[A cura di: Gianluca Palladino] La nuova crisi politica e lo scontro istituzionale scaturiti dalla remissione dell’incarico da parte del premier designato, Giuseppe Conte, dopo il veto posto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al professore anti-europeista Paolo Savona quale titolare del dicastero dell’Economia, fa saltare il banco di un Esecutivo giallo-verde che sembrava ormai materializzarsi, e getta il Paese in un clima di instabilità e tensioni da non sottovalutare. Così come vanno analizzati con attenzione gli scenari che si stanno profilando nelle ore in cui Italia Casa va in stampa, e che meglio si delineeranno nei mesi che ci separano dall’unica soluzione al momento praticabile: il ritorno al voto, tra settembre e ottobre prossimi.
Intanto, di questo Governo rimasto in embrione, resta – al netto di tutte le schermaglie e le polemiche cui si è assistito nelle ultime settimane – soltanto quel cosiddetto “Contratto per il Cambiamento” scaturito dalla faticosissima sintesi dei programmi (per molti aspetti antitetici) di Lega e M5S. Una bozza al momento accantonata, ma che domani potrebbe rappresentare il biglietto da visita di Salvini e Di Maio nei confronti dell’elettorato, nella pur remota ipotesi che i due leader decidano di presentarsi uniti, questa volta, già alla vigilia del voto, invece di siglare, a scrutini effettuati, accordi che per i loro sostenitori possono essere parsi nei giorni scorsi come il minore dei mali, ma di cui sarebbe interessante valutare l’apprezzamento ad urne aperte.
Ciò premesso, e nei limiti di quanto compete a questa testata, può essere utile, in un’ottica di prospettiva, esaminare i contenuti di un documento che – sostanzialmente – ignorava i comparti della casa e del condominio.
Il cosiddetto Contratto di Governo constava di un totale di 30 articoli spalmati su 57 pagine, per un totale di oltre 18mila parole. Ebbene: sapete quante volte vi compariva la parola “casa”? Zero. E la parola “condominio”? Sempre zero. Va lievemente meglio se vi si cercano le parole “alloggi”, “edifici” e “immobili”, che appaiono ciascuna una volta; mentre “abitazioni” figura 2 volte e “edilizia” addirittura 4 (ma in due casi si tratta di quella penitenziaria e scolastica).
Si obietterà che la qualità di un programma politico non può essere soppesata un tanto al chilo. Ineccepibile. Però in un Paese in cui 8 italiani su 10 hanno un’abitazione di proprietà e 42 milioni di connazionali vivono in condominio; in un Paese in cui le imposte sull’abitazione sono alle stelle così come l’emergenza sfratti; in un Paese in cui l’immobiliare, l’edilizia e i loro rispettivi indotti rappresentano uno dei principali volani dell’economia; in un Paese come l’Italia, insomma, non si capisce come un Governo “di cambiamento” potesse liquidare queste e altre tematiche con pochi, generici slogan sulla rapida ricostruzione nelle aree terremotate; sull’importanza della rigenerazione urbana e del retrofit degli edifici; sull’esigenza di favorire l’accesso delle persone con disabilità ad abitazioni di recente costruzione; sulla necessità di velocizzare le procedure di sgombero degli immobili occupati abusivamente. Punto (o quasi).
Non sarà forse un caso che – prima fra tante – Federproprietà, per voce del presidente Massimo Anderson, e anche a nome del Coordinamento Unitario dei Proprietari Immobiliari (Federproprietà, Confappi, Uppi, Movimento per la difesa della casa), avesse fin da subito sottolineato come nel testo “non si evidenziano le soluzioni dei reali problemi della casa:
Non resta che augurarsi che il futuro Governo, quale che sia, rimedi a tali “dimenticanze”. E questo, ancor prima di costituirsi in rappresentanza di una volontà popolare – per una volta – chiara e inequivocabile invece che raffazzonata.