Non accenna a placarsi la polemica innescata nei giorni scorsi, a seguito dell’approvazione del documento programmatico di bilancio 2020. Una polemica trasversale che, seppure con intensità diverse, accomuna tanto le principali sigle della proprietà edilizia, quanto le rappresentanze nazionali degli inquilini. Minimo comune denominatore è la modifica della disciplina della cedolare secca per gli affitti a canone concordato.
[A cura di: presidente della commissione Fiscale U.P.P.I. dr. Jean-Claude Mochet e del presidente nazionale U.P.P.I. avv. Gabriele Bruyère]
L’U.P.P.I. manifesta forte indignazione in merito al fatto che nella manovra finanziaria per il 2020 il Governo abbia previsto l’aumento dal 10% al 12,5 % della cedolare secca per i contratti concordati.
L’aliquota del 10% – sottolineano – ha favorito l’accesso all’abitazione in affitto a canoni calmierati e azzerato l’evasione fiscale nel settore. L’aumento della cedolare secca provocherà una richiesta generalizzata di ricalcolo al rialzo dei canoni da parte dei proprietari che hanno rinunciato ai canoni liberi, a fronte di una tassazione ridotta e scoraggerà l’utilizzo di questa tipologia di affitto riservata ad inquilini meno abbienti. Tale decisione va proprio conto le Raccomandazioni all’Italia, provenienti dall’Unione Europea, che prevedono l’impegno nella lotta all’evasione. Come rilevato dal “rapporto sui risultati conseguiti in materia di contrasto all’evasione fiscale e contributiva”, allegato alla nota di aggiornamento al DEF, l’applicazione della cedolare secca ha permesso, dal 2012 al 2017, di ridurre del 50,45 % l’evasione tributaria negli affitti. A riprova del fatto che l’evasione si combatte semplificando e rendendo certa ed equa la tassazione e gli adempimenti burocratici.
Da anni l’U.P.P.I. chiede di estendere la cedolare secca al 10% a tutti i comuni italiani per portare ovunque i benefici oggi riservati ai soli comuni ad alta tensione. Gli italiani hanno già dovuto subire le politiche di austerità adottate dal governo Monti, responsabile di aver aumentato la tassazione sulla casa da 9 a 25 miliardi di euro, con l’introduzione dell’IMU, senza peraltro aver ridotto il debito pubblico e causando un crollo del PIL che, nel 2012, è sceso del 2,8%.
Ricordiamo che il settore immobiliare è in forte crisi, soprattutto a causa della tassazione che ha ormai raggiunto livelli insostenibili e che ha trasformato la proprietà immobiliare, da piccolo salvadanaio degli italiani, a fardello economico sempre più difficile da sopportare.
Per l’U.P.P.I. solo un alleggerimento della tassazione sulla proprietà immobiliare consentirà al settore di riacquistare spinta e di giovare all’economia del Paese intero permettendo al PIL di riprendere a crescere.
[Dichiarazione di Daniele Barbieri – segretario generale SUNIA]
Portare la cedolare secca per i contratti concordati dall’attuale 10% al 12,5% sarebbe una scelta profondamente sbagliata perché andrebbe ad incidere sul comparto dell’affitto privato che oggi garantisce un contenimento del livello dei canoni e regole contrattuali corrette. Una misura di questo genere ridurrebbe la convenienza ad utilizzare i contratti concordati, spingendo la proprietà verso i contratti liberi, con canoni più alti e troppo spesso con regole contrattuali capestro, o verso l’affitto turistico, una vera e propria piaga per le nostre città che, oltre ai risvolti negativi sul piano della vivibilità urbana, produce la rarefazione dell’offerta di affitto per i residenti.
Promuovere l’affitto sostenibile per rispondere ad una fascia di domanda che non può accedere all’acquisto e non si aspetta una risposta dall’edilizia pubblica dovrebbe essere uno degli elementi di un programma pluriennale di “Rinascita urbana”, come l’ha definita la Ministra De Micheli. Le città inclusive si costruiscono a partire da un mercato dell’affitto sostenibile, fatto di edilizia pubblica e di offerta privata orientata, attraverso incentivi fiscali, alla sostenibilità dei canoni.
Facciamo oggettivamente fatica a comprendere la ratio di una misura di questo tipo che andrebbe esattamente nella direzione opposta. Sarebbe molto più coerente proporre un disincentivo all’utilizzo dei contratti liberi e soprattutto di quelli turistici invece che spingere la proprietà verso queste soluzioni riducendo il vantaggio fiscale dei concordati. E perché tra gli strumenti da introdurre per contrastare giustamente l’evasione fiscale non abbiamo letto la tracciabilità del pagamento dell’affitto e la sua detrazione dal reddito dell’inquilino? Evasione ed elusione in questo mercato valgono circa un miliardo di euro. Dieci volte in più di quanto si ricaverebbe dall’aumento della cedolare secca sui contratti concordati. Introdurre questo obbligo sarebbe un passo importante per recuperarne almeno una parte.