L’UPPI, Associazione che rappresenta la piccola proprietà con migliaia di iscritti in tutta Italia, ha presentato alcune idee concrete di soluzioni per un Piano Casa ambizioso, che avrà un impatto sociale importante.
Il Piano Casa, ha detto al tavolo il Presidente Nazionale Fabio Pucci, “parte da un’analisi dettagliata della situazione immobiliare alla cui formazione l’UPPI ha contribuito in modo essenziale con i dati a sua disposizione, mira a ridefinire la politica della casa partendo dalla situazione reale dello stock di invenduto e delle forme di partecipazione dei privati alla rimessa in circolo degli immobili sfitti e alla crescita dell’edilizia sociale”.
Ecco, in concreto, alcune delle proposte UPPI che sono state discusse al tavolo del MIT:
INTERVENTI IMMEDIATI
Sono milioni gli appartamenti alla mercé del destino e che dovrebbero essere invece tutti recuperati e reimmessi nel mercato. Questo significherebbe non avere la necessità di impattare ancora con nuove costruzioni sul territorio, ma un recupero efficace ed efficiente che passa per l’incentivo fiscale, sarebbe unica arma per rimetterli sul mercato a cui lo Stato potrebbe affiancare contributi pubblici da destinare alla ristrutturazione di appartamenti inagibili, a fronte dell’impegno del proprietario a locare tali immobili a persone in difficoltà economica, per un determinato periodo, e a canoni di locazione quasi azzerati.
Concedere l’applicazione della cedolare secca in tutti i Comuni italiani e semplificare le procedure di sfratto affiancando gli ufficiali giudiziari non solo dalla forza pubblica, ma anche dalla polizia privata.
ACCESSO ALL’ABITAZIONE
Bisogna favorire normative e incentivi che possano influire sull’accesso all’abitazione, creando soluzioni abitative più sostenibili ed adatte alle diverse esigenze di una popolazione con ceti sociali diversi.
Questo Piano Casa dovrà essere concepito anche per promuovere l’uguaglianza sociale, cercando di soddisfare le fasce di popolazione che in questo momento storico non hanno accesso ad alloggi dignitosi.
REVISIONE DEL TESTO UNICO EDILIZIA PER RENDERE POSSIBILE LA RIQUALIFICAZIONE
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, se applicato puntualmente, non permetterebbe di eseguire i lavori di riqualificazione, compresi quelli di natura energetica (case green), e quindi di usufruire dei benefici fiscali, alla maggioranza dei proprietari di immobili costruiti fino agli anni 2000.
Ad esempio, il maggior spessore dei solai dovuti a regole costruttive che hanno comportato una maggiore altezza del fabbricato, una dimensione planimetrica e altimetrica maggiore realizzata in fase di costruzione, la realizzazione di balconi non previsti in progetto, lo spostamento delle finestre nei prospetti, ma tutti interventi coevi con la costruzione.
Ma moltissime di queste difformità non sono abusi edilizi degni di nota, sono state eseguite in corso d’opera, in moltissimi casi sono state “cerziorate” con certificati di abitabilità rilasciati da tecnici comunali; certificati che per prassi sopperivano alla presentazione di un progetto a consuntivo.
Molti degli immobili con queste difformità sono stati compravenduti anche decine di volte con il risultato che l’ultimo proprietario si troverebbe a pagare sanzioni penali senza ottenere la legittimità edilizia.
Di questo fenomeno bisogna tenerne conto anche se ricorrendo ad una cosiddetta “sanatoria etica”.
È necessario, infine, permettere la sanatoria anche di edifici con abusi di maggiore cubatura in zone urbane non di pregio, differenziandoli da quelli che riguardano la costruzione di interi edifici in zone inedificabili o con vincoli ambientali.
Il Segretario Generale dr. Jean-Claude MOCHET – Il Presidente Nazionale avv. Fabio PUCCI