DAL 2010 AD OGGI 30 MILIARDI DI TASSE IN PIÙ: 12 FANNO CAPO ALLA CASA
Quasi 30 miliardi di tasse in più pagate dagli italiani negli ultimi 6 anni. E la fiscalità immobiliare, in questo devastante quadro, ha giocato un ruolo fondamentale. È quanto emerge da un’indagine della Cgia di Mestre, secondo dal 2010 le imposte nazionali, al netto del bonus Renzi, sono salite del 6,1 per cento, mentre quelle locali dell’8 per cento, anche se in valore assoluto quelle nazionali (come l’Irpef, l’Iva, l’Ires, etc.) sono aumentate di 21,6 miliardi e quelle locali (Imu, Irap, addizionali comunali e regionali Irpef, etc.) di 7,7 miliardi di euro.
La composizione del gettito per livello di Governo, però, è rimasta pressoché la stessa. Su un importo totale delle entrate tributarie pari a 483,2 miliardi di euro (anno 2015 al netto del bonus Renzi) il 21,6 per cento è finito nelle casse di Regioni e Comuni (104,4 miliardi di euro), mentre il 78,4 per cento lo ha incassato l’erario (378,8 miliardi di euro). Rispetto a 5 anni prima, la situazione non ha subito grossi cambiamenti. In altre parole, la stragrande maggioranza delle nostre tasse finisce al “centro”, sebbene la gran parte delle spese siano ormai “consumate” in periferia.
Tra le principali tasse locali, solo l’Irap (-4,2 miliardi pari a una variazione del -13 per cento) ha subito una contrazione abbastanza decisa: tutte le altre, invece, hanno registrato un netto aumento. Tra il 2010 e il 2015 l’addizionale regionale Irpef è aumentata di 3,1 miliardi di euro (+39 per cento). L’anno scorso nelle casse dei governatori sono finiti ben 11,3 miliardi di euro. L’addizionale comunale Irpef è aumentata di 1,4 miliardi (+51 per cento): nel 2015 questa imposta ha garantito ai Sindaci un gettito di ben 4,3 miliardi di euro. Ma l’imposta che ha subito l’incremento più sensibile è stata quella sugli immobili. Se nel 2010 l’Ici consentì ai primi cittadini di incamerare 9,6 miliardi, nel 2015 i Sindaci con l’Imu e la Tasi hanno incassato ben 21,3 miliardi (variazione in termini assoluti pari a +11,6 miliardi che corrispondono ad una variazione del +120 per cento).
“Tra il 2000 e il 2015 – sottolinea il coordinatore della Cgia Paolo Zabeo – la tassazione locale è salita del 46 per cento. Questa impennata è stata dovuta al forte decentramento fiscale iniziato 25 anni fa. L’introduzione dell’Ici, poi sostituita dall’Imu e in parte dalla Tasi, dell’Irap, delle addizionali comunali e regionali Irpef, hanno incrementato il gettito delle tasse locali che è servito a coprire i costi delle nuove funzioni e delle nuove competenze che sono state decentrate alle Autonomie locali. Dai primi anni ’90, infatti, le Regioni e i Comuni sono diventati responsabili della gestione di importanti aree funzionali come la sanità, i servizi sociali e il trasporto pubblico locale, senza aver beneficiato di un corrispondente aumento dei trasferimenti dallo Stato centrale. Anzi, la difficoltà nel far quadrare i conti pubblici ha costretto molti Esecutivi a ridurre progressivamente i trasferimenti, creando non pochi problemi a molte Autonomie locali che si sono difese innalzando le imposte locali, in particolar modo quelle che nel frattempo sono state introdotte dal legislatore”.
E il segretario della Cgia, Renato Mason, sottolinea: “Ricordo, tra le altre cose, che i Paesi federali dell’Unione europea presentano un costo complessivo della macchina pubblica pari alla metà di quello registrato dai Paesi unitari. Per avvicinarci ai primi siamo convinti che dobbiamo attuare il federalismo fiscale. Solo così saremo in grado di abbassare il carico fiscale sia al centro che in periferia. Infatti, avvicinando i centri di spesa a coloro che usufruiscono direttamente dei servizi, si imporrebbe una maggiore responsabilizzazione dei decisori locali che darebbero sicuramente luogo ad una razionalizzazione della spesa e a una conseguente contrazione del peso fiscale. Per il suo definitivo compimento, però, mancano ancora due tasselli importanti: la piena attuazione dei costi standard nella sanità e negli enti locali. Due misure su cui il Governo dovrebbe accelerarne il compimento, per dare il via libera ad un vero cambiamento che riscriverebbe i rapporti tra il fisco ed i contribuenti”.
Dalla Cgia ricordano che – ad eccezione della Tari – la legge di Stabilità 2016 ha imposto il blocco a qualsiasi aumento dei tributi locali. Tuttavia, le regioni in disavanzo sanitario, che stanno subendo un piano di rientro imposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, sono autorizzate a mettere mano all’aliquota Irap e all’addizionale regionale Irpef. Un’ipotesi che speriamo sia scongiurata, visto che la stragrande maggioranza di queste aree geografiche in deficit sono concentrate al Sud.