Nessun “burocrate di Bruxelles confischerà la vostra casa se non è ristrutturata”. Con queste parole pronunciate in italiano il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha voluto sgombrare il campo da possibili equivoci sul secondo pacchetto clima dell’anno, che completa le iniziative per tagliare entro il 2030 il 55% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990.
Una frase per “affrontare le preoccupazioni specifiche” italiane, ha sottolineato Timmermans, e certificare la marcia indietro fatta da Bruxelles rispetto a una prima bozza del documento dove si paventava l’idea che dal 2030 in poi, prima di vendere un immobile, un proprietario fosse obbligato a compiere interventi di riqualificazione energetica.
“La proposta lascia agli Stati membri la libertà di decidere come far rispettare lo standard minimo di performance energetica”, ha chiarito Timmermans.
Gli edifici nuovi dovranno essere a zero emissioni, per gli altri ci sarà l’introduzione graduale di requisiti minimi di efficienza, come già accade in Paesi come Francia e Olanda.
Con l’esclusione delle case di vacanza e dei palazzi storici, gli Stati membri saranno chiamati a identificare il 15% del parco immobiliare più problematico, che sarà classificato come G, e a promuovere politiche per la sua riqualificazione portandolo al grado F della scala entro il 2030, e al grado E nel 2033. Per gli edifici pubblici le scadenze sono state fissate rispettivamente al 2027 e al 2030.
“Abbiamo risorse Ue e nuove linee guida sugli aiuti di Stato per aiutare i paesi e le famiglie ad aumentare il valore della propria casa e a ridurre la bolletta”, ha spiegato Timmermans.
Secondo le stime della Commissione, tra finanziamenti per la ripresa e fondi Ue, il contributo del bilancio dell’Unione potrebbe arrivare a 150 miliardi tra oggi e la fine del decennio.