CONTABILIZZAZIONE, IL GOVERNO ASSECONDA LA PROPRIETÀ: L’OBBLIGO SLITTA AL 30 GIUGNO
- Redazione
- 30 dicembre 2016
Alla fine ha vinto il partito del poi: il fronte, cioè, composto da quelle associazioni della proprietà immobiliare – prime fra tutte Confedilizia e Uppi – che da mesi invocavano a gran voce il rinvio dell’obbligo della contabilizzazione del calore in condominio, e le cui richieste sono state in parte accolte con il decreto Milleproroghe varato ieri (29 dicembre) dal Governo, che ha procrastinato la scadenza al 30 giugno 2017.
Quello dei “rimandisti”, tuttavia, è stato un successo più di forma che di sostanza: a dispetto del grande ritorno d’immagine conseguito agli occhi di una parte della proprietà edilizia, l’effetto concreto della proroga ottenuta è di portata decisamente inferiore. Infatti, se è vero come è vero che l’installazione dei sistemi di termoregolazione può essere effettuata soltanto ad impianti spenti, il lasso temporale aggiuntivo a disposizione dei condomini ad oggi inadempienti resta estremamente risicato. A meno che non si voglia tardivamente ammettere che la percentuale di chi ha sforato i tempi in buona fede e per colpe non proprie è così irrisoria da garantire in meno di tre mesi (tra aprile e giugno 2017) l’adeguamento alla legge, mentre la stragrande maggioranza delle restanti amministrazioni e assemblee condominiali non ha effettuato i lavori semplicemente confidando nell’italica, deprecabile tendenza, all’assenza dei controlli o, nella migliore delle ipotesi, al rinvio degli obblighi; e per questi, l’allungamento dei termini non sposta di una virgola la sostanza.
In un caso o nell’altro, la proroga decretata dal Governo è il più fulgido esempio di “cerchiobottismo” fine a se stesso: apparentemente dà un contentino a tutti; nella pratica non appaga nessuno: non la proprietà, non l’Europa, non le aziende. Più sensato, a questo punto, sarebbe stato estendere a livello nazionale la mozione approvata mercoledì dal Consiglio Regionale del Piemonte, rimandando al 30 settembre 2017 l’applicazione delle sanzioni, ma per i soli condomini che avessero già approvato e appaltato le opere entro il termine del 31 dicembre 2016. Certo, il pericolo di una retrodatazione delle delibere condominiali ci sarebbe stato; ma perlomeno si sarebbe risposto concretamente, e con tempistiche sufficienti, alla principale obiezione mossa da chi chiedeva un rinvio: quella, cioè, secondo cui il decreto 141/2016 approvato in estate, modificando in corsa le regole del gioco, avrebbe reso tecnicamente impossibile, per le imprese, soddisfare le innumerevoli richieste pervenute loro all’ultimo momento.
Ora, che questa versione dei fatti sia speciosa, non lo dice solo la lettura del decreto in oggetto – che mai ha messo in discussione la data del 31 dicembre 2016 – ma anche la logica. Il provvedimento, infatti, è datato 18 luglio quando, per ovvie ragioni, tutti i condomini che avessero voluto davvero rispettare la scadenza di fine anno, tenendo conto delle vacanze estive e dell’imminente accensione degli impianti avrebbero dovuto aver già deliberato i lavori. Il decreto, invece, pur disciplinando questioni terze come le modalità di ripartizione dei costi del riscaldamento, è stato pretestuosamente utilizzato come appiglio per giustificare in qualche modo l’immobilismo di una discreta percentuale di proprietari di casa. Ma evidentemente tale posizione, oltre al peso politico di chi la ha espressa, ha fatto breccia nel Governo, che dopo le smentite di rito ha adottato, probabilmente, la soluzione peggiore.
Rinviare l’obbligo, infatti, oltre a creare discrepanze con provvedimenti locali come appunto quello del Piemonte, mette il Paese – quali che siano stati gli accordi informali raggiunti con Bruxelles – a rischio di una procedura d’infrazione e di sanzioni che ricadrebbero a pioggia anche su chi si è affrettato ad ottemperare alle prescrizioni vigenti fino a ieri. Non solo. Il messaggio che si trasmette è sbagliato, sia dal punto di vista del rispetto delle regole – e Dio solo sa quanto, invece, questo Paese ne avrebbe bisogno – sia sul versante di una politica di efficienza energetica che non a caso, in Italia, stenta a decollare, tanto più in ambito residenziale e condominiale.
“Diamo atto al Governo – ha dichiarato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – di aver posto rimedio, pur con le difficoltà derivanti dai vincoli europei, ad un problema che aveva creato forte allarme nelle famiglie”.
“Grande vittoria dell’Uppi e del Coordinamento della Proprietà immobiliare formato anche da Federproprietà, Arpe e Confappi, grazie al cui intervento i condomini possono tirare un sospiro di sollievo”, gli fa eco l’Unione dei Piccoli Proprietari Immobiliari.
Un trionfalismo che, francamente, non ci sentiamo di condividere. Mentre comprendiamo meglio la frustrazione dei tanti amministratori condominiali che ci hanno scritto manifestando tutto il malcontento per l’impegno profuso in “animate discussioni assembleari” nel convincere i condòmini a rispettare una legge e una scadenza che, come spesso accade, sarebbero rimaste tali soltanto sulla carta.
Direttore Gianluca Palladino