Quando si stipula un contratto di affitto, solitamente il proprietario dell’immobile chiede all’aspirante inquilino copia delle ultime buste paga e della dichiarazione dei redditi.
Si tratta di una prassi ormai consolidata, che viene utilizzata per capire se l’inquilino è solvibile e se riuscirà a far fronte al pagamento del canone di locazione mensile.
La legge non prevede alcun obbligo in questo senso. L’inquilino non è tenuto né a mostrare busta paga, e neppure il contratto di lavoro o la dichiarazione dei redditi. Pertanto può anche rifiutarsi di fornire questi documenti. Non esiste però neppure alcuna legge che punisca il proprietario che richieda queste garanzie per concedere l’immobile in affitto.
Il contratto d’affitto di un immobile consiste in un accordo tra le parti. Non fornire la documentazione richiesta può pregiudicare l’esito del contratto stesso, in quanto il proprietario potrebbe scegliere un altro inquilino, disposto a fornire la documentazione reddituale.
Nella maggior parte dei casi, quindi, anche se fornire le buste paga o i propri dati reddituali non è obbligatorio, lo diventa se si vuole trovare in fretta un immobile in affitto.
Soprattutto di questi tempi, è ovvio che il proprietario pensi a tutelarsi, in qualche modo, da eventuali inadempienze da parte dell’inquilino.
Ma oltre alla documentazione reddituale, esistono anche altre strade che possono garantire la tutela sia del conduttore, sia del locatore.
La figura del garante
Una delle più comuni garanzie, che possono fornire anche coloro che una busta paga non ce l’hanno, è quella personale resa da terzi.
Il futuro inquilino, infatti, può portare un garante che sottoscriva, insieme a lui, il contratto di locazione dichiarando di provvedere personalmente agli eventuali inadempimenti nel pagamento dei canoni di locazione.
Un figlio, ad esempio, potrebbe portare il genitore come garante nella firma del contratto. Il proprietario, in questo modo, avrebbe due persone cui rivolgersi in caso di mancato pagamento dei canoni: l’inquilino e il garante.
Il deposito cauzionale
Il deposito cauzionale è previsto quasi sempre nei contratti di affitto. Si tratta della somma di denaro richiesta alla firma del contratto a garanzia degli obblighi assunti. Serve a garantire e tutelare il proprietario più dai danni arrecati all’immobile che dal mancato pagamento dei canoni di locazione. La somma, poi, viene restituita nel momento in cui il rapporto tra le parti si conclude.
Fideiussione bancaria o assicurativa
Per chi non volesse fornire le proprie buste paga, un’alternativa potrebbe essere la fideiussione bancaria. In questo caso, infatti, la garanzia dei pagamenti dei canoni di locazione è data dalla banca.
L’inquilino dovrebbe stipulare con la banca – o con l’assicurazione – un contratto di fideiussione che copra il canone di affitto in caso di inadempimento. L’iter burocratico della fideiussione è però abbastanza complicato. Inoltre, si tratta di una forma di garanzia che di solito non è gradita agli inquilini, in quanto ha un costo che sono proprio loro a dover sostenere. La fideiussione bancaria prevede infatti un costo fisso, al quale aggiungere un premio annuale pari al 2 o al 3 per cento del canone di locazione annuo, da versare ogni anno per tutta la durata del contratto di affitto.
La fideiussione assicurativa, invece, solitamente ha il costo di una mensilità del canone di locazione, ma ha validità per l’intera durata del contratto e il premio va pagato una sola volta.
Pegno a garanzia
Come garanzia, può essere scelto anche il “pegno”. Il pegno prevede che l’inquilino versi una somma di denaro, concordata con il proprietario, su un conto vincolato a garanzia dei canoni di locazione non versati.
Il conto corrente vincolato, peraltro, rappresenta una tutela anche per l’inquilino, in quanto il proprietario può usufruire delle somme versate solo nel caso in cui l’inquilino sia moroso.