A cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Un condominio stipulava con l’acquedotto municipale due contratti relativi all’installazione di due contatori nel caseggiato. Tuttavia, si procedeva all’installazione di un solo contatore in ordine al quale, nel tempo, venivano segnalati consumi anomali; in seguito, l’acquedotto emetteva più fatture per un importo notevole che i condòmini si rifiutavano di pagare.
L’amministratore si rivolgeva alla società erogatrice dell’acqua, contestando verbalmente le fatture; in ogni caso, lo stesso acquedotto, dopo una verifica sul corretto funzionamento (senza contradditorio con i condòmini), staccava il primo contatore, senza dare comunicazione al condominio.
Successivamente, la società somministrante attivava il secondo contatore inerente il secondo contratto, e, nello stesso tempo, si rivolgeva al Tribunale richiedendo un decreto ingiuntivo per il pagamento di quanto dovuto per i precedenti consumi del primo contatore.
Il condominio, nel presentare opposizione al decreto ingiuntivo, evidenziava i consumi anomali, parecchio superiori rispetto a quelli abituali.
Poiché le domande dei condòmini venivano rigettate sia dal giudice di primo grado, sia dal giudice di merito, il condominio presentava ricorso in Cassazione, sottolineando che la verifica del misuratore da parte della società erogatrice doveva essere effettuata nel contraddittorio delle parti; altresì, evidenziava come non fosse stato possibile verificare le condizioni del primo contatore, dal momento che era stato rimosso dalla somministrante senza dare comunicazione ai condòmini.
Con la sentenza n. 836/2021, la Suprema Corte di Cassazione precisava che, come aveva già rilevato la Corte territoriale, il contatore era stato legittimamente rimosso dalla società erogatrice, in quanto asportato solo a seguito del distacco della prima utenza conseguente al mancato pagamento delle fatture. Dunque, il comportamento della società era stato legittimo.
Inoltre, nel caso in esame, l’azienda erogatrice aveva provato il corretto funzionamento del contatore, mentre il ricorrente non aveva dimostrato neppure di averlo contestato.
Difatti, secondo gli Ermellini, qualora si verifichino consumi anomali di acqua, il somministrante (l’acquedotto) ha l’onere di provare il regolare funzionamento del contatore, mentre il fruitore (nel caso di specie, il condominio), deve contestare l’anomalo funzionamento del contatore, richiedendone la verifica; dunque, i condòmini sono tenuti a dimostrare che l’anomalo consumo è addebitabile a fattori esterni al suo controllo.
In virtù di detto principio, il Tribunale Supremo rigettava il ricorso ed inoltre condannava il condominio alle spese del giudizio di legittimità.