Procedono a rilento le trattative sulla nuova direttiva Epbd (Energy performance of buildings directive) in materia di case green. L’obiettivo dichiarato è quello di dare attuazione alle nuove regole entro il 2030, ma i tempi per arrivare a un accordo su un testo condiviso da tutte le istituzioni europee sembrano dilatarsi. Inoltre si fa sempre più concreta la possibilità che il contenuto della normativa cambi rispetto alla versione iniziale.
A confermare queste ipotesi è, in particolare, l’esito del secondo incontro formale tra i rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione, che si è svolto a Bruxelles lo scorso giovedì 31 agosto.
Nel corso del secondo trilogo formale, infatti, i negoziati non hanno registrato quell’accelerazione decisiva che molti speravano, ma si sono ancora una volta arenati, per aggiornarsi a un nuovo incontro, il prossimo 6 ottobre.
Il motivo dello scontro tra Parlamento e Consiglio, rappresentato dalla presidenza di turno spagnola, è stato questa volta l’articolo 9, che tocca il tema dell’installazione di pannelli solari sugli edifici nuovi ed esistenti.
È stato soprattutto il terzo comma a provocare attriti. Nel testo in esame si dispone che i Paesi membri assicureranno l’installazione di pannelli solari secondo un calendario molto serrato. Già nel 2026 su tutti gli edifici pubblici e sugli edifici non residenziali, per poi coinvolgere gli altri edifici a scadenze progressive, tra il 2028 e il 2032.
Sul termine del 2026 non è stato trovato un compromesso, in quanto il Consiglio avrebbe preferito limitare l’installazione di pannelli solari solo agli edifici oggetto di ristrutturazione, anziché coinvolgere tutti gli immobili esistenti.
Qualche passo avanti, comunque, si è verificato. Il trilogo ha infatti ratificato l’accordo su una lunga lista di passaggi sui quali era stato trovato, nelle scorse settimane, un compromesso a livello tecnico: gli articoli 22, 23 e 24 – che riguardano gli esperti indipendenti che si occupano di verifiche legate all’efficienza energetica degli immobili, i professionisti dell’edilizia e i sistemi di controllo – sono pertanto stati archiviati.
Si tratta, comunque, di elementi che non sono centrali nella geografia del testo. Non è stato, invece, nemmeno avviato il confronto su alcuni dei passaggi chiave, come l’articolo 9, che fissa il contestatissimo calendario per le ristrutturazioni che i Paesi membri dovranno rispettare. È qui che si parla dell’obbligo di raggiungere la classe D entro il 2033, capitolo che, con la revisione del sistema degli attestati di prestazione energetica, rappresenta il cuore della direttiva.
Nelle prossime settimane si cercherà di accelerare, dal momento che incombe lo spettro della fine della legislatura europea e che, quindi, entro la fine dell’anno servono avanzamenti decisi per provare a completare il lavoro in tempo.
Nel mese di settembre si sono svolti quattro incontri tecnici (il 7, l’8, il 20 e il 21 settembre). Il 6 ottobre, invece, è in calendario il terzo trilogo formale.
La direttiva europea sulle prestazioni energetiche degli edifici è stata inserita nel pacchetto “Fit for 55”, presentato nel 2021 e pensato per allineare la normativa vigente in materia di clima ed energia al nuovo obiettivo di riduzione, entro il 2030, delle emissioni nette di gas a effetto di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990, nella prospettiva della neutralità climatica entro il 2050.
Obiettivo della proposta di direttiva è quello di aumentare, tramite l’introduzione di norme minime di prestazione energetica, il tasso e la profondità delle ristrutturazioni degli edifici, nonché di migliorare le informazioni in materia di prestazione energetica e la sostenibilità degli edifici. Secondo la Commissione europea, infatti, gli edifici dell’Unione europea sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra.
Secondo quanto previsto al momento dalla direttiva europea sulle case green, gli edifici residenziali dovranno raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033; gli edifici non residenziali e pubblici dovranno raggiungere le stesse classi energetiche rispettivamente entro il 2027 e il 2030; tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028, con la scadenza del 2026 per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche. La classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro.
Si ricorda che non tutti gli edifici dovranno essere sottoposti a interventi di ristrutturazione per migliorare la prestazione energetica. Le eccezioni riguardano:
• abitazioni unifamiliari di superficie inferiore a 50 metri quadri;
• seconde case utilizzate meno di quattro mesi l’anno;
• edifici a uso temporaneo;
• edifici con particolare valore storico e architettonico;
• chiese e gli altri edifici di culto;
• monumenti;
• edifici di proprietà delle Forze armate o del Governo centrale e destinati a scopi di difesa nazionale.