del mutuo e, di conseguenza, un’asta non consentirebbe comunque al creditore di rientrare dei capitali erogati.
Discorso ovviamente differente per chi è interessato ad acquistare – conclude Simoncini –, visto che il mercato offre buone opportunità d’investimento, magari per una giovane coppia con disponibilità finanziarie limitate. Molti istituti bancari mettono a disposizione strumenti ad hoc per procedere all’acquisto e i meccanismi di vendita all’asta sono trasparenti e tutto sommato semplici: chi ha disponibilità di denaro può realizzare dei veri e propri affari e c’è sempre la possibilità di farsi seguire da un tecnico o da un professionista del settore per avere la sicurezza di non commettere passi falsi».