LA RIFORMA DEL CATASTO TORNA D’ATTUALITÀ MA RESTA IL NODO DELL’INVARIANZA DI GETTITO
La riforma del catasto torna d’attualità? L’input della Commissione Ue c’è stato. Ma se davvero così fosse, quali sono le reazioni di chi opera a vario titolo nel comparto della casa? La risposta è: sono contrastanti. Prima ad intervenire, Confedilizia: “Pare che il Governo Gentiloni stia pensando di riesumare quella riforma del catasto che il Governo Renzi aveva ritirato, nel giugno del 2015, perché non forniva adeguate garanzie di invarianza di gettito, aprendo all’opposto uno scenario di ulteriori aumenti di tassazione sugli immobili, mascherati attraverso improbabili redistribuzioni. Quella legge delega è scaduta e non è certo questo il momento per iniziare un nuovo percorso, checché ne dica la Commissione europea, che inserisce pigramente il tema catasto nelle sue rituali raccomandazioni in formato copia e incolla, senza avere un minimo contatto con la realtà. Per il settore immobiliare l’urgenza non è la riforma del catasto, ma una decisa riduzione di un carico fiscale, che dal 2012 è stato quasi triplicato e che continua a causare danni incalcolabili a tutta l’economia: crollo dei valori, impoverimento, caduta dei consumi, desertificazione commerciale, chiusura di imprese, perdita di posti di lavoro. Dovrebbe essere questa la priorità di un Governo responsabile”.
Di diverso avviso l’ingegner Sandro Simoncini, docente di Urbanistica presso l’università Sapienza di Roma: “Ci voleva l’ennesima bacchettata dell’Unione Europea perché tornasse alla ribalta il tema della riforma del catasto, una delle grandi incompiute dell’attuale legislatura. A un paio d’anni di distanza dall’ultimo, infruttuoso tentativo, il Governo sembrerebbe orientato a ripercorrere la stessa strada, tenendo ben saldo il principio dell’invarianza di gettito come architrave del provvedimento. Tuttavia, se così fosse, è inevitabile ritenere che si andrà verso un altro nulla di fatto”.
Quale alternativa? Secondo il professor Simoncini: “Il buon senso imporrebbe di procedere al più presto alla revisione delle rendite catastali, mettendo fine alle clamorose sperequazioni esistenti soprattutto nei grandi centri urbani e ancorando i valori a criteri improntati il più possibile all’equità sociale. Risulta paradossale, ad esempio, che un’abitazione di lusso in pieno centro storico a Roma abbia una base imponibile minore di un appartamento di periferia: ciò perché la classificazione è ormai obsoleta e non tiene conto di criteri fondamentali e oggettivi, come ad esempio il valore di mercato dell’immobile. Bloccare tutto per non derogare all’invarianza di gettito significa voler mantenere intollerabili privilegi. Non si può nemmeno chiedere ai Comuni di rinunciare a un adeguamento della tassazione che ne scaturirebbe solo per evitare di scontentare qualcuno. Allo stesso tempo, per rendere più organica la riforma, si potrebbe studiare una progressività delle imposte proporzionata alle disponibilità finanziarie del proprietario: pagare Imu e Tasi anche sulla prima casa non costituirebbe un problema per chi ha un reddito consistente, mentre si potrebbero contenere gli importi, ad esempio, per coloro che si trovassero a ereditare una abitazione di pregio non avendo delle entrate adeguate”.