Il Parlamento europeo, con 343 voti a favore, 216 contrari e 78 astenuti, ha approvato in prima lettura la riforma della Direttiva sulle performance energetiche degli edifici, meglio nota come Direttiva “case green”, che prevede obiettivi di ristrutturazione degli immobili negli Stati membri. Il Governo italiano, però, non ci sta e annuncia battaglia. “La direttiva è insoddisfacente per l’Italia. Anche nel “trilogo”, come fatto fino a oggi, continueremo a batterci a difesa dell’interesse nazionale”, assicura il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, in vista dei negoziati con il Consiglio e la Commissione europea che si aprirà per arrivare alla versione definitiva della nuova direttiva.
Il testo approvato prevede che tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è fissata al 2026. Tutti i nuovi edifici dovranno inoltre dotarsi di tecnologie solari entro il 2028, mentre per gli edifici residenziali sottoposti a ristrutturazioni importanti la data limite è il 2032. E ancora, gli edifici residenziali dovranno raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030, la classe D entro il 2033. Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento di queste classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).
La classificazione energetica alla quale l’Europa guarda non è quella attuale. Per prendere in considerazione le differenti situazioni di partenza in cui si trovano i parchi immobiliari nazionali, nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro.
I deputati chiedono piani nazionali di ristrutturazione che prevedano regimi di sostegno per facilitare l’accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti. Gli Stati membri dovranno allestire punti di informazione e programmi di ristrutturazione neutri dal punto di vista dei costi. I regimi finanziari dovranno prevedere un premio cospicuo per le cosiddette ristrutturazioni profonde, in particolare nel caso degli edifici con le prestazioni peggiori, e sovvenzioni e sussidi mirati destinati alle famiglie vulnerabili.
La nuova normativa non si applica ai monumenti, e i Paesi Ue avranno la facoltà di escludere anche edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.
Agli Stati membri sarà consentito, per una percentuale limitata di edifici, di adeguare i nuovi obiettivi in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata.
Nel bocciare il testo approvato dal Parlamento europeo, il ministro Pichetto Fratin spiega che non sono in discussione “gli obiettivi ambientali di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio, che restano fondamentali. Manca però in questo testo – osserva il ministro – una seria presa in considerazione del contesto italiano, diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come ‘bene rifugio’ delle famiglie italiane”.
“Individuare una quota di patrimonio edilizio esentabile per motivi di fattibilità economica – prosegue Pichetto – è stato un passo doveroso e necessario, ma gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese”. “Nessuno chiede trattamenti di favore, ma solo la presa di coscienza della realtà: con l’attuale testo si potrebbe prefigurare la sostanziale inapplicabilità della direttiva, facendo venire meno l’obiettivo ‘green’ e creando anche distorsioni sul mercato”, precisa il ministro. E conclude: “Forti anche della mozione approvata dal nostro Parlamento, agiremo per un risultato negoziale che riconosca le ragioni italiane”.