L’edizione 2018 del Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia, la seconda dedicata a questo tema, fornisce il quadro di riferimento aggiornato sulla pericolosità per frane e alluvioni sull’intero territorio nazionale e presenta gli indicatori di rischio relativi a popolazione, famiglie, edifici, imprese e beni culturali.
Il Rapporto aggiorna le mappe nazionali della pericolosità da frana dei Piani di Assetto Idrogeologico – PAI e della pericolosità idraulica secondo gli Scenari del D.Lgs. 49/2010 (recepimento della Direttiva Alluvioni 2007/60/CE), realizzate dall’ISPRA mediante l’armonizzazione e la mosaicatura delle aree perimetrate dalle Autorità di Bacino Distrettuali.
Gli indicatori di rischio rappresentano un utile strumento a supporto delle politiche di mitigazione del rischio.
L’Italia è uno dei paesi europei maggiormente interessati da fenomeni franosi, con 620.808 frane che interessano un’area di 23.700 km2 , pari al 7,9% del territorio nazionale. Tali dati derivano dall’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (Progetto IFFI) realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province Autonome secondo modalità standardizzate e condivise. L’Inventario IFFI è la banca dati sulle frane più completa e di dettaglio esistente in Italia, per la scala della cartografia adottata (1:10.000) e per il numero di parametri ad esse associati (www.progettoiffi.isprambiente.it). Un quadro sulla distribuzione delle frane in Italia può essere ricavato dall’indice di franosità, pari al rapporto tra l’area in frana e la superficie totale, calcolato su maglia di lato 1 km (Figura 1.1).
Circa un terzo del totale delle frane in Italia sono fenomeni a cinematismo rapido (crolli, colate rapide di fango e detrito), caratterizzati da velocità elevate, fino ad alcuni metri al secondo, e da elevata distruttività, spesso con gravi conseguenze in termini di perdita di vite umane. Altre tipologie di movimento (es. colate lente, frane complesse), caratterizzate da velocità moderate o lente, possono causare ingenti danni a centri abitati e infrastrutture lineari di comunicazione. I fattori più importanti per l’innesco delle frane sono le precipitazioni brevi e intense, quelle persistenti e i terremoti. Archiviare le informazioni sui fenomeni franosi è un’attività strategica tenuto conto che gran parte delle frane si riattivano nel tempo, anche dopo lunghi periodi di quiescenza di durata pluriennale o plurisecolare (es. frana di Corniglio, PR, 1902, 1994-2000). L’Inventario IFFI è un importante strumento conoscitivo di base che viene utilizzato per la valutazione della pericolosità da frana dei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI), la progettazione preliminare di interventi di difesa del suolo e di reti infrastrutturali e la redazione dei Piani di Emergenza di Protezione Civile. Ogni anno sono qualche centinaio gli eventi principali di frana sul territorio nazionale che causano vittime, feriti, evacuati e danni a edifici, beni culturali e infrastrutture lineari di comunicazione primarie (172 eventi nel 2017, 146 eventi nel 2016, 311 eventi nel 2015, 211 nel 2014, ecc.).
Le aree a pericolosità da frana dei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) includono, oltre alle frane già verificatesi, anche le zone di possibile evoluzione dei fenomeni e le zone potenzialmente suscettibili a nuovi fenomeni franosi. I PAI, redatti ai sensi della L. 183/89, del D.L. 180/98 e s.m.i. (Atto di indirizzo e coordinamento 29/09/98, L. 267/98, L. 226/99 e L. 365/00) e del D.Lgs. 152/06, costituiscono uno strumento fondamentale per una corretta pianificazione territoriale attraverso l’applicazione di vincoli e regolamentazioni d’uso del territorio (es. vincolo di inedificabilità nelle aree a pericolosità molto elevata). I PAI sono strumenti dinamici che negli anni sono stati oggetto di integrazioni e modifiche da parte delle Autorità di Bacino (ora Autorità di Bacino Distrettuali), a seguito di nuovi studi e indagini, nuovi eventi idrogeologici, al completamento di interventi strutturali di mitigazione del rischio o su richiesta degli Enti locali. L’ISPRA, al fine di aggiornare la mappa della pericolosità da frana sull’intero territorio nazionale, ha proceduto, nel 2017, alla nuova Mosaicatura nazionale (v. 3.0 – Dicembre 2017) delle aree a pericolosità dei Piani di Assetto Idrogeologico, sulla base degli aggiornamenti forniti dalle Autorità di Bacino Distrettuali. In analogia con la Mosaicatura ISPRA 20152 , è stata utilizzata una classificazione della pericolosità per l’intero territorio nazionale in 5 classi: pericolosità molto elevata P4, elevata P3, media P2, moderata P1 e aree di attenzione AA. La superficie complessiva, in Italia, delle aree a pericolosità da frana PAI e delle aree di attenzione è pari a 59.981 km2 (19,9% del territorio nazionale) – Tabella 4.1.
Se prendiamo in considerazione le classi a maggiore pericolosità (elevata P3 e molto elevata P4), assoggettate ai vincoli di utilizzo del territorio più restrittivi, le aree ammontano a 25.410 km2 , pari all’8,4% del territorio nazionale (Tabella 4.2).
Come risulta evidente dall’analisi della mosaicatura della pericolosità da frana sul territorio nazionale emergono significative disomogeneità di mappatura e classificazione, dovute principalmente alle differenti metodologie utilizzate per la valutazione della pericolosità da frana. Le maggiori differenze si riscontrano tra le mappature di pericolosità che hanno classificato solo i poligoni di frana (es. Bacini idrografici dell’Alto Adriatico, Provincia Autonoma di Bolzano) e quelle che hanno classificato l’intero territorio (es. Regione Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento, Bacino dell’Arno) (vedi Rapporto integrale su Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio. Edizione 2018. Rapporti ISPRA 287/2018). La Toscana, Emilia-Romagna, Campania, Valle d’Aosta, Abruzzo, Lombardia, Sardegna e la Provincia Autonoma di Trento presentano le maggiori superfici (in km2 ) a pericolosità elevata P3 e molto elevata P4. Se consideriamo invece la percentuale di tali aree (P3+P4) rispetto al territorio regionale, i valori più elevati si registrano in Regione Valle d’Aosta, in Provincia di Trento, in Campania, Molise, Abruzzo, Toscana, Emilia-Romagna e Liguria.
Dal confronto tra la mosaicatura nazionale ISPRA 2017 e quella del 2015, emerge un incremento del 2,9% della superficie complessiva classificata dai PAI (classi P4, P3, P2, P1 e AA) e del 6,2% delle classi a maggiore pericolosità (elevata P3 e molto elevata P4). E’ stata registrata una riduzione del 19,5% delle aree di attenzione, che in buona parte sono state riclassificate come aree a pericolosità. Gli incrementi più significativi della superficie classificata a pericolosità elevata e molto elevata hanno riguardato il bacino del fiume Tevere nell’ambito del progetto di variante al Piano – VI stralcio funzionale per l’Assetto Idrogeologico – PAI, la regione Sardegna, il bacino dell’Arno, i bacini della Calabria, delle Marche, dell’Abruzzo, il bacino del Po in regione Lombardia, la provincia di Bolzano. Tali variazioni sono legate prevalentemente all’integrazione/revisione delle perimetrazioni, anche con studi di maggior dettaglio, e alla mappatura di nuovi fenomeni franosi. La mosaicatura nazionale della pericolosità da frana è stata utilizzata insieme ai dati relativi agli elementi esposti per la produzione di indicatori di rischio sull’intero territorio nazionale (Cap. 4).
Un’alluvione è l’allagamento temporaneo di aree che abitualmente non sono coperte d’acqua. L’inondazione di tali aree può essere provocata da fiumi, torrenti, canali, laghi e, per le zone costiere, dal mare. La Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni (Direttiva Alluvioni o Floods Directive – FD), ha lo scopo di istituire un quadro di riferimento per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni. E’ stata attuata in Italia con il D.Lgs. 49/2010. Il 3 marzo 2016 sono stati approvati in sede di Comitato Istituzionale Integrato (art. 4 comma 3 del D.Lgs. 219/2010) i Piani di Gestione del Rischio Alluvioni – PGRA adottati il 17 dicembre 2015. L’approvazione dei PGRA da parte del Consiglio dei Ministri è avvenuta il 27 ottobre 2016, per quasi tutti i distretti idrografici, ad eccezione di quello della Sicilia adottato con Decreto del Presidente della Regione Siciliana del 18 febbraio 2016, ma non ancora approvato. Concluso il primo ciclo di gestione, sono state avviate le attività necessarie alla revisione/aggiornamento degli adempimenti della FD relativamente al secondo ciclo di gestione (vedi Rapporto integrale ISPRA 287/2018)
L’ISPRA, al fine di aggiornare la mappa della pericolosità idraulica sull’intero territorio nazionale, ha proceduto nel 2017 alla nuova Mosaicatura nazionale (v. 4.0 – Dicembre 2017) delle aree a pericolosità idraulica, perimetrate dalle Autorità di Bacino Distrettuali. La mosaicatura è stata realizzata secondo i tre scenari di pericolosità del D. Lgs. 49/2010: elevata P3 con tempo di ritorno fra 20 e 50 anni (alluvioni frequenti), media P2 con tempo di ritorno fra 100 e 200 anni (alluvioni poco frequenti) e bassa P1 (scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi). Le aree a pericolosità idraulica elevata in Italia risultano pari a 12.405 kmq , le aree a pericolosità media ammontano a 25.398 kmq , quelle a pericolosità bassa (scenario massimo atteso) a 32.961 kmq . Le Regioni con i valori più elevati di superficie a pericolosità idraulica media, sulla base dei dati forniti dalle Autorità di Bacino Distrettuali, risultano essere Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia, Piemonte e Veneto.
Alla data dell’elaborazione (dicembre 2017) non era disponibile lo scenario a pericolosità elevata P3 e lo scenario a pericolosità bassa P1 per il territorio della ex Autorità di Bacino Regionale delle Marche. Lo scenario a pericolosità bassa non era inoltre disponibile per il territorio della ex Autorità di Bacino Conca-Marecchia e dei Bacini Regionali Romagnoli, ad eccezione delle Aree costiere marine, e per il reticolo di irrigazione e bonifica del territorio del bacino del Po ricadente nella Regione EmiliaRomagna. A causa di tali lacune, per le Regioni Emilia-Romagna e Marche le aree inondabili relative allo scenario P1 risultano inferiori a quelle dello scenario P2. Dall’analisi della mosaicatura si riscontra una certa disomogeneità legata al reticolo idrografico di riferimento che è stato oggetto di perimetrazione: in alcune porzioni del territorio nazionale è stato modellato soprattutto il reticolo principale, in altre è stato indagato con grande dettaglio anche il reticolo secondario collinare e montano (es. Regione Valle d’Aosta) o il reticolo secondario di pianura (es. canali di bonifica; Regione Emilia-Romagna). Dal confronto tra la mosaicatura nazionale ISPRA 2017 e quella del 2015, emerge un incremento dell’1,5% della superficie a pericolosità idraulica elevata P3, del 4% della superficie a pericolosità media P2 e del 2,5% della superficie a pericolosità bassa P1. Gli incrementi sono legati all’integrazione della mappatura in territori precedentemente non indagati (es. reticolo idrografico minore), all’aggiornamento degli studi di modellazione idraulica e alla perimetrazione di eventi alluvionali recenti. Gli incrementi più significativi della superficie classificata a pericolosità media hanno riguardato la regione Sardegna, il bacino del Po in regione Lombardia, i bacini delle Marche, il bacino del Tevere in regione Lazio, il bacino dell’Arno e quelli regionali toscani, i bacini della Puglia.
Le famiglie a rischio in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata (P3+P4) sono 538.034 pari al 2,2% del totale (Totale famiglie Italia: 24.611.766; Censimento ISTAT 2011).
Gli edifici a rischio in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata (P3+P4) sono 550.723 pari al 3,8% del totale (Totale edifici Italia 14.515.795; Censimento ISTAT 2011).
Le regioni con numero più elevato di edifici a rischio frane in aree a pericolosità P3 e P4 sono Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Calabria. Su base provinciale, le province di Salerno e Genova hanno il numero più elevato di edifici a rischio frane.
La popolazione residente esposta a rischio alluvioni in Italia è pari a: 2.062.475 abitanti (3,5%) nello scenario di pericolosità idraulica elevata P3 (tempo di ritorno fra 20 e 50 anni); 6.183.364 abitanti (10,4%) nello scenario di pericolosità media P2 (tempo di ritorno fra 100 e 200 anni) e 9.341.533 abitanti (15,7%) nello scenario P111 (scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi).
Le famiglie a rischio alluvioni in Italia sono 2.648.499 (10,8%) nello scenario a pericolosità idraulica media P2. Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria presentano il numero più elevato di famiglie a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità idraulica media.
Gli edifici a rischio alluvioni in Italia sono 1.351.578 (9,3%) nello scenario a pericolosità idraulica media P2. Le Regioni Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Piemonte presentano il numero più elevato di edifici a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità idraulica media.