Le scale dell’edificio condominiale, indicate dall’articolo 1117 del codice civile tra i beni che, salvo diversa disposizione risultante dal titolo, costituiscono oggetto di proprietà comune (si badi bene, osserva autorevole dottrina –Gallucci A.- non si presumono di proprietà comune, ma costituiscono oggetto di un vero e proprio diritto di condominio, superabile unicamente attraverso una differente pattuizione contrattuale privata, come stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4501/2015, richiamando il precedente costituito dalla sentenza n. 7449 del 1993 resa dalla stessa Suprema Corte a Sezioni Unite), sono dei manufatti che, per caratteristiche strutturali, funzione (anche sociale) e posizionamento all’interno del fabbricato, devono avere particolari requisiti tecnici, indicati dalla normativa di riferimento: la Legge 13/1989, rubricata “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” e dal suo Regolamento di attuazione, contenente le norme tecniche da seguire per la loro edificazione, ossia il Decreto Ministeriale 236/89.
In particolare, l’articolo 4.1.10 del citato Regolamento stabilisce le prescrizioni vincolanti in sede di progettazione, ma, soprattutto, di costruzione delle scale. Di seguito, il testo integrale della disposizione, utile per un riferimento immediato ed agevolmente fruibile:
“Le scale devono presentare un andamento regolare ed omogeneo per tutto il loro sviluppo. Ove questo non risulti possibile è necessario mediare ogni variazione del loro andamento per mezzo di ripiani di adeguate dimensioni. Per ogni rampa di scale i gradini devono avere la stessa alzata e pedata. Le rampe devono contenere possibilmente lo stesso numero di gradini, caratterizzati da un corretto rapporto tra alzata e pedata. Le porte con apertura verso la scala devono avere uno spazio antistante di adeguata profondità. I gradini delle scale devono avere una pedata antisdrucciolevole a pianta preferibilmente rettangolare e con un profilo preferibilmente continuo a spigoli arrotondati. Le scale devono essere dotate di parapetto atto a costituire difesa verso il vuoto e di corrimano. I corrimano devono essere di facile prendibilità e realizzati con materiale resistente e non tagliente. Le scale comuni e quelle degli edifici aperti al pubblico devono avere i seguenti ulteriori requisiti: 1) la larghezza delle rampe e dei pianerottoli deve permettere il passaggio contemporaneo di due persone ed il passaggio orizzontale di una barella con una inclinazione massima del 15% lungo l’asse longitudinale; 2) la lunghezza delle rampe deve essere contenuta; in caso contrario si deve interporre un ripiano in grado di arrestare la caduta di un corpo umano; 3) il corrimano deve essere installato su entrambi i lati; 4) in caso di utenza prevalente di bambini si deve prevedere un secondo corrimano ad altezza proporzionata; 5) è preferibile una illuminazione naturale laterale. Si deve dotare la scala di una illuminazione artificiale, anche essa laterale, con comando individuabile al buio e disposto su ogni pianerottolo. 6) Le rampe di scale devono essere facilmente percepibili, anche per i non vedenti.”
Il successivo articolo 8, rubricato “Specifiche funzionali e dimensionali” entra ancora di più nel tecnicismo e stabilisce che: “Le rampe di scale che costituiscono parte comune o siano di uso pubblico devono avere una larghezza minima di 1,20 m ed avere una pendenza limitata e costante per l’intero sviluppo della scala. I gradini devono essere caratterizzati da un corretto rapporto tra alzata e pedata (pedata minimo 30 cm): la somma tra il doppio dell’alzata e la pedata deve essere compresa tra 62-64 cm. Il profilo del gradino deve presentare preferibilmente un disegno continuo a spigoli arrotondati, con sottogradino inclinato rispetto al grado, e formante con esso un angolo di circa 75°-80°. In caso di disegno discontinuo, l’aggetto del grado rispetto al sottogradino deve essere compreso fra un minimo di 2 cm e un massimo di 2,5 cm. Un segnale al pavimento (fascia di materiale diverso o comunque percepibile anche da parte dei non vedenti), situato almeno a 30 cm dal primo e dall’ultimo scalino, deve indicare l’inizio e la fine della rampa. Il parapetto che costituisce la difesa verso il vuoto deve avere un’altezza minima di 1,00 m ed essere inattraversabile da una sfera di diametro di cm 10. In corrispondenza delle interruzioni del corrimano, questo deve essere prolungato di 30 cm oltre il primo e l’ultimo gradino. Il corrimano deve essere posto ad una altezza compresa tra 0,90-1 m. Nel caso in cui è opportuno prevedere un secondo corrimano, questo deve essere posto ad una altezza di 0,75 m. Il corrimano su parapetto o parete piena deve essere distante da essi almeno 4 cm. Le rampe di scale che non costituiscono parte comune o non sono di uso pubblico devono avere una larghezza minima di 0,80 m. In tal caso devono comunque essere rispettati il già citato rapporto tra alzata e pedata (in questo caso minimo 25 cm), e l’altezza minima del parapetto.”
All’amministratore, nell’esercizio delle sue attribuzioni specifiche sancite dall’articolo 1130 del codice civile, il compito di preservarne l’integrità, anche al fine di evitare al condominio ipotesi di responsabilità risarcitoria da omessa custodia, ai sensi dell’articolo 2051 del codice civile, per il caso di sinistri derivanti dall’omessa manutenzione delle stesse o dal loro cattivo stato di conservazione.
Le problematiche derivanti dalla ripartizione delle spese
Secondo il disposto dell’articolo 1124 del codice civile, le spese relative alla manutenzione ed alla sostituzione delle scale (analogamente a quanto previsto per gli ascensori) sono sostenute dai proprietari delle unità immobiliari che se ne servono, per metà in ragione del valore dei singoli appartamenti e per metà in proporzione all’altezza di ciascun piano dal suolo.
Parrebbe, dunque, potersi desumere dal tenore letterale della norma che i proprietari dei magazzini commerciali e dei garages, rispettivamente posti al piano strada e nei seminterrati, non aventi accesso diretto all’androne condominiale, in quanto non utilizzatori diretti delle scale, potrebbero disinteressarsi dei costi relativi alla gestione di questi manufatti.
Al contrario, dall’analisi della giurisprudenza di seguito riportata, è agevole desumere la vigenza del principio di segno assolutamente contrario, con buona pace degli amici proprietari dei locali fronte-strada, i quali, al pari degli altri condòmini, sono interessati alla ripartizione delle spese deliberate dall’assemblea aventi ad oggetto le scale interne all’edificio.
Vediamo di comprendere il senso dell’orientamento giurisprudenziale, in effetti pacifico, che parrebbe contrastare con la prassi solitamente vigente in condominio della partecipazione alle spese relative ai (soli) beni che si utilizzano effettivamente.
Una pronuncia di merito destinata a far discutere
La Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 2215/2021 ha sancito il principio per effetto del quale le scale, in quanto strumentali ed essenziali per la costruzione del fabbricato, oltre che necessarie a tutti i condòmini, indipendentemente dall’ubicazione della rispettiva proprietà, per accedere al tetto ed al terrazzo (che, pacificamente, rientrano nell’elencazione dell’articolo 1117 del codice civile), sono parti comuni anche per i proprietari dei negozi con accesso dalla strada.
Salvo contraria disposizione contenuta nel titolo d’acquisto (o nel regolamento condominiale di natura contrattuale) anch’essi, infatti, se ne servono (almeno potenzialmente), non foss’altro che ai fini della conservazione e della manutenzione della copertura dell’edificio.
La Corte d’Appello barese, dunque, ha ribadito la fondatezza della pretesa degli attori, già affermata dal Tribunale in primo grado, sostenendo che la proprietà di una scala (nel caso di specie) esterna al fabbricato (anche se realizzata da uno solo degli originari comproprietari e pure se ubicata fra l’ultimo piano e le soffitte sottotetto, di proprietà esclusiva) non può, in ogni caso, essere sottratta alla comproprietà della residua compagine condominiale, a causa della presenza sul terrazzo comune di un’antenna tv centralizzata.
Su tale presupposto, i lavori realizzati sul manufatto dai proprietari (degli appartamenti) che ne rivendicavano la proprietà esclusiva, sono stati dichiarati illegittimi e ne veniva ordinata la rimozione.
I precedenti della Cassazione
La Corte distrettuale, a sostegno della posizione assunta, si rifà all’orientamento consolidato della Suprema Corte (Cass. Civ. n. 21622/2021; Cass. Civ. 36377/2022) secondo il quale la presunzione di condominialità che opera rispetto all’elencazione delle parti comuni contenuta nell’articolo 1117 del codice civile, può superarsi, non con ogni indizio contrario, ma solo tramite le risultanze di un determinato titolo. In particolare, dal titolo contrario (o dal regolamento condominiale di natura contrattuale) deve risultare in maniera espressa che le cose in contestazione o della cui comproprietà si controverte, oggettivamente e per connotati strutturali, siano destinate al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari.
Naturalmente, la prova della destinazione in oggetto è a carico di chi la reclama e solo a seguito del rigoroso assolvimento di tale onere probatorio potrà ritenersi soddisfatto il dettato normativo.
Nello stesso senso, ricordiamo un’altra importante pronuncia dalla quale emerge l’indiscutibile condominialità delle scale, (anche) funzionalmente necessarie per garantire la corretta manutenzione della copertura dell’immobile condominiale: “Le scale sono elementi necessari alla configurazione di un edificio diviso per piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva e mezzo indispensabile per accedere al tetto o alla terrazza di copertura, anche al fine di provvedere alla loro conservazione; tali beni hanno natura di beni comuni ex art. 1117 c.c., anche relativamente ai condomini proprietari dei negozi con accesso dalla strada, essendo anch’essi interessati ad usufruire delle scale, e quindi dei pianerottoli, perché interessati alla conservazione (e manutenzione) della copertura dell’edificio della quale anch’essi godono.” (Cass. civ., sez. II, 20/04/2017, n. 9986)
Tale orientamento, peraltro, è stato di recente ribadito dalla Suprema Corte, la quale, riconoscendo la legittimità dell’apertura praticata dal proprietario esclusivo di un locale con ingresso diretto dalla strada per accedere all’androne, al fine di poter utilizzare una parte dell’edificio da ritenersi comune, senza pregiudizio per gli altri condomini, ha affermato che: “In tema di condominio negli edifici, l’androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell’art 1117 cod. civ., anche dei proprietari di locali terranei, che abbiano accesso direttamente dalla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato come diviso in proprietà individuali, per piani o porzioni di piano, e rappresentano, inoltre, tramite indispensabile per il godimento e la conservazione, da parte od a vantaggio di detti soggetti, delle strutture di copertura, a tetto od a terrazza.” (Corte di Cassazione, ordinanza n. 14003 del 22 maggio 2023)
In quest’ottica, trattandosi di elementi strutturali necessari all’edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, le scale conservano, in assenza di titolo contrario, la qualità di parti comuni anche rispetto a quei condòmini che siano proprietari di negozi o locali con accesso dalla strada, poiché anche costoro, almeno potenzialmente, ne fruiscono e devono poterne usufruire, per raggiungere la copertura dell’edificio; né osta a tale conclusione l’ultimo comma dell’articolo 1123 del codice civile, che, proprio sul presupposto di tale comunione disciplina la ripartizione delle spese per la loro manutenzione, ispirandosi al criterio dell’utilità che ciascun condòmino, o gruppo di condòmini, possa eventualmente trarne, senza in alcun modo porre in discussione la comproprietà o, più precisamente, la condominialità delle scale, sulla base di quel diritto di condominio sancito dalla Cassazione e richiamato in apertura di commento (Cass. civ., sez. II, 21/05/2015, n. 10483).
Ricordiamo, al riguardo, il dettato del primo comma dell’articolo 1124 del codice civile, dalla cui analisi siamo partiti, al fine di analizzarne il contenuto: “Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.”
Sulla scorta dei precedenti giurisprudenziali evidenziati, dunque, i (proprietari dei) negozi, (de)i garages senza accesso diretto alle scale o (di) quei locali che abbiano accesso diretto dalla strada, lungi dall’essere esclusi dalla spesa, vi contribuiranno solo per la metà relativa al valore millesimale, essendo pari a zero il coefficiente di altezza, in conformità ai principi espressi anche nella relazione illustrativa al codice del 1942, e per come è chiaramente sancito dal secondo comma dell’art. 1124 c.c. (Trib. Massa, 10 ottobre 2018).
Va, infine, chiarito che, in ogni caso, per scale non s’intendono soltanto gli scalini, nella loro entità materiale, ma anche tutti gli accessori ad esse relativi, quali, ad esempio, ringhiere, passamani, e ballatoi e pianerottoli.
Le conclusioni
Scale e pianerottoli, pertanto, secondo l’orientamento giurisprudenziale in commento, rientrano tra i beni comuni anche se realizzati da uno solo degli originari comproprietari ed anche se, come nel caso esaminato dalla Corte d’Appello di Bari, siano posti fra l’ultimo piano e le soffitte sottotetto appartenenti ad un unico proprietario.
La motivazione va ricercata nel fatto che esse, non solo costituiscono una struttura essenziale per l’esistenza stessa del fabbricato, ma sono mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura.
Per questa medesima considerazione, se ne deve affermare la natura di bene giuridico di proprietà condominiale anche rispetto ai proprietari dei negozi con accesso strada.
a cura dell’Avv. Roberto Rizzo, Membro del Centro Studi di GESTIRE