[A cura di: Jean-Claude Mochet, vice presidente nazionale e presidente Commissione fiscale nazionale UPPI – www.uppi.it] Il decreto “Cura Italia”, con i suoi 25 miliardi stanziati dal Governo per l’emergenza economica conseguente alle misure di contenimento adottate per arginare il Covid-19, assomiglia ad una aspirina somministrata ad un grave malato.
L’analisi non sarebbe esaustiva senza una doverosa precisazione.
Dal 1992, anno in cui l’Italia ha sottoscritto il Trattato di Maastricht, tassiamo le imprese più di quanto spendiamo in spesa pubblica, ovvero siamo in avanzo primario. Per la precisione il nostro avanzo primario ammonta a 1.043 miliardi di euro.
Dal 2012 al 2018 solamente i proprietari di casa hanno versato nelle casse dello Stato 156 miliardi di euro di IMU e TASI, la stessa identica cifra, ovvero circa 150 miliardi di euro, è stata versata dai contribuenti italiani all’Unione Europea tra il 2000 e il 2018.
Nonostante, dunque, l’Italia si sia rivelata uno dei Paesi più virtuosi dell’Unione Europea, i dati forniti da uno studio del 2019 della fondazione GIMBE e pubblicati anche sul quotidiano La Repubblica, sono spaventosi: in un decennio, dal 2010 al 2019, per restare nelle maglie delle politiche di austerity imposte dall’U.E., sono stati sottratti 37 miliardi di euro alla sanità che si sono tradotti in un taglio di 70.000 posti letto e di 359 tra reparti e piccoli ospedali.
Da anni l’U.P.P.I. si batte per contrastare le folli politiche di austerità messe in atto dai Governi per compiacere le istituzioni dell’Unione Europea che si sono dimostrate totalmente incapaci di gestire l’emergenza sanitaria in maniera non solo coordinata, ma anche solidale. Allo stesso modo ci esprimiamo contro la convalida del MES, cioè quel “meccanismo europeo salva stati”, il quale, di fatto, ci restituirebbe, applicando interessi e dettando condizioni vessatorie, i soldi versati dagli stessi contribuenti italiani.
Totalmente inutili le modalità europee di concessione di ulteriori spese a debito al nostro Paese, le quali hanno previsto finora, come contropartita, l’applicazione di riforme restrittive e depressive delle quali la nostra economia non ha in questo momento nessuna necessità.
Al contrario adesso è tempo di quelle riforme espansive, accompagnate da una generale drastica riduzione delle imposte, che sarebbero le uniche in grado di dare sollievo al nostro Paese.
Pericolosissima, poi, la “potenza di fuoco” messa in campo dal Governo nel decreto “liquidità” che, più che aiutare le piccole e medie imprese, sarà probabilmente più adatta a polverizzarle. All’estremo opposto, infatti, dell’unica misura che si sarebbe dovuta adottare in una circostanza così drammatica, e cioè l’elargizione di contributi a fondo perduto, si trova la misura scelta dal Governo e cioè la possibilità per le imprese di indebitarsi ulteriormente, attraverso finanziamenti ipoteticamente agevolati. Finanziamenti che, se escludiamo quelli fino a 25.000 euro i quali hanno qualche opportunità di essere liquidati con relativa celerità, arriveranno certamente tardi, essendo subordinati all’approvazione della Commissione Europea e ai tempi bancari di istruttoria.
Va considerato inoltre che la garanzia verrà prestata dalla SACE in misura decrescente, dal 90% al 70%, con controgaranzia dello Stato che sarà rilasciata con il pagamento di una commissione a carico delle imprese dallo 0,25 al 2% di fatto, quindi, senza nessuna agevolazione reale. Tale prestito dovrà essere rimborsato in sei anni, quindi in tempi brevi.
L’importo finanziabile non dovrà comunque superare il 25% del fatturato 2019 oppure il doppio del costo del personale dello stesso anno.
Come se non bastasse sono previste condizioni all’erogazione, quali il divieto di distribuire dividendi per l’intero anno 2020 e l’obbligo di gestire i livelli occupazionali con accordi sindacali.
Esiste anche un vincolo di destinazione del fondo che potrà essere rivolto a fronteggiare i costi del personale, gli investimenti e il capitale circolante (scorte), dunque non potrà essere impiegato per debiti commerciali di ogni tipo o rate dei mutui bancari, degli scoperti bancari.
Di certo una soluzione immediata, che avrebbe permesso di far fronte all’emergenza in tempi rapidi, ma naturalmente snobbata dal Governo, sarebbe stata quella di liquidare alle imprese l’enorme massa di debiti commerciali accumulata dallo Stato.
Sempre nella direzione della distruzione dell’economia del Paese va la proposta del Partito Democratico di varare un “contributo di solidarietà”, leggasi patrimoniale, da applicare sui redditi superiori a 80.000 euro: tali redditi, stando ai calcoli del Consiglio nazionale dei Commercialisti, rappresentano l’1,9% dei 41 milioni di contribuenti totali e già attualmente versano il 24% dell’Irpef netta totale. Sarà probabilmente anche etico valutare contributi di solidarietà, ma evidentemente la priorità dei partiti al Governo dovrebbe essere quella di iniettare liquidità nel sistema, non certo di sottrarla. Pare che il Governo, piuttosto che lavorare per evitare che il Paese scivoli nel baratro, si adoperi per dare l’ultima spinta necessaria a precipitare definitivamente.
Sono, invece, rimaste del tutto inascoltate le richieste, fatte al Governo dall’U.P.P.I., di provvedere, in tempi brevi, alla soppressione del pagamento dell’acconto IMU di giugno e di introdurre una cedolare secca al 5% per i canoni di locazione, relativi al 2020, per i quali i proprietari avessero concordato una riduzione del canone di locazione annuo.
La riduzione dei canoni avrebbe potuto essere attestata obbligatoriamente dalle organizzazioni sindacali dei proprietari e degli inquilini al fine di poter beneficiare della tassazione agevolata. E avrebbe lasciato alle parti la possibilità di concordare diminuzioni dell’affitto reali e personalizzate a seconda delle diverse esigenze, a fronte di una tassazione agevolata. Questo avrebbe permesso ai conduttori di versare l’affitto in misura per loro accettabile e avrebbe concesso ai proprietari di percepire le locazioni, anche se in maniera ridotta.
Davanti a quella che si profila come una delle più drammatiche recessioni che abbia vissuto il nostro Paese dal dopoguerra ad oggi, è necessaria una grossa iniezione di liquidità e misure straordinarie di sostegno economico che consentano di affrontare questa emergenza senza mettere in ginocchio piccole e micro imprese che formano, come già detto, la parte più rilevante della nostra economia, le stesse che già sono state messe a dura prova da decenni di scellerate politiche di austerità e che hanno resistito eroicamente fino ad oggi.