[A cura di Vincenzo Perrotta]
Quale impatto avrà sul comparto immobiliare il taglio delle imposte sull’abitazione principale previsto dalla legge di stabilità? Basterà questa misura a dare slancio ai consumi e a stimolare la crescita del valore degli immobili? Per dare una risposta a queste domande e per ragionare sugli scenari futuri del Paese, la proprietà immobiliare si è data appuntamento, lo scorso 4 novembre, a Torino, per il convegno organizzato da Ape – Confedilizia dal titolo che è già tutto un programma: “Proprietà immobiliare e fiscalità: quale futuro?”.
L’assunto di partenza, come ha sottolineato il padrone di casa e presidente di Ape Torino, Erasmo Besostri, è che la crescita economica dell’Italia dovrà passare, per forza di cose, da quella del mercato del mattone. In questa chiave “il taglio di Imu e Tasi – ha puntualizzato Besostri – rappresenta un primo passo per dare ossigeno alla proprietà edilizia e consentire all’economia italiana di ripartire”.
Il ritorno a una politica fiscale di tipo più espansivo è stato accolto favorevolmente da tutte le associazioni di categoria e da una buona parte del mondo accademico. In particolare quella parte in cui si ritrova l’economista Luca Ricolfi, ospite super partes del convegno e sostenitore della linea meno restrittiva adottata dal Governo, in contrasto con la dottrina europea secondo cui l’imposta meno dannosa per la crescita sarebbe proprio quella sulla proprietà immobiliare.
La convinzione che la manovra su Imu e Tasi sia il primo tassello da inserire nella costruzione della ripresa appartiene anche al presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, che auspica un cambio deciso dell’imposizione fiscale anche su altre tipologie di immobile, a partire da quelli in locazione: “Esiste un’infinità di immobili che non sono prima casa e che andrebbero a incidere davvero sulla crescita economica del Paese. Tutti gli immobili sono beni di investimento per definizione, e se non vengono colpiti eccessivamente dal fisco, da soli producono economia e gettito fiscale”. Inoltre, ciò che sperano investitori e proprietari, ma anche cittadini e locatari, è una maggiore chiarezza della tassazione. “Caratteristica richiesta dal mercato è la permanenza – ha spiegato Spaziani Testa -. Le misure una tantum sono riconoscibili e individuabili sia dai proprietari sia dagli investitori. La percezione di un’imposizione fiscale duratura ha messo paura agli investitori, ma ancora di più spaventa l’incertezza della tassazione”.
Stessa linea di pensiero anche per il presidente di Fiaip, Paolo Righi, che sulla questione affitto aggiunge una riflessione di carattere più giuridico che fiscale: “Se ci fosse una legislazione chiara sugli affitti, in grado di far sapere al proprietario, con certezza, quando potrà rientrare in possesso del suo immobile, si tornerebbe a investire nel mercato immobiliare italiano e non soltanto in quello di altri Paesi. Il problema è che in Italia non vi è certezza del diritto, e i proprietari non affittano per paura della morosità dell’inquilino”.
Dalla questione affitti al tassello delle detrazioni fiscali previste per interventi di efficientamento energetico, secondo Righi, uno dei temi centrali del comparto edile italiano per i prossimi dieci anni. Sull’argomento agevolazioni è stato però il presidente del Collegio costruttori di Torino, Alessandro Cherio, ad avanzare le proposte più eclatanti: “Crediamo che gli incentivi per il privato debbano essere mantenuti e stabilizzati, ma chiediamo che anche alle imprese che realizzano gli interventi di efficientamento vengano riconosciute delle agevolazioni”. Sempre secondo Cherio, l’altro potenziale tassello della ripresa è rappresentato dal meccanismo del rent to buy (affitto con riscatto). “Il problema – spiega il numero uno del Collegio costruttori – è che in Italia questo strumento non funziona perché la normativa permette a chi stipula il contratto di non acquistare l’immobile. Modificare la regola sarebbe un altro tassello”. Come Cherio, anche Pier Paolo Bosso, presidente regionale di Confedilizia Piemonte e Valle d’Aosta: “Se adeguatamente adattato al contesto italiano, il rent to buy può rappresentare un importante strumento per il rilancio delle compravendite”.
Meno accattivante per la proprietà immobiliare, ma altrettanto centrale è il tassello della riforma del catasto, “purché – ha ripreso Spaziani Testa – sia adeguatamente pensata e ragionata. Crediamo che base imponibile e aliquote non possano essere entrambe decise dal medesimo soggetto locale. Ma la riforma del catasto non è la soluzione per tutti i mali. In questo momento la priorità deve essere la riduzione della tassazione sugli immobili locati per dare riequilibrio al mercato. Certamente questo non riduce automaticamente i canoni d’affitto, ma, col tempo, aumenta la possibilità di accesso all’abitazione, alimentando un circolo virtuoso che porterà a quel risultato finale”.