L’ottenimento dell’indipendenza energetica dalle fonti tradizionali ad idrocarburi rappresenta certamente l’obiettivo principale perseguito, negli ultimi anni, dalla Comunità Europea la quale, per incentivare al massimo l’utilizzo dell’energia da fonti rinnovabili, non comportanti immissioni di CO2 nociva per l’ambiente, avvalendosi dell’attività legislativa della Commissione, ha stabilito una serie di misure vincolanti per gli Stati membri, che delineano un quadro normativo di riferimento estremamente complesso, che, tuttavia, ruota intorno ad alcuni elementi ben individuabili.
Il punto di partenza della nostra analisi non può che essere rappresentato dalla Direttiva 2018/2001/UE (la c.d. RED II), e dal suo Decreto attuativo, il D. Lgs. 199/2021, entrato in vigore in Italia il 15 dicembre 2021, i quali hanno impresso una svolta epocale nel processo di diffusione dell’energia “pulita”.
Se, infatti, la RED II, ha introdotto i concetti di Comunità di energia rinnovabile (CER) e di autoconsumatori di energia rinnovabile, poi ripresi nella Legge di conversione del c.d. Decreto Milleproroghe (la n. 8 del 28 febbraio 2020), il D. Lgs. 199/2021 ha sancito l’obbligo di coprire per almeno il 60% il fabbisogno energetico degli edifici privati, nuovi o soggetti a ristrutturazioni rilevanti, utilizzando le fonti rinnovabili.
Altro momento essenziale della strategia d’intervento comunitaria è rappresentato dal c.d. Piano REPowerEU, che, lanciato nel maggio 2022, si è posto l’ambiziosa finalità di differenziare l’approvvigionamento energetico dei singoli Stati membri contenendo i costi e stanziando, a detti fini, oltre 210 miliardi di euro per i successivi 5 anni.
Infine, merita un cenno il Regolamento UE 2022/2577, adottato dal Consiglio dell’Unione Europea nella seduta del 22 dicembre 2022, che, certamente, costituisce il momento di maggiore rilevanza nella semplificazione delle procedure proprie della transizione ecologica già recepita dal PNRR, ed attuativa del cosiddetto piano europeista “Fit for 55”, mirante, a sua volta, a ridurre del 55% le immissioni nell’atmosfera di gas a effetto serra entro il 2050.
Tale ultimo arresto ha ridotto ai minimi termini le procedure autorizzative per l’installazione dei pannelli fotovoltaici, riducendo all’essenziale la fase preliminare del c.d. permitting.
A livello nazionale, è con il Decreto Legge 1° marzo 2022, n. 17 (c.d. Decreto Energia), convertito con modificazioni nella Legge n. 34/2022, che si è avviato, di fatto, il processo relativo all’inserimento dell’installazione dei pannelli fotovoltaici in edilizia libera.
Per effetto del D. L. 17/2022, infatti, l’installazione di impianti solari, fotovoltaici e termici, di potenza non superiore a 200 Kw, a copertura degli edifici, è stata qualificata come manutenzione ordinaria, e dunque come attività di edilizia libera, secondo quanto sancito dall’articolo 6 del D.P.R. 380/01.
Contestualmente, per effetto delle Delibera dell’ARERA n. 674 del 06 dicembre 2022, all’installazione dei pannelli fotovoltaici è stata estesa la procedura semplificata del c.d. Modello Unico, che prevede la possibilità, per l’utente, di effettuare le comunicazioni di rito al GSE attraverso un format scaricabile direttamente on line.
L’impianto fotovoltaico condominiale come innovazione sociale
Se questa è la situazione dal punto di vista edilizio ed urbanistico (che, dunque, nel rispetto delle norme inderogabili e cogenti del D.P.R. 380/2001, della normativa antisismica, delle prescrizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e delle disposizioni vigenti a livello locale e territoriale, consente di installare i pannelli fotovoltaici senza preventiva autorizzazione amministrativa e/o acquisizione di titolo edilizio), dal punto di vista strettamente condominiale –senza entrare nel merito delle eventuali agevolazioni fiscali, per esigenze di sintesi- occorre fare i conti con le disposizioni del codice civile, avendo cura di differenziare il caso dell’installazione di un impianto condominiale, da quello dell’installazione del fotovoltaico da parte di un singolo condòmino, sul proprio balcone privato o sul un lastrico solare.
Nella prima ipotesi (impianto solare o fotovoltaico condominiale) siamo nell’ambito delle innovazioni, in quanto, come ha stabilito la Corte di Cassazione: “costituisce un’innovazione non già una qualsiasi modificazione della cosa comune ma solamente quell’opera destinata ad alterare l’entità materiale del bene, operandone la trasformazione ovvero mutandone la destinazione per effetto della diversa consistenza materiale del manufatto in seguito all’esecuzione delle opere ovvero per essere lo stesso utilizzato per il conseguimento di fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione delle opere.” (Cass. civ., Sez. Unite, sent. 3 aprile 2020, n. 8435)
La disposizione di riferimento, in materia, è, dunque, quella contenuta nell’articolo 1120, secondo comma, n. 2), dalla quale ricaviamo che i condòmini, con la maggioranza (agevolata) prevista dal secondo comma dell’articolo 1136 del codice civile (ossia la maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio), possono validamente deliberare l’installazione di un impianto fotovoltaico, in quanto trattasi di innovazione finalizzata al contenimento del consumo energetico del fabbricato, come tale rientrante nell’ambito delle c.d. innovazioni sociali, alle quali il Legislatore guarda con particolare favore, prevedendo dei quorum deliberativi ridotti.
Ricordiamo, infatti, che per le innovazioni non aventi detto carattere “sociale”, il primo comma dell’articolo in commento prevede che la relativa delibera sia approvata con una maggioranza più elevata, ossia con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio.
L’amministratore dovrà, comunque, convocare l’assemblea finalizzata all’adozione della delibera d’installazione entro trenta giorni dalla richiesta pervenuta anche da parte di un solo condòmino, avendo cura di richiedere, ove non allegata all’istanza, adeguata illustrazione tecnica delle opere che si intendono realizzare.
Ovviamente, occorre sempre aver bene a mente che, secondo la richiamata disciplina codicistica, sono, comunque, vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne rendano talune parti comuni inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condòmino o che ne alterino il decoro architettonico, secondo la definizione fornita dalla giurisprudenza di legittimità: “(…) per decoro architettonico del fabbricato condominiale, ai fini della tutela prevista dall’art. 1120 c.c., deve intendersi l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia, e che quindi contribuiscono a conferirgli una specifica identità.” (Cassazione Civile, sez. II, 16 gennaio 2007, n. 851)
Ricordiamo, a conclusione del punto, che la migliore dottrina, prima e la giurisprudenza della Corte di Cassazione a sezioni unite, di recente (nell’erigere la categoria dell’annullabilità a patologia generale delle determinazioni assembleari, riservando alla nullità carattere residuale), hanno osservato come le deliberazioni dell’assemblea dei condòmini che abbiano approvato delle innovazioni vietate nel senso sopra indicato, e come tali illegittime, debbano senza dubbio considerarsi nulle per violazione di norme imperative e, dunque, per illiceità dell’oggetto (in questo senso De Tilla M., Triola R.; Cass. SS. UU. sentenza n. 9839/2021)
L’installazione dei pannelli da parte del singolo condòmino e gli eventuali divieti regolamentari
Nella seconda ipotesi di cui in premessa, invece, senza dubbio la norma codicistica alla quale fare riferimento è, prioritariamente, l’articolo 1102 del codice civile, a mente del quale ciascuno può fare uso della cosa comune (nel caso dell’impianto fotovoltaico, ad esempio, il lastrico solare) in maniera da trarne particolare vantaggio, senza alterarne la destinazione originaria e senza compromettere l’uguale diritto degli altri condòmini a farne un uso (potenziale) paritetico.
Tale norma va letta in combinato disposto con l’articolo 1122 del codice civile, secondo cui al singolo è sempre consentita la realizzazione di opere all’interno della sua proprietà individuale (quale potrebbe essere, il balcone privato), purché non alteri la sicurezza, la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato, dandone preventiva comunicazione all’amministratore, affinché questi ne informi l’assemblea, e con l’articolo 1120 del codice civile, che vieta le innovazioni che possano arrecare pregiudizio al bene comune, in violazione dei medesimi limiti già elencati nell’articolo 1122 del codice civile.
Dirimente è, poi, il contenuto dell’articolo 1122 bis del codice civile, che disciplina un procedimento del tutto particolare, in virtù del quale il singolo può realizzare un impianto fotovoltaico al servizio del proprio appartamento, sulla base di quanto stabilito al secondo ed al terzo comma: “È consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.
Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell’art. 1136, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio e, ai fini dell’installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.”
Interessante osservare, nella formulazione della norma, il ruolo dell’assemblea che, se per un verso, non ha facoltà di vietare l’opera, d’altro canto può, non solo imporre restrizioni a tutela di prioritarie esigenze condominiali, ma, soprattutto disciplinare in concreto l’utilizzo della superficie occupata, in maniera tale da assicurare, comunque, l’originaria destinazione d’uso del lastrico interessato dai lavori.
Muovendosi in questo contesto, e, dunque, nel pieno rispetto dei limiti tracciati, l’autonomia del singolo che voglia procedere all’installazione di un impianto fotovoltaico può essere soggetta unicamente ad eventuali limitazioni che siano contenute nel Regolamento condominiale, avente natura contrattuale. In questo senso si è pacificamente orientata la Suprema Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, SS. UU., sentenza n. 10934 del 2019), affermando il principio secondo il quale un Regolamento di condominio cosiddetto contrattuale (ossia predisposto unilateralmente dal costruttore ed allegato ai singoli atti di vendita o approvato all’unanimità dai condòmini), ove abbia ad oggetto la conservazione dell’integrità dell’originaria conformazione architettonica dell’edificio condominiale, può comprimere il diritto di proprietà dei singoli, imponendo il divieto di qualsiasi opera modificatrice e/o immutazione, impedendo, pertanto, in tal caso, la realizzazione dell’impianto in oggetto.
Roberto Rizzo, Membro del Centro Studi di GESTIRE