Catasto: tutto da rifare. Il decreto sugli algoritmi cassato al fotofinish
[A cura di: Gianluca Palladino] Il colpo di scena dell’ultimo minuto non c’è stato. Malgrado le frenetiche trattative susseguitesi fino al tardo pomeriggio di ieri, il secondo decreto attuativo della legge di delega fiscale in materia di riforma del catasto è rimasto fuori da quel Consiglio dei Ministri che avrebbe invece dovuto sancirne il via libera. Un epilogo inaspettato fino a poche ore prima. Tanto più che i tempi per l’approvazione del provvedimento erano ormai agli sgoccioli, e congelarlo avrebbe significato, sostanzialmente, mettere una pietra tombale sull’intero processo di revisione degli estimi, mandando alle ortiche mesi di lavori parlamentari, di confronti, di polemiche, di mediazioni, di scontri e di parziali riavvicinamenti.
GLI SCENARI
? questa la direzione irrimediabilmente imboccata? Non necessariamente. Ma senza dubbio, quello che già in partenza era un percorso a ostacoli, e che strada facendo si è trasformato in una sorta di Odissea, adesso rischia seriamente di divenire un miraggio. Anche perché, a prescindere dalla forma, ciò che preoccupa è la sostanza stessa del provvedimento. Come illustrato ai nostri taccuini nella tarda serata di ieri dal senatore Mauro Maria Marino, presidente della Commissione Finanze di Palazzo Madama, “alla luce degli ultimi sviluppi, in questo momento ci stiamo ponendo innanzitutto il problema di come uscire da questa situazione, valutando quali siano gli effettivi orientamenti del Governo. Di certo c’è soltanto che la riforma del catasto, in un modo o nell’altro, si farà”.
Come e quando, però, è difficile a dirsi. L’ipotesi di riuscire a spuntare un’ulteriore proroga attraverso un collegato al provvedimento oggetto di delega, arrivati a questo punto è quanto mai remota. Soprattutto perché, anche qualora vi fossero i margini, è fortemente dubbio che vi sia la volontà politica. Più probabile è che la revisione degli estimi venga rimandata a tempi migliori: ad esempio in autunno, quando la misura potrebbe confluire nella riforma della tassazione immobiliare che dovrebbe introdurre dal 2016 la cosiddetta local tax.
LA CRISI
Ma come si è passati nel giro di poche ore da un’approvazione praticamente certa ad una – seppur indiretta – bocciatura? Formalmente, tutto è nato dalle prime proiezioni diffuse dall’Agenzia delle Entrate, peraltro oggetto di ulteriori rielaborazioni, tra cui quella dell’Ufficio Politiche Territoriali della Uil. Ebbene, secondo i calcoli, con l’applicazione del nuovo, temuto, algoritmo, soprattutto nei grandi centri urbani e nelle metropoli le rendite catastali avrebbero subito una crescita esponenziale: fino a sei volte in alcuni casi. Il tutto a dispetto di un’invarianza di gettito che sarebbe stata obiettivamente irraggiungibile a livello nazionale, ma molto complessa da perseguire anche in ambito locale.
In un istante, tutti i fantasmi più volte evocati dalla proprietà immobiliare, ed altrettanto spesso esorcizzati, negli ultimi mesi, dalle rassicuranti dichiarazioni del Governo e delle Commissioni parlamentari, si sono materializzati, in una sabba di grida allo scandalo. Ma fin qui, ancora tutto più o meno nella norma. Se non fosse che a gettare benzina sul fuoco della polemica è intervenuto anche il forzista Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanze della Camera, dissociandosi, con toni piuttosto decisi, da tale esito della riforma catastale.
CAPEZZONE
In particolare, lunedì, proprio alla vigilia dell’atteso Consiglio dei Ministri, Capezzone ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Da relatore della delega fiscale, nonché come estensore delle sue parti più innovative e pro-contribuenti, sono in particolare preoccupato per l’attuazione delle norme sul catasto.
Nell’articolo 2 della legge delega ho personalmente scritto principi invalicabili pro-contribuenti. Ora non basta una aderenza formale a quei principi, ma con la riserva mentale di aggirarli nella sostanza. Inutile girarci intorno. Da settimane circolano stime (anche in sede governativa) terrificanti in termini di aumenti di gettito. Se qualcuno pensa, in un settore (quello dell’edilizia) che è già devastato a livello fiscale, di creare le basi per una ulteriore tosatura dei contribuenti, sappia che andrà incontro a una reazione durissima dei cittadini. Sarebbe un errore politico devastante. Che mi auguro Governo e maggioranza (nel loro stesso interesse) non vogliano commettere”.
IL GOVERNO
Ora, per il premier Renzi, già alle prese con la bega Marino e soprattutto con lo scontro all’arma bianca (anche interno allo stesso Pd) intorno alla riforma della scuola, aprire un nuovo fronte di questa portata, con tanto di sollevamento popolare, non sarebbe stato, francamente, gestibile. Risultato: riforma del catasto, nella migliore delle ipotesi, congelata.
LA PROPRIETÀ
Ovvia la soddisfazione della proprietà immobiliare. Tra i tanti, il commento dell’Uppi: “La riforma del catasto è stata bloccata dal Governo perché evidentemente Renzi si è accorto che il nuovo algoritmo presentava notevoli problemi di applicazione e avrebbe messo a rischio il principio dell’invarianza di gettito; principio dal quale non si può prescindere anche per evitare ulteriori sperequazioni tra gli stessi proprietari di immobili. Difatti il meccanismo del c.d. algoritmo, sulla base del quale determinare i valori catastali, non appare realizzabile attesa la eccessiva eterogeneità di situazioni locali caratterizzanti l’intero patrimonio immobiliare nazionale. L’Uppi per prima aveva evidenziato, dalle simulazioni che avevano predisposto le proprie Commissioni Urbanistica e Fiscale, che con la riforma così come la si stava portando avanti emergeva un incremento delle rendite catastali fino a sei volte facendo, quindi, venire meno il rispetto dell’invarianza di gettito in una situazione in cui la pressione fiscale sugli immobili ha già raggiunto livelli insostenibili, con un aumento negli ultimi tre anni del 160%. Con alle porte l’introduzione della Local Tax dal 2016 che andrà a sostituire l’IMU e la TASI, l’Uppi si chiede peraltro se la promessa che le tasse saranno ridotte sia ancora credibile e per contro non si abbia davvero intenzione di continuare a mettere mano nelle tasche dei piccoli proprietari immobiliari”.
I SINDACATI
Da parte sua, la Uil, che con i calcoli effettuati dal proprio Ufficio Politiche Territoriali ha in un qualche modo contribuito a sollevare il problema dell’abnorme incremento dell’imposizione fiscale riconducibile alla riforma del catasto, spiega la propria posizione per voce del segretario confederale Guglielmo Loy, raggiunto telefonicamente da Italia Casa e Quotidianodelcondominio: “In linea generale, è noto che oggi vi sia un’anomalia tra rendita catastale e reale valore di certi immobili, soprattutto in determinati quartieri della principali città italiane. Quindi, una riforma che avvicini maggiormente il valore catastale a quello di mercato è condivisibile. Il dato generale, tuttavia, si scontra con la realtà dei singoli Comuni e, ad un livello superiore, con l’intero contesto nazionale, con il serio rischio che l’imposizione venga pressoché interamente scaricata sulle grandi città. Noi riteniamo che innanzitutto si debba tracciare un confine netto, di portata locale, alla riforma. E poi che, sempre nell’ambito locale, sia prioritario delegare ai sindaci l’applicazione di strumenti anche estranei al puro valore immobiliare, ma maggiormente aderenti alle condizioni sociali dei contribuenti, rimodulando, ad esempio, l’impatto fiscale in base a parametri quali: stato di cassa integrazione, mobilità, condizioni di disagio familiare. Soltanto così la revisione degli estimi potrà assumere connotati di vera equità”.
L’INVARIANZA
La partita, insomma, non pare ancora conclusa. E lo scampolo – decisivo – che resta ancora da giocare potrebbe disputarsi ancora una volta sul terreno dell’invarianza del gettito: un concetto mai chiarito a sufficienza, il che ha contribuito a creare intorno alla riforma quel clima di sospetto più o meno inevitabilmente degenerato nella (provvisoria?) cassazione del provvedimento. Di certo, come puntualizzato ancora ieri sera dal senatore Marino, “se la riforma del catasto non troverà più tempo e spazio per rientrare nella legge delega e sarà invece inglobata nel processo di revisione della fiscalità immobiliare, lo stesso ombrello dell’invarianza di gettito previsto dalla legge fiscale verrà a mancare, e occorrerà introdurre nuovi paletti contro il potenziale incremento della tassazione sulla casa”.
Ma prima ancora bisognerà comprendere se da parte del Governo la volontà di riformare un catasto oggettivamente obsoleto vi sia davvero e, in caso positivo, a quali condizioni e con quali modalità. Perché, al momento, la sensazione è che la patata si sia rivelata più bollente del previsto. E amalgamarla con le tensioni politiche e sociali che già bollono in pentola potrebbe rivelarsi una miscela esplosiva.