Le società di ingegneria non potranno operare anche sul mercato
privato. Il Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e
Conservatori esulta per la bocciatura, da parte della Commissione Giustizia
della Camera, dell’articolo 31 del Ddl Concorrenza.
Come spiegano gli architetti, “Solo pochi giorni fa abbiamo rivolto un
appello in tal senso al Parlamento, sottolineando come il problema – per gli
architetti italiani – non fosse la forma societaria di tali società ma la
necessità per tutti di operare dentro regole comuni che valessero proprio per
tutti. Le società di ingegneria, infatti, non hanno alcun codice etico mentre
gli architetti italiani e le società tra professionisti operano nel rispetto
del codice deontologico approvato dal Ministero della Giustizia. Se, ad
esempio, evadono il fisco vengono, giustamente, radiati dall’Albo; rispettano
le molte regole della Riforma delle professioni e delle Direttive comunitarie.
Tutto ciò non è previsto, invece, per le società di ingegneria”.
Di conseguenza, la soddisfazione per la decisione presa in
Commissione. “Siamo lieti – concludono gli architetti italiani – che il nostro
grido di allarme e le nostre preoccupazioni siano state ascoltate fugando i
dubbi di quanti, alla vigilia, paventavano di trovarsi di fronte ad una sorta
di condono per il passato ma anche per il futuro e che il Parlamento si
piegasse ad interessi di parte. Così non è stato e di questo deve essere dato
atto a tutta la Commissione. Ci auguriamo ora che quello che è stato fatto
uscire dalla porta non rientri dalla finestra e che anche l’Aula confermi
quanto definito in sede di Commissione”.
LA REPLICA
Di diverso avviso, ovviamente, l’Oice (associazione aderente a
Confindustria che riunisce le società di ingegneria ed architettura italiane)
che affida ad un comunicato la propria replica: “La sentenza del Consiglio di
Stato numero 103/2015 citata nel parere della Commissione Giustizia della
Camera non è in alcun modo applicabile alle società di ingegneria.
Occorre infatti precisare che:
1) La sentenza (paragrafo 5.2) afferma espressamente che:
“prescindendo da modelli del tutto peculiari che qui non rilevano, come le
società di ingegneria, si ritiene che (omissis). È evidente, quindi, che la
pronuncia citata nel parere non è riconducibile alle società di ingegneria.
2) Il Consiglio di Stato afferma il principio che l’unica forma
ammessa di esercizio in forma societaria di professioni intellettuali protette
è quello della società tra professionisti, con riguardo all’affidamento dei
servizi di consulenza in materia di diritto del lavoro.
3)L’articolo 10, comma 9 della legge 183/2011 fa salvi i “diversi
modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente
legge”, cioè proprio le società di ingegneria.
Da ciò si desume che la richiesta di soppressione dell’articolo 31,
norma di interpretazione autentica che evita possibili contenziosi relativi a
contratti privati delle società di ingegneria appare del tutto impropria e
sprovvista di fondamento giuridico.