Paolo Ciri, Professore di Diritto ed Economia
La proprietà immobiliare, in Italia, è molto frammentata, cioè poco concentrata in grandi società, piuttosto iscritta a nome di singoli cittadini, proprietari della casa ove abitano (il 75,2 % secondo lo studio “Gli immobili in Italia”, realizzata da Agenzia delle Entrate e Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia). Oppure proprietari di tre o quattro immobili, che utilizzano per lavorare o per avere una sicurezza per la vecchiaia.
Ci sono motivi tecnici per i quali il valore di queste proprietà va salvaguardato:
1 – sono ciò che si può dare in garanzia per avere credito. Senza garanzia non si accede al credito e non si può investire. Senza di loro non si può far crescere l’economia nazionale e individuale.
Non solo: in caso di un imprevisto bisogno non si può ottenere credito per farvi fronte. Il discorso vale per i privati e per le imprese.
2 – sono la garanzia che gli Istituto bancari possiedono a fronte dei crediti già concessi. Se crolla il valore degli immobili non c’è più garanzia: di fronte alla eventuale, ma frequente, insolvenza la banca non riuscirà a vendere l’immobile o lo dovrà vendere ad un prezzo che non copre il debito e le spese di procedura. Si pensi alla crisi mondiale innescata dalla bolla immobiliare statunitense, tristemente nota come “crisi Lehman Brothers del 2008”, o ai crack di varie banche italiane nel 2015.
3 – se l’immobile non ha valore non si andranno a fare spese di manutenzione e miglioramento. Si blocca l’indotto. Vastissimo. Si perdono posti di lavoro.
Eppure in Italia questo concetto non è interiorizzato. Il settore immobiliare è aggredito da:
– imposizione fiscale. La IMU è palesemente incostituzionale rispetto all’articolo 53: la Corte Costituzionale lo ha detto molte volte, cito solo le sentenze 91/94, 263/94, 113/96, 251/96, 111/97, 119/99, 190/99, 200/99, 331/00, 5/01, 401/02, 6/03. Per le stesse ragioni andrebbero ritenute incostituzionali anche le (gravose) tasse di acquisto, le ipocatastali e di registro. La IMU è gravosa e pesa, ovviamente, anche sugli immobili che non riescono a produrre reddito. E’ chiaro che il costo del possesso deprime il valore, rendendo meno appetibile l’acquisto. E non si dica che è bilanciata dalla cedolare secca. A parte il fatto che essa comporta la rinuncia agli adeguamenti Istat e, per la aliquota 10%, anche l’abbassamento delle pretese sotto al limite concordato dai sindacati.
A parte questo, però, all’estero, in moltissimi Paesi, la tassazione dei redditi immobiliari segue sì lo scaglione Irpef, quindi ha un livello percentuale comparabile al nostro, ma la base imponibile non è formata dall’introito lordo. Si detraggono, quasi come una azienda, le spese condominiali, di manutenzione, le mediazioni alle agenzie immobiliari, le addizioni, le consulenze professionali, perfino le spese di viaggio, in alcuni paesi. Alla fine il risultato è comparabile alla nostra miglior cedolare.
Per completezza aggiungo che noi abbiamo il contentino della detrazione forfettaria del 5%. Ma ricordo che era del 15% ! Poi il governo Monti, surrettiziamente, con un comma di una legge che riguardava il lavoro, il comma 74 dell’articolo 4 della legge numero 92 del 28/6/2012, la ha ridotta quasi a niente. Anche il 15% era poco, le varie spese di gestione normalmente sono molto più alte. E chiudiamo il confronto con l’estero dicendo che loro avranno le loro Carte Fondamentali, ma noi abbiamo la nostra Costituzione ed il suo articolo 53.
– settore finanziario. Ovviamente a livello di investimenti il finanziario è concorrente all’immobiliare, quindi una certa “guerra” è fisiologica. Se poi il settore finanziario sia politicamente molto più potente del frammentato immobiliare… lo giudichi il lettore !
– mafie. In alcune, molte, zone del Paese l’immobile è taglieggiato, senza protezione pubblica. E’ individuabile, combustibile, inamovibile, quindi è facile preda.
– giustizia. Superfluo parlare dei costi e, soprattutto, dei noti tempi della giustizia. Tempi che la rendono ingiusta. In caso di mancato pagamento il recupero del credito è pressoché impossibile e gli sfratti, quando non bloccati, hanno tempi biblici che fanno ridere a crepapelle l’inquilino moroso mentre si gode gratuitamente la casa, il negozio o l’ufficio per oltre un anno da quando ha smesso definitivamente di pagare.
– tempo, infine. La manutenzione degli immobili non può essere omessa, pena una rapida ed esponenziale perdita di valore fino alla non usabilità. I costi erodono il reddito fino anche ad azzerarlo, nonostante la selva di “bonus”, che, dai e dai, poi si perdono per incapienza. E non va sottovalutato l’impegno in termini gestionali che le manutenzioni richiedono. Un impegno di tempo e di energie che molti proprietari non possono permettersi o perché anziani o perché impegnatissimi nel loro mestiere.
Cosa occorrerebbe fare, dunque ?
Poco. Basterebbe uno sforzo di comprensione di questi concetti. Basterebbe parlare con i proprietari, rendersi conto della pura realtà. Qualche colloquio sarebbe sufficiente per cambiare mentalità, per considerare, finalmente, l’importanza del mattone per l’economia nazionale: come base, come motore e come stabilizzatore.
Fare in modo che gli immobili mantengano il valore e, magari di poco, ma lo incrementino non significa fare gli interessi dei proprietari! Significa trascinare, a catena, anzi, a valanga, decine di settori economici in un florido periodo di lavoro e di guadagno.