La riforma del catasto è tornata d’attualità, e con essa le diatribe che l’hanno accompagnata fin dalla prima ora. Dopo la levata di scudi di Confedilizia questa volta ad intervenire sulla controversa questione è l’ingegner Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma: “Le polemiche che stanno accompagnando l’ipotesi di riforma del catasto fanno presagire che il provvedimento non andrà in porto nemmeno questa volta. Non tanto le raccomandazioni dell’Unione Europea, quanto buon senso e criteri di equità imporrebbero di procedere finalmente alla revisione di meccanismi del tutto anacronistici e fonte di evidenti sperequazioni. L’approssimarsi di importanti scadenze elettorali, però, comporta inevitabilmente un aumento della sensibilità sul terreno del consenso da parte delle forze politiche, che ovviamente non vogliono intestarsi nulla che possa rischiare di penalizzarle al momento del voto”.
Secondo il professor Simoncini, dunque, la riforma degli estimi è indispensabile, ma non è questo il momento per mettervi mano: “Per evidenti motivi, il provvedimento doveva essere varato all’inizio della legislatura, ma né il Governo Letta né l’Esecutivo guidato da Renzi hanno potuto o voluto andare fino in fondo, lasciando che la questione dell’invarianza di gettito disinnescasse la misura. Peccato, perché si era lavorato bene sul metodo di riclassificazione degli immobili, puntando sulla sostituzione del numero dei vani con i metri quadrati come criterio base, e inserendo una serie di parametri per meglio inquadrare le varie realtà abitative: ad esempio il contesto territoriale in cui si trova l’edificio, la disponibilità di servizi pubblici nelle vicinanze, la collocazione e l’esposizione della singola unità immobiliare”.
Ma c’è anche di più. Come evidenzia Simoncini, “approvando la riforma si potrebbero vincolare i Comuni ad utilizzare il surplus di entrate per il miglioramento di servizi essenziali come rifiuti, trasporti, opere di urbanizzazione. Dall’altra parte, per ammortizzare l’impatto finanziario sui proprietari, si potrebbe mettere a punto una progressività delle imposte derivanti strettamente legata al reddito. Bloccare tutto significa far perdurare una situazione paradossale, soprattutto nelle città di medie e grandi dimensioni, dove un modesto appartamento di periferia può generare una rendita catastale più alta rispetto a una casa di pregio nel centro storico”.