Nel 2030 le comunità energetiche rinnovabili potrebbero arrivare a sette gigawatt di potenza complessiva installata, confermandosi strumento utile al perseguimento della transizione energetica. Energia “fai da te” pulita, frutto dell’associazione tra cittadini, attività commerciali, imprese, enti territoriali, autorità locali, che possono unire le forze per produrre e condividere la propria energia elettrica.
Il tema è stato al centro del convegno “Le comunità energetiche rinnovabili: un’energia in MoVimento”, dove l’amministratore unico del Gse, Andrea Ripa di Meana, ha fatto il punto su un percorso avviato con il decreto Milleproroghe del 2020. A oggi, ha spiegato, “ci sono state 37 istanze di accesso: 23 gruppi di autoconsumatori e 14 comunità di energia rinnovabile, mentre la potenza media degli impianti fotovoltaici, al servizio di queste comunità, è tra 15 e 20 kW”.
La distribuzione territoriale evidenzia una discrepanza tra Nord e Sud: otto progetti per il Veneto, sette per il Piemonte, sei per la Lombardia, cinque per il Trentino Alto Adige; seguono il Friuli Venezia Giulia, l’Emilia Romagna e l’Abruzzo con due progetti, mentre in coda una sola iniziativa per Campania, Lazio, Sicilia, Marche e Toscana. Ma un aiuto potrebbe arrivare dal Pnrr: “Ipotizzando un trend di crescita simile al meccanismo dello scambio sul posto – ha spiegato Ripa di Meana – le prospettive di sviluppo al 2030 delle comunità energetiche sono di cinque GW di potenza in conto esercizio, più altri due GW che potrebbero arrivare grazie ai 2,2 miliardi di euro di finanziamenti a tasso zero previsti dal Pnrr, che coprono fino al 100% dei costi ammissibili per la costituzione di gruppi di autoconsumatori e di comunità di energia rinnovabile nei Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti”.
Tra le proposte avanzate dal Gestore dei servizi energetici figura anche “un obbligo di consegna al Gse a tariffa fissa dell’energia immessa non autoconsumata”.