Siamo molto perplessi sull’eventualità che il provvedimento sull’equo compenso possa riuscire ad essere veramente “equo” anche per la nostra categoria, dove in primis sarebbe necessario riconoscere che solo professionisti con adeguate competenze manageriali possano svolgere tale attività divenuta ormai molto complessa.
La denuncia in una nota a firma ANAIP (Associazione Nazionale Amministratori Immobiliari Professionisti), si riferisce alla misura che prevede per tutti i lavoratori autonomi non rientranti in alcun ordine o albo, e dunque anche gli amministratori di condominio, il cosiddetto equo compenso. Un provvedimento frutto dell’emendamento al testo del decreto fiscale n. 148/2017 che dovrà essere vagliato dalla Camera entro dicembre.
A differenza di tutte le altre professioni autonome – si legge nella nota –, nel nostro caso sarebbe applicabile solo quando si amministrano beni immobili di proprietà pubblica, mentre, nel caso si decidesse di applicarlo in ambito privato, finirebbe per discriminare l’amministratore di condominio professionista a vantaggio di quello improvvisato.
Infatti, considerando che per legge l’amministratore del classico condominio può essere anche un semplice condomino, spesso pensionato o dipendente pubblico, non necessariamente un lavoratore autonomo o professionista ai sensi della legge 4/2013 e della legge 81/2017 di cui si parla nel testo normativo – spiegano dall’Associazione – in sede assembleare nella scelta di un amministratore avrebbe la meglio il condomino/amministratore perché, non dovendosi attenere alle regole di un eventuale equo compenso, chiederebbe un onorario sicuramente inferiore a quello del professionista. Purtroppo sappiamo che, salvo poi pentirsene, la maggioranza dei condomini non guarda alle competenze professionali, ma all’incidenza economica del compenso dell’amministratore sulle proprie rate.Al di là delle motivazioni in parte condivisibili che hanno spinto ad inserire questo emendamento nel Decreto fiscale, approvato in prima lettura al Senato e ora all’attenzione della Camera, risulta evidente che si dovrà valutare di non danneggiare con l’inserimento di questo articolo alcune categorie, come ad esempio la nostra. In considerazione della legge 220/2012 perché sia “equo” anche in ambito privato, si dovrebbe imporre a tutti gli amministratori il rispetto di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, riconoscendo implicitamente che solo un soggetto con competenze professionali e manageriali può svolgere tale attività.
Ma anche in questo caso – concludono dall’ANAIP – un futuro Decreto del Ministro della Giustizia, al quale sarebbe demandato il compito di definire l’equo compenso delle singole attività professionali, in merito alla nostra dovrebbe considerare sia la tipologia dell’immobile amministrato e sia le differenze territoriali che ci sono per la valutazione dell’onorario di un amministratore immobiliare o condominiale. Parametri di cui hanno tenuto conto in parte l’Agenzia delle Entrate e la Sose con lo Studio di Settore della nostra categoria fino al 2016. Questo, a nostro avviso, è l’unico riferimento che oggi potrebbe essere preso in considerazione per definire una sorta di “tariffario minimo” per la categoria.