CATASTO, IMPOSTE, SGRAVI, EFFICIENZA: CONFEDILIZIA ESAMINA LE CREPE DEL MATTONE
[A cura di: Confedilizia – audizione sul DEF 2016 in Commissioni congiunte V Camera e V Senato]
Il Documento di Economia e Finanza 2016 individua in una politica di “responsabilità fiscale” che, attraverso la riduzione del carico delle imposte, permetta di sostenere la spesa di imprese e famiglie nonché di rafforzare la crescita, l’azione principale con cui affiancare la strategia di riforme strutturali del Governo. Nel condividere questa impostazione, Confedilizia ritiene utile soffermarsi su alcuni punti specifici del documento – con particolare riferimento al Programma nazionale di riforma (PNR) e al Programma di stabilità dell’Italia (PSI) – per svolgere considerazioni critiche e suggerire possibili soluzioni.
POLITICA DI BILANCIO
Deve accogliersi favorevolmente l’intendimento del Governo di sterilizzare, con la prossima legge di Stabilità, le clausole di salvaguardia in essere. Si tratta, infatti, di una prassi particolarmente negativa per gli effetti di incertezza che determina nei contribuenti e negli operatori economici. Tuttavia, andrà verificato con attenzione l’insieme di interventi sostitutivi che il Governo intende attivare, sui quali si tornerà nei punti successivi.
REVISIONE DELLA SPESA
La strategia di politica fiscale del Governo – si legge nel PNR – si basa sulla riduzione e sulla razionalizzazione della spesa pubblica corrente onde liberare risorse per gli investimenti pubblici e la riduzione delle aliquote d’imposta su lavoro, imprese e famiglia. Si tratta di una impostazione certamente condivisibile, ma sulla quale Confedilizia ritiene si debba operare con maggior convinzione. Sia il lavoro svolto dai Commissari straordinari nominati dal Governo sia le metodologie successivamente adottate hanno dimostrato come ampi siano i margini di recupero su gran parte delle aree di intervento: rafforzamento delle centrali di acquisto, riduzione dei trasferimenti e dei contributi a imprese pubbliche e private ecc.
Particolare attenzione deve essere posta al contributo che alla revisione della spesa devono fornire gli enti locali. Al proposito, il Governo sembra voler puntare, da un lato, sulla stabilizzazione della riforma contabile degli enti territoriali e, dall’altro, sul sistema dei costi standard e dei fabbisogni standard, quali parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di Comuni, Città metropolitane e Province al fine del superamento del criterio della spesa storica. In entrambi i casi, è necessario agire con maggior forza – anche attraverso una rigorosa applicazione dei già programmati interventi sulle società partecipate pubbliche – allo scopo di determinare riduzioni significative della spesa specie da parte dei Comuni di maggiori dimensioni.
TASSE SUGLI IMMOBILI
Con la legge di stabilità per il 2016, Parlamento e Governo hanno varato una serie di misure per il settore immobiliare che Confedilizia considera positivamente sia per il contenuto specifico delle stesse sia per il significato di inversione di tendenza nelle politiche fiscali che esse hanno rappresentato. Tuttavia, tali segnali di attenzione al settore perderebbero gran parte degli effetti benèfici che si proponevano se l’azione di riduzione del carico tributario non trovasse conferma nella prossima legge di stabilità.
Nel PNR si legge che gli effetti dell’abolizione della Tasi sulle abitazioni principali “confermano l’impatto positivo sui consumi dal 2016”. Tenuto conto della crescita stimata dei consumi dello 0,25% negli anni 2017-2018 – si legge ancora – “si avrebbe un effetto costante sul PIL dello 0,1% (rispetto allo scenario di base) negli anni 2016- 2019”.
La prima casa
Nei Paesi europei con dati di crescita ben superiori a quelli dell’Italia, la ripresa è trainata in massima parte dai consumi privati. E lo stesso nostro Paese ha nei consumi delle famiglie l’acceleratore più significativo del PIL. Confedilizia ritiene, pertanto, essenziale rafforzare gli interventi di riduzione fiscale, anche al fine di non ostacolare – come lo stesso Governo auspica – la trasmissione all’economia reale delle misure eccezionalmente espansive di politica monetaria adottate dalla Banca Centrale Europea. Per restare all’immobiliare, c’è ancora molto da fare per ripristinare un livello di tassazione sopportabile dopo gli aumenti determinatisi attraverso la manovra Monti di fine 2011, che ha portato la sola imposizione di tipo patrimoniale – al netto delle misure contenute nell’ultima legge di Stabilità – da 9 a 25 miliardi di euro ogni anno. Gli ultimi rilevamenti relativi al numero di compravendite di unità immobiliari fanno registrare segnali di risalita dopo anni di crisi. Tuttavia, il confronto con l’ultimo anno che ha preceduto l’introduzione dell’Imu, il 2011, è ancora sconfortante, posto che il livello delle transazioni del 2015 è inferiore di quasi il 30%.
Si tratta, quindi, solo di una tendenza, che risente di vari fattori, quali il periodo di particolare vantaggiosità dei tassi sui mutui e il richiamato inizio di un cambio di direzione delle politiche fiscali sulla casa, realizzatosi in primo luogo attraverso l’eliminazione della Tasi sull’abitazione principale. In sostanza, se i principali elementi che condizionano un atto importante come l’acquisto di un immobile (condizioni del credito e fiscalità immobiliare in primis) fanno registrare qualche segno di miglioramento, gli italiani tornano a muoversi nel solco di quella che è ormai una tradizione consolidata e mirano ad acquisire la proprietà della casa di abitazione.
La seconda casa
Dove, però, le compravendite non accennano a riprendersi è nel comparto delle cosiddette “seconde case” e in quello delle case da investimento, da destinare alla locazione. E qui, non può essere negato, l’imposizione fiscale gioca un ruolo fondamentale. Le case di villeggiatura – così come quelle locate – hanno sofferto e stanno tuttora soffrendo in modo particolare le conseguenze degli aumenti di tassazione locale disposti con la manovra finanziaria del dicembre 2011. La somma di Imu e Tasi determina carichi di imposta per lo meno tripli rispetto alla vecchia Ici. E anche la tassa rifiuti continua a far registrare aumenti esponenziali delle tariffe stabilite dai Comuni. Analoghe considerazioni possono essere svolte per gli immobili locati, con la differenza che per una specifica categoria di questi ultimi – le abitazioni locate attraverso i contratti “concordati”, a canone calmierato – la legge di Stabilità ha dato un primo, interessante segnale di attenzione, attraverso la riduzione del 25% sia dell’Imu sia della Tasi.
IMPOSTE E SOLUZIONI
I segni “più” che contraddistinguono le ultime rilevazioni sulle compravendite di abitazioni, insomma, vanno salutati con soddisfazione, ma non devono ingannare. Per risollevare un mercato sfiancato – a differenza di ogni altro settore – non solo dalla crisi economica generale, ma anche da quella indotta, derivante da scelte fiscali errate, è necessario che il cambio di direzione iniziato dal Governo nella politica sull’immobiliare prosegua e si consolidi.
Un intervento prioritario: la riduzione della tassazione sugli immobili non abitativi locati. Un settore sul quale Confedilizia ritiene prioritario che si intervenga con misure di riduzione fiscale è proprio quello degli immobili non abitativi locati. La situazione di questo comparto è molto grave, e per giunta acuita dalla presenza di una legislazione vincolistica fuori dal tempo, che impedisce a proprietari e inquilini di concordare liberamente gli elementi essenziali del contratto e che quindi non consente l’incontro di domanda ed offerta, in particolare in caso di apertura di nuove attività da parte di giovani. Le imposte, statali e locali (ben 7), raggiungono un livello tale da erodere fino all’80% del canone di locazione, anche per via della irrisoria deduzione Irpef per le spese, pari al 5%. Percentuale di imposizione che arriva a sfiorare il 100% se alle tasse si aggiungono, appunto, le spese (di manutenzione, assicurative ecc.) alle quali il proprietario-locatore deve comunque far fronte e l’eventuale indennità di avviamento (senza considerare il rischio morosità).
Vi è già da tempo l’esigenza di procedere ad una significativa detassazione degli immobili locati ad uso non abitativo, in assenza della quale il commercio è destinato a morire e le strade delle nostre città sono condannate ad una desertificazione foriera di degrado e di criminalità. Si tratta di una richiesta recentemente fatta propria anche dalle più importanti organizzazioni dei commercianti, che hanno compreso che l’unico modo per creare disponibilità, a costi il più possibile contenuti, di locali per negozi e botteghe, è restituire un minimo di redditività all’investimento in immobili commerciali. Hanno, dunque, correttamente individuato nel Fisco – vero azionista di maggioranza dei contratti di locazione non abitativa – l’elemento disturbatore di una virtuosa dinamica economica di cui sono protagonisti i piccoli risparmiatori in veste di proprietari/locatori e i piccoli operatori economici in qualità di inquilini.
Una delle possibili strade da percorrere è quella dell’estensione anche al comparto non abitativo della cedolare secca sugli affitti, vale a dire l’imposta sostitutiva attualmente applicabile solo a una parte delle locazioni abitative. Nel 2015, la cedolare secca ha fatto registrare un aumento di gettito del 17,9 per cento rispetto al 2014 (2 miliardi e 12 milioni di euro contro un miliardo e 706 milioni). Il successo che sta riscuotendo questa imposta nel campo degli affitti abitativi conferma quanto sia stata giusta la scelta di introdurre un sistema di tassazione pro-porzionale e semplificato per i redditi derivanti da un bene già gravato da imposte di natura patrimoniale (attualmente, Imu e Tasi), con il quale tanti risparmiatori garantiscono la disponibilità di abitazioni in affitto in Italia. Tali dati dovrebbero far riflettere sulla necessità di estendere il più possibile questo regime virtuoso di imposizione, in particolare prevedendo l’applicabilità della cedolare anche agli affitti di negozi e uffici, eventualmente inquadrando tale misura in un sistema di contrattazione analogo a quello attualmente previsto per le locazioni abitative (legge n. 431 del 1998).
Altri interventi necessari. La normativa tributaria riguardante gli immobili necessiterebbe, naturalmente, di numerosi altri interventi, finalizzati sia a ridurre il peso fiscale sul settore sia a correggere distorsioni esistenti nell’ordinamento. Di seguito si indicano solo sommariamente alcune criticità bisognose di un intervento normativo.
* Stabilizzazione cedolare secca al 10%. Il 31 dicembre 2017 scadrà il periodo di applicazione della misura del 10% della cedolare secca sugli affitti, applicabile per i contratti di locazione a canone calmierato nei Comuni ad alta tensione abitativa nonché in quelli nei quali sia stato deliberato, negli ultimi 5 anni a far data dal 28.5.2014, lo stato di emergenza per eventi calamitosi. Considerata l’importanza – anche sociale – che riveste l’agevolazione in questione, si ritiene necessario stabilizzare l’aliquota del 10%, estendendo la sua applicabilità all’intero territorio nazionale.
* Tassazione canoni non riscossi. Si rende necessario – al minimo – uniformare la disciplina relativa alle locazioni non abitative a quella riguardante le locazioni abitative in materia di imposizione sui canoni non percepiti. Solo per le prime, infatti, il principio generale della tassazione dei redditi fondiari indipendentemente dalla loro percezione (art. 26 Tuir), è stato parzialmente derogato dalla norma (art. 8, legge n. 431/‘98) che dispone che i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore; e che, per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, sia riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.
* Deduzione redditi da locazione. Fino a qualche anno fa la deduzione Irpef per i redditi da locazione (a titolo di imposte e tasse, manutenzione ordinaria e straordinaria ecc.) era fissata al 25%. Successivamente è stata ridotta al 15%. Infine, la legge n. 92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro l’ha portata, a decorrere dal 2013, al 5%. Ciò che, in sostanza, ha condotto alla conseguenza della tassazione delle spese del proprietario-locatore. Si rende necessario ripristinare la misura del 15%, peraltro essa stessa insufficiente a coprire gli oneri a carico dei contribuenti interessati.
* Irpef sugli immobili non locati. È necessario eliminare la previsione normativa, di particolare iniquità, introdotta dalla legge di Stabilità per l’anno 2014 (art. 1, commi 717 e 718, legge n. 147/’13), che prevede che il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso Comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all’Imu, concorra alla formazione della base imponibile Irpef e delle relative addizionali in misura del 50%. Gli immobili in questione, infatti, sono generalmente quelli che i proprietari (nella stragrande maggioranza dei casi piccoli proprietari) intendono concedere in locazione, senza peraltro trovare – soprattutto in questo periodo di crisi – inquilini disponibili; ovvero che vorrebbero vendere, senza peraltro trovare acquirenti disponibili. E su tali immobili improduttivi di reddito i locatori sono costretti, oltre a pagare l’Imu e la Tasi (solitamente l’aliquota massima), a sostenere tutti gli altri oneri propri di un bene come questo: contributi condominiali, spese di manutenzione ecc. La norma sulla tassazione Irpef degli immobili non locati è peraltro in palese contraddizione con l’esenzione dell’Imu per gli immobili invenduti e non locati delle imprese disposta con il decreto-legge n. 102/2013, come convertito in legge. Infatti, mentre per questi ultimi è stata eliminata un’imposta sul presupposto di non tassare quello che è solo un costo per l’impresa, per gli immobili delle persone fisiche che si trovano in una situazione analoga rispetto a quelli delle imprese, non solo si è mantenuta la tassazione Imu, ma si sono aggiunte altre 4 imposte: la Tasi, l’Irpef, l’addizionale regionale Irpef e l’addizionale comunale Irpef. Alle quali deve aggiungersi la Tari.
* Estensione dell’esenzione IMU per gli immobili invenduti. È necessario estendere il campo di applicazione dell’esenzione IMU prevista per gli immobili delle imprese di costruzione che le imprese stesse non riescano né a vendere né a locare. L’esenzione – per ragioni di uniformità e, di conseguenza, di equità – dovrebbe essere prevista anche nei confronti delle società che effettuano attività di compravendita e locazione di immobili, per le quali pure si pone il problema del costo rappresentato dal pagamento di un’imposta su beni che i soggetti in questione non riescono né a vendere né a locare.
RIFORMA DEL CATASTO
Il fatto che il Governo precisi nel PNR che la riforma del catasto non possa essere ancora attuata per via della necessità di “valutare in modo accurato gli effetti di gettito e distributivi sui contribuenti”, costituisce una conferma delle motivazioni che avevano indotto Confedilizia a chiedere ed ottenere, nel giugno 2015, di non approvare il decreto legislativo che era stato predisposto e che non conteneva adeguate garanzie sul rispetto del criterio dell’invarianza di gettito.
In particolare, Confedilizia aveva insistito per l’applicazione a livello comunale (controllabile, quindi) e non nazionale (del tutto incontrollabile) di tale criterio, al quale la delega condizionava la revisione del catasto. Ed è evidente che un’applicazione seria di un principio così fondamentale impedisce di trasformare la revisione del catasto nell’occasione per aumentare un livello di tassazione sugli immobili già soverchiante. Deve condividersi, dunque, l’impostazione prudenziale con cui il DEF affronta una tematica così delicata.
SPESE FISCALI
L’operazione di riordino delle spese fiscali deve essere svolta con particolare cura. Come dimostra l’esperienza della Commissione Ceriani – alla quale parteciparono anche le associazioni di categoria, fra cui Confedilizia, che segnalò formalmente talune imprecisioni nella catalogazione delle c.d. tax expenditures – va scongiurato il rischio che vengano impropriamente catalogate quali agevolazioni misure dalla natura tutt’affatto diversa (come, ad esempio, nel caso della deduzione Irpef per i redditi da locazione, che ha lo scopo di tenere conto delle spese di produzione dei redditi in questione).
RIFORMA APPALTI
Il PNR – nella parte relativa alla riforma degli appalti, di recente varata in via definitiva dal Consiglio dei ministri – si sofferma, fra l’altro, sulla disciplina del Partenariato pubblico privato, teso a migliorare l’utilizzo congiunto di risorse pubbliche e private. In tale quadro, Confedilizia esprime apprezzamento per il rafforzamento e l’ampliamento, nel decreto legislativo appena approvato, di una serie di misure tese al coinvolgimento dei privati nella realizzazione di opere di interesse locale, con particolare riferimento alla norma – da sempre proposta dalla Confederazione e già presente in forma diversa nel decreto-legge c.d. Sblocca Italia (art. 24) – che prevede la possibilità, per cittadini singoli o associati, di svolgere determinate attività (quali pulizia e manutenzione di aree verdi, piazze e strade) in cambio di corrispondenti sgravi fiscali.
EFFICIENZA ENERGETICA
Con riferimento all’obbiettivo n. 5, Efficienza energetica, di cui alla Strategia Europa 2020 richiamata nel PNR, Confedilizia esprime forte preoccupazione per la situazione venutasi a creare in relazione alla scadenza del 31 dicembre 2016, data entro la quale dovranno essere assolti gli obblighi relativi alla contabilizzazione e termoregolazione del calore. Alle difficoltà determinate dalla scarsa conoscenza della normativa in questione – che prevede pesanti sanzioni in caso di inadempimento – si aggiunge, infatti, l’incertezza dovuta all’attesa dell’approvazione in via definitiva del provvedimento correttivo del decreto legislativo n. 102 del 2014. Si tratta di tematica che riguarda milioni di condomini italiani e sulla quale si rende necessario un intervento urgente da parte del Governo, che potrebbe consistere nel differimento di almeno un anno dell’applicabilità delle sanzioni (differimento che – deve precisarsi – non contrasterebbe con la normativa europea di riferimento).