Le case popolari vanno assegnate ai lavoratori autonomi tanto quanto a quelli dipendenti. E’ il fulcro della sentenza, depositata il 28 maggio scorso (la pronuncia è di un mese prima, il 27 aprile, ndr), con cui la Corte Costituzionale ha di fatto reso invalida una parte del “Testo unico delle leggi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica” del 2009 della Regione Lombardia.
Nella sentenza della Corte, presieduta da Giancarlo Coraggio, viene dichiarata “l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 3, ultimo capoverso, e comma 4, lettera a), della legge della Regione Lombardia 4 dicembre 2009, n. 27 […] nella parte in cui non consentono di inquadrare nell’area della protezione, ai fini della determinazione del canone di locazione sopportabile, i nuclei familiari con redditi da lavoro autonomo con Isee-Erp di valore corrispondente a tale area”.
Il testo in questione, risalente al terzo mandato di Roberto Formigoni, momento in cui l’assessorato alla Casa era nelle mani dell’esponente dei Democratici Cristiani Mario Scotti, prevede che per l’assegnazione degli alloggi popolari venga data priorità ai lavoratori dipendenti sugli autonomi. Questa distinzione, però, non trova motivo di sussistere secondo la Corte Costituzionale, nè in relazione a un diverso sistema di tassazione delle tipologie di lavoratori nè in virtù del versamento, da parte di chi ha svolto lavoro dipendente, delle quote Gescal, fondo dedicato proprio a finanziare l’edilizia popolare ma ormai soppresso da quasi 50 ann