[A cura di: Cna Installazione Impianti] È stato presentato nei giorni scorsi il ricorso al TAR avanzato da diverse imprese aderenti alla CNA, operanti nel settore della riqualificazione ed efficientamento energetico degli edifici, contro l’Agenzia delle Entrate per ottenere l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento emesso dall’Agenzia delle Entrate il 31 luglio 2019, n. 660057 recante “Modalità attuative delle disposizioni di cui all’articolo 10, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34”.
Nel ricorso viene evidenziato come il “core business” delle imprese ricorrenti sia proprio in quegli interventi “cui si correlano importanti agevolazioni fiscali per il soggetto a favore del quale vengono realizzati (contribuente), consistenti nella possibilità di portare in detrazione dall’imposta IRPEF una percentuale rilevante (variabile tra il 50 ed il 65%) del costo sostenuto per l’intervento medesimo”.
Si sottolinea inoltre come la disciplina applicativa di questi benefici fiscali sia stata più volte oggetto di modifica, l’ultima delle quali con l’art. 10 del DL 34/2019, convertito dalla l. 58/2019, che ha introdotto “un meccanismo agevolativo del tutto inedito, che si affianca a quello ordinario costituito dalla detrazione d’imposta, rispetto al quale risulta alternativo e (formalmente) opzionale”. La sua attuazione è stata demandata ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, provvedimento poi emanato il 31 luglio 2019, n. 660057, con cui sono state specificate le modalità applicative del meccanismo dello sconto.
Questa disciplina, unitamente a quella legislativa cui dà attuazione (il decreto Crescita), secondo le imprese ricorrenti non risulta conforme ai principi comunitari e nazionali in materia di concorrenza ed aiuti di Stato: infatti, il meccanismo dello “sconto”, si legge nel ricorso, “finisce per favorire il fenomeno della concentrazione di imprese, distorcendo, appunto, la concorrenza a beneficio delle grandi imprese ed a scapito di quelle minori. La misura finisce con l’essere un aiuto di stato selettivo in quanto favorisce, le grandi imprese e non tutte le imprese del settore indifferentemente, come era fino al decreto Crescita”.
Ne deriva che le imprese ricorrenti sono immediatamente lese nella loro attività di impresa dal momento che il loro core business è rappresentato da quegli interventi ammessi ai benefici fiscali.
A seguito dall’operatività completa delle norme del decreto Crescita le piccole e medie imprese sono pregiudicate dalla scelta normativa in quanto, non potendo sopportare dal punto di vista economico, gli effetti del venir meno del cash flow saranno destinate a cessare la loro attività. “E ciò perché – è scritto nel ricorso – le commesse da parte dei clienti saranno indirizzate unicamente nei confronti di quei grandi operatori che potranno sopportare, in ragione della loro capienza e forza contrattuale, gli effetti dello sconto e della compensazione negli anni”.