Emergenza abitativa; politiche fiscali; andamento del mercato immobiliare. Tante facce di un’unica medaglia che ha nome casa: un tema sempre più al centro del dibattito sociale ed istituzionale, tanto più alla vigilia dell’approvazione della Legge di Stabilità e nell’ottica dell’ormai prossima tornata elettorale.
Se negli ultimi trimestri i trend del mattone avevano lasciato adito ad un moderato ottimismo sulla ripresa del comparto (sul versante sia degli scambi sia dei prezzi) l’ultimo rilevamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate, relativo al periodo luglio-settembre, desta invece qualche preoccupazione, nei proprietari di immobili così come negli operatori di mercato. Nel lasso temporale in esame, le compravendite delle abitazioni sono state sì 122.378, e quindi in aumento dell’1,5% rispetto allo stesso trimestre del 2016, ma hanno fatto segnare un deciso rallentamento del tasso di crescita. Una frenata che non ha risparmiato il motore del settore: le grandi città (+2,1%).
Grandi città che sono contestualmente oggetto anche di un fenomeno parallelo in costante crescita: la presenza di immigrati, che influenza non poco il mercato della casa. Come rimarcato dal Censis nel 51° rapporto sulla situazione sociale del Paese, nel territorio di Roma e Milano risiedono circa 990.000 stranieri, poco meno di un quinto del totale nazionale (il 19,7%). Se si considerano, invece, le prime 6 province per presenza straniera (Roma, Milano, Torino, Brescia, Firenze e Napoli) si arriva ad un terzo del totale. A Bologna il numero di residenti stranieri tra il 2012 e il 2017 è cresciuto del 35%, mentre quello degli italiani dello 0,5%. A Napoli gli italiani diminuiscono dell’1,6%, gli stranieri aumentano del 77%.
Risultato? Si acuisce un mercato immobiliare “povero”, fatto all’inizio di stanze e poi, con il passare del tempo, di microcase, dove il fattore prezzo costituisce l’elemento centrale.
In questo quadro, è inevitabile che resti di grande attualità il tema di un sostegno politico all’abitare divenuto sempre più inadeguato, sia negli strumenti, sia nei finanziamenti. Di positivo c’è che nei giorni scorsi la quinta Commissione Bilancio del Senato ha approvato un emendamento alla Legge di Bilancio accogliendo le istanze del Coordinamento unitario dei proprietari immobiliari, e ricostituendo il Fondo sostegno affitti, con 20 milioni in due anni. Ma, come rimarca la stessa Uppi, “pur trattandosi di un passo avanti, serviranno altre risorse”.
Un segnale in quest’ultima direzione è rappresentato anche dai 2,4 milioni di euro stanziati dalla Giunta della Lombardia a favore dei proprietari di alloggi a libero mercato con inquilini morosi incolpevoli. Anche in questo caso, come evidenzia il segretario del Sunia Milano, Stefano Chiappelli, “è una misura insufficiente, malgrado incentivi a rimettere sul mercato gli alloggi sfitti privati, che solo Milano sono circa 70mila”.
Insomma, il problema è sempre lo stesso: la coperta è corta. E da ciò derivano non soltanto imposte sugli immobili ingenti, ma anche lo scetticismo verso ulteriori misure agevolative, come l’estensione della cedolare secca agli immobili commerciali (vedi articoli a pagina 2): provvedimento, quest’ultimo, che contribuirebbe anche a contrastare lo spopolamento di centri storici peraltro sempre meno abitati. Un dato fra i tanti, sempre a fonte Censis: a Venezia il centro storico oggi ha appena 56.000 residenti, poco più del 20% della popolazione comunale; nel 1956 i residenti nel centro erano oltre 160.000. Effetto anche di un fenomeno, questo sì, positivo: il boom delle presenze turistiche registrato nelle grandi città dal 2010 al 2016. Una risorsa che, però, meriterebbe di essere meglio governata e maggiormente valorizzata.
Il tutto sullo sfondo di un’Italia che dal punto di vista edilizio, residenziale e sociale, sta declinando la parola “casa” in forme forse imprevedibili dai suoi stessi attori fino soltanto a pochi anni fa.