È stato approvato ieri, 2 dicembre, in sede di VI Commissione Finanze, l’emendamento al disegno di legge di conversione del dl fiscale (124/2019) che prevedeva l’estensione del regime del reverse charge al mondo dell’amministrazione condominiale.
Ad essere oggetto della modifica (e delle proteste delle associazioni di categoria), in particolare, era l’articolo 4, comma 17 bis del decreto, che recitava:
[…] i soggetti di cui all’articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, residenti ai fini delle imposte dirette nello Stato, […] che affidano il compimento di un’opera o di un servizio a un’impresa sono tenuti al versamento delle ritenute di cui agli articoli 23 e 24 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, 50, comma 4, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, e 1, comma 5, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici, ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio.
Grazie all’emendamento, è stata dunque apportata una modifica che, nei fatti, limita questa previsione di estensione ad opere e servizi di importo complessivo annuale superiori a 200mila euro, andando incontro alle richieste degli amministratori di condominio. Ecco com’è stato modificato il testo dell’articolo 4:
[…] i soggetti di cui all’articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, residenti ai fini delle imposte dirette nello Stato, […] che affidano il compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000 a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, sono tenuti a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute di cui agli articoli 23 e 24 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, 50, comma 4, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, e 1, comma 5, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio. Il versamento delle ritenute di cui al periodo precedente è effettuato dall’impresa appaltatrice o affidataria e dall’impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità di compensazione.
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Tra le prime realtà ad esultare per il risultato, l’associazione UNAI guidata da Rosario Calabrese, che nelle scorse settimane si era fatta portavoce presso il Governo delle rimostranze degli amministratori di condominio: «Il provvedimento approvato in commissione restringe l’obbligo del reverse charge esclusivamente ai committenti che appaltino opere per importi superiori ai 200.000 euro, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera, con l’appaltatore/subappaltatore che opera presso la sede del committente, con utilizzo di beni strumentali di quest’ultimo. Il reverse charge, da noi amministratori tanto temuto, non si applicherà quindi ai condomini, ma limiterà il suo ambito di applicazione ai casi di appalto alle c.d. P.Iva».
«Ci complimentiamo – prosegue la nota – con noi stessi e quanti hanno dato il loro contributo per aver evitato il rischio che, lavori appaltati dal condominio (tipo le facciate), si bloccassero causa l’obbligo di sospendere i pagamenti all’impresa (la quale avrebbe, a sua volta, sospeso i lavori) con la conseguenza di ponteggi fermi in facciata, fastidi e problemi per i condomini. Ma soprattutto maggiori costi per l’occupazione suolo».