[A cura di: Daniele Barbieri – segretario generale Sunia] Da lungo tempo ormai non c’è alcuna volontà politica di affrontare seriamente il problema del disagio abitativo con un piano organico e pluriennale di interventi che abbia l’obiettivo di aumentare l’offerta di alloggi sociali ed in particolare di case popolari.
Se si escludono le risorse destinate al recupero, molto parziale, di qualche migliaio di alloggi pubblici inutilizzati, che peraltro scontano un ritardo imbarazzante nel loro utilizzo, non assistiamo da tempo ad un dibattito serio sugli strumenti necessari per riqualificare il patrimonio pubblico ed estenderlo; per riportare la legalità ed il rispetto delle regole in molti quartieri di tante città; per dare un indirizzo univoco alle Regioni sulla gestione.
E così, mentre cresce la domanda, diminuisce il numero di case popolari, avanza il processo di degrado del patrimonio e si lasciano soli tanti assegnatari ed i loro comitati che sono gli unici a tentare di arginare e contrastare questo lento abbandono: lo Stato in tutte le sue articolazioni non affronta i problemi reali e parla d’altro.
È il caso della Sicilia, dove, oltre alla carenza di case popolari non si è mai affrontato il problema della trasparenza delle assegnazioni e dell’efficienza dei controlli sulle occupazioni abusive, e si sceglie per l’ennesima volta la strada della sanatoria, dando un sonoro schiaffo a tutti quei cittadini che hanno regolarmente fatto la domanda e sono in attesa da anni.
Non sappiamo se i legislatori siciliani si rendano conto che in questo modo certificano il fallimento di qualsiasi ipotesi di controllo pubblico su un bene comune qual è l’edilizia pubblica consegnandola, in alcuni quartieri, alla criminalità organizzata. E la dimostrazione dell’incapacità di rispondere ai bisogni dei cittadini con un progetto politico contro la legge del Far West e dell’illegalità diffusa. Lo sappiamo che tra gli occupanti abusivi ci sono tantissimi casi di forte disagio, ma altrettanto disagio c’è nelle migliaia e migliaia di famiglie presenti nelle graduatorie, ed allora serve ripristinare la certezza del diritto per tutti e non premiare l’illegalità. Serve aumentare l’offerta di case popolari e non alimentare la guerra tra poveri.
È quello che serve anche in altre Regioni ed a Firenze dove il sindaco, invece di lavorare per questo obiettivo, si inventa che il problema della carenza di case popolari è causata dalla presenza di troppi stranieri in questi quartieri. E così, anche in questo caso, non avendo idea di come affrontare il disagio abitativo, si addebita la colpa all’anello più debole della catena. È come se, non potendo o non volendo affrontare il dramma della povertà, diminuissimo per decreto il numero dei poveri.
È ora di smetterla con interventi spot e propaganda inconsistente per tornare a ragionare sulle soluzioni dei problemi reali e strutturali: come aumentare l’offerta di alloggi a canoni sociali e sostenibili; come riqualificare ed integrare i quartieri popolari; con quali strumenti promuovere l’inclusione sociale nei quartieri difficili; come riportare la legalità e la trasparenza nelle assegnazioni, Sono queste le domande a cui bisogna rispondere ed è su queste che si deve aprire un confronto. Non farlo significa aggravare una situazione già drammatica.