No a nuove patrimoniali sulla prima casa. È la posizione emersa dalla riunione del Coordinamento unitario dei proprietari immobiliari (Federproprietà, Confappi, Uppi, Movimento in difesa della casa) riunitosi nei giorni scorsi a Roma per valutare alcuni orientamenti che sono emersi nel corso del recente dibattito parlamentare e sindacale.
Secondo il Coordinamento, “un’ulteriore tassa o tributo, che si voglia chiamare, è equiparabile, in questo momento particolarmente difficile per le famiglie, ad uno scippo simile ad un precedente degli anni ’90. Se questa sciagura dovesse verificarsi, il Coordinamento dei proprietari di case dovrà valutarla necessariamente in vista delle prossime scadenze elettorali e a tal fine organizzerà manifestazioni in tutte le regioni contro i fautori del provvedimento. I proprietari di case, quindi, ribadiscono la loro contrarietà e si comporteranno di conseguenza”.
Come ricorda Jean-Claude Mochet, commercialista e presidente della Commissione fiscale UPPI, “dal 2012 le famiglie e le imprese italiane hanno versato quasi 156 miliardi di euro di IMU e TASI. Una patrimoniale a tutti gli effetti che, da un lato, ha alleggerito i portafogli dei proprietari di immobili e, dall’altro, ha deprezzato pesantemente abitazioni, negozi e capannoni che hanno perso fino al 40 per cento del proprio valore negli ultimi 10 anni. Confrontando i dati con quelli del 2011, ultimo anno di ICI, emerge che la variazione di gettito sugli immobili è aumentata del 114%: 8 anni fa i Comuni incassavano poco meno di 10 miliardi di euro, mentre tra IMU e TASI l’anno scorso ne hanno recuperato 21 miliardi. La pressione fiscale ha raggiunto una soglia davvero problematica per coloro che negli anni hanno investito nel mattone. Dal lato delle imprese è bene sottolineare che il capannone non è un elemento di ricchezza ma un bene fondamentale per produrre e operare e non produce reddito, così come l’abitazione concessa in uso ad un famigliare”.
Sulla base di tutte queste considerazioni, Mochet ribadisce che “aumentare le tasse sulla casa, introducendo patrimoniali come IMU e TASI, non fa diminuire il debito pubblico, anzi genera una perdita di ricchezza dalle 40 alle 80 volte circa rispetto al gettito ottenuto. Proprio il governo Monti, che avrebbe dovuto salvare l’Italia dallo spread, con l’inasprimento delle misure di austerità ha causato un crollo del PIL che, nel 2012, è sceso del 2,8%. Le misure di austerità hanno incrementato il rapporto debito/PIL dal 117% del 2011 al 129% del 2013. Secondo il presidente della Commissione Ue l’Italia deve fare di più per la crescita. La stessa Commissione è preoccupata del fatto che gli indici economici italiani continuino a regredire. A differenza del passato questa volta non sono stati forniti suggerimenti illuminati come la richiesta di attivare politiche di austerità. Tra i responsabili della scarsa crescita economica infatti ci sono proprio il Fondo Monetario Internazionale e la Commissione Europea, che da anni impongono ricette avulse dalla realtà specifica dell’Italia, dimenticando quanto alta sia già la nostra pressione fiscale, anche per via delle imposte indirette. Tassare ancora di più i consumi e gli immobili appare una scelta quantomeno originale se l’obiettivo è di favorire la crescita e gli investimenti”.
Quindi, il nuovo richiamo alla patrimoniale: “Comunque la si voglia chiamare – conclude Mochet – è una proposta inaccettabile, anche perché si tratta di una ricetta obsoleta, già sperimentata con risultati fallimentari, poiché non permetterebbe il rilancio di investimenti pubblici e privati o la riduzione del debito pubblico, ma impoverirebbe ulteriormente gli italiani già vessati dall’IMU e dalla TASI. Il Paese ha, invece, bisogno di politiche espansive della domanda, di riduzione della tassazione in generale e, in particolare, sulla casa”.