Il 10 ottobre scadono i termini per il versamento dei contributi per il lavoro domestico. Sono chiamati a questo adempimento le famiglie che hanno dei lavoratori che si occupano dei servizi domestici o dei familiari (colf, badanti e baby sitter). Il versamento dei contributi avviene ogni tre mesi e sono relativi al trimestre precedente.
Proprio alla vigilia di questa scadenza, emerge che, conti alla mano, nei primi sei mesi del 2023 si è registrato un aumento medio del costo dei servizi offerti dai collaboratori domestici di 58 euro, che diventano quasi 80 euro netti nel caso di badanti.
Quello dei collaboratori domestici è un settore in crescita esponenziale, se si pensa che dal 2000 al 2022 l’occupazione è cresciuta del 30,5%, contro un dato medio del 10,9%. Ma anche in continua lotta con il lavoro nero, visto che il 35,6% del totale dei rapporti irregolari si concentra nelle collaborazioni domestiche, a fronte di un peso sull’occupazione che vale il 7,8%.
Sono questi alcuni dei risultati dell’indagine contenuta nel del rapporto 2023 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato da Assindatcolf (Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico), in collaborazione con Fondazione studi consulenti del lavoro.
“Al fine di studiare gli effetti prodotti sui consumi delle famiglie – è scritto nella ricerca – a luglio Assindatcolf ha promosso un’indagine presso i propri associati, da cui risulta che nei primi sei mesi dell’anno la spesa che queste hanno sostenuto per servizi domestici è mediamente aumentata di 58 euro al mese (+7,8%), passando da 733 di gennaio a 791 di luglio”. Nel dettaglio, la retribuzione corrisposta mediamente alla colf è passata da 546 euro netti di gennaio ai 561 di luglio; della baby-sitter da 747 a 859, mentre per le badanti, l’incremento netto si avvicina ai 100 euro, passando da 1.146 a 1.224.
Tale balzo in avanti ha causato ricadute sulla spesa, diventata insostenibile per il 36,9% delle famiglie: a gennaio dello stesso anno la percentuale era del 25,6%. Per quanto riguarda la crescita degli occupati, il + 30,5% si traduce in 2,5 milioni di posti di lavoro in 20 anni, di cui il 13,3% (334 mila) “sorti grazie alle famiglie italiane”. Un dato che deve necessariamente fare i conti, inoltre, con il lavoro sommerso. “Nelle collaborazioni domestiche si concentra il grosso dell’occupazione dipendente irregolare in Italia, pari al 35,6% del totale; un dato eclatante se si considera che il settore pesa, in termini occupazionali, per il 7,8% sul totale dell’economia”.
Se le attività di collaborazione domestiche fossero tutte “in chiaro”, si apprende ancora dalla ricerca, il tasso di irregolarità del lavoro dipendente in Italia passerebbe dall’attuale 11,4% al 7,3%. Nonostante la crescita degli ultimi vent’anni, comunque nel 2022 il settore delle collaborazioni ha registrato una flessione occupazionale di quasi 100 mila occupati. “Oltre al caro vita e ad un fisiologico ridimensionamento successivo alla sanatoria introdotta con il dlgs 52/2020, che aveva prodotto un netto incremento del numero di collaboratori – spiegano gli analisti – pesa anche l’innalzamento dell’età media dei collaboratori. Un fenomeno, quest’ultimo, che determinerà un fabbisogno crescente di nuovi collaboratori nei prossimi anni. Basti pensare che, negli ultimi dieci anni, la quota di collaboratori con più di 50 anni è passata dal 34,6% del 2013 al 52% del 2022. E per quanto riguarda le badanti tocca il 62,2%”.