Premessa: la filosofia dietro al gioco “Pa(la)zzo da legare” rappresenta la mia filosofia di vita, maturata dopo 30 anni di professione come amministratore immobiliare, che sta giungendo al termine.
Sto abbandonando la professione sul campo per dedicarmi allo studio, alla ricerca ed alla diffusione di cultura condominiale. Di cui c’è tanto bisogno, non solo tra gli operatori del settore, ma anche e soprattutto tra i clienti-condòmini troppo concentrati sui loro bisogni individuali, per comprendere appieno gli aspetti positivi della vita in condominio.
C’è tanto da fare, perché c’è ancora troppa ignoranza su quelle che sono le dinamiche corrette per una vita funzionale in condominio, soddisfacente e sostenibile per tutti.
Ho sempre avuto un rapporto di amore-odio con la mia professione che, per come è regolamentata, appare più un’occupazione. Non esiste un percorso di studi adeguato, non ci sono barriere d’ingresso, ci si ritrova ad essere messi sullo stesso piano di pressapochisti e/o scappati di casa e tradizionalmente è considerata un dopolavoro o un doppio lavoro, senza tradizione accademica. Di conseguenza, il condominio non è mai stato un tema preso molto sul serio in senso positivo.
Metaforicamente parlando il condominio è sinonimo di caos, liti, contenziosi senza fine e l’amministratore è rimasto una “macchietta” stile Fantozzi.
È vero che la sua figura si è evoluta nel tempo, ma non è mai riuscita ad affrancarsi e ad evolvere fino a diventare un vero e proprio manager, come accade in Europa o negli Stati Uniti.
Di fatto, e gli esempi sono innumerevoli, viene schernito o viene preso ad esempio in negativo se non addirittura disprezzato. Di questo stato di fatto sono complici le istituzioni, la società, ma, soprattutto gli amministratori stessi, che se da una parte si lamentano della loro condizione, dall’altra nulla fanno concretamente per cambiarla. Nel peggiore dei casi subiscono, nel migliore dei casi si accontentano di definirsi manager con auto-referenzialità, senza mai essere pervenuti a livello sociale ed a scalfire il luogo comune che li relega a professionisti di serie B. Da questa morsa tentano disperatamente di liberarsi da oltre 70 anni, invano.
Ecco, io ho maturato una “filosofia” diversa, consapevole dei punti di forza della professione e propositiva per un cambio di paradigma, per arrivare a raggiungere il cuore della gente e ambire al riscatto sociale che merita.
Palazzo Da Legare è il gioco che rappresenta, in modo ironico e giocoso, questa filosofia. Non dico che colleghi illustri e associazioni di categoria non abbiano mai tentato di cambiare le cose. C’è stata anche una riforma del condominio nel 2012. Tutti gli sforzi finora compiuti però, non hanno smosso la “coscienza collettiva”.
Il condominio come cellula sociale e l’amministratore come punto di riferimento essenziale per il suo buongoverno, continuano a non destare attenzione, se non quando conflitti tra vicini sfociano in tragedie o in contenziosi senza fine, che riempiono le tasche degli avvocati e che danno vita a una giurisprudenza schizofrenica e a una dottrina insignificante.
Il condominio è abbandonato a se stesso.
Di questo panorama i primi a disinteressarsene sono gli amministratori, preoccupati di arrivare a fine mese (legittimo per carità), ma senza una seria prospettiva, se non lavorare come somari per pochi euro (il compenso medio di un amministratore si aggira intorno ad una brioche e cappuccino a settimana). Al massimo fanno i fighi, ma solo tra loro e solo sui social, giocando allo squallido gioco del “chi ce l’ha più lungo”.
La ragione è che ci si accontenta: ci si accontenta di avere un bello studio rispetto alla concorrenza; ci si accontenta di brillare nel buio più desolato, senza pensare che la luce emanata è fioca, sbiadita ed insignificante.
Occorre pensare al “noi”, al quadro generale. Occorre avere il coraggio di fare qualcosa di nuovo e temerario: raggiungere i cuori del problema. I cuori di tutti i protagonisti del grande “gioco del condominio”.
Ecco allora che occorre un nuovo mood ed un cambio di prospettiva.
Ecco arrivare Alba, con il suo Palazzo da legare in cui accade di tutto e dove personaggi e situazioni sono volutamente pittoreschi, esagerati, pazzi da legare così come sono i loro appartamenti. Abbiamo di tutto: la famiglia Acrobatica, l’arredatore maldestro, il giardiniere selvaggio, la squadra di calcetto… artisti, contorsionisti, accaparratori seriali e molto altro.
Sembrano esagerazioni, ma Palazzo da legare contiene esempi poco distanti dalla realtà, con la sola differenza che si sono concentrati tutti in questo edificio matto come un cavallo!
Il gioco è divertentissimo e stimola non solo la fantasia, ma anche la strategia, perché la sua caratteristica è quella di essere competitivo, ma cooperativo al tempo stesso. Il fine è quello di riuscire a vincere senza mettere in crisi l’edificio, perché se il condominio “salta”, tutti inevitabilmente perdono.
Il gioco ha una sua morale, che è quella dell’equilibrio, necessario sicuramente nella vita condominiale, così come in ogni ambito della nostra vita, da quello scolastico a quello lavorativo, a quello sociale.
In ogni comunità tutti gli interessi devono essere salvaguardati, senza prevaricazione, perché la vita si fonda sul compromesso, o meglio sulla mediazione tra le parti.
Il protagonista del gioco non poteva essere che un amministratore donna, con tutto il bagaglio intuitivo ed emotivo, tipico dell’universo femminile. Alba, questo è il suo nome, è una Super Amministratrice, una vera e propria eroina, che sfoggia un tacco 12 rosa, simbolo della sua identità femminile e fuori dagli schemi, perché oggi, essere donna ed amministratrice e svolgere il proprio lavoro con competenza, determinazione e capacità, significa essere eroi.
Alba ha la caratteristica di non essere autoreferenziale, ha capito che per fare funzionare bene un condominio occorrono validi collaboratori, validi fornitori, ma anche condòmini che apprezzino il suo lavoro e che contribuiscano al bene comune. Solo così un condominio può funzionare ed è teatro di vita soddisfacente per chi ci abita e per chi ci lavora. Gli egoismi e le visioni limitate non sono funzionali alla vita in comune e rischiano di innescare spirali pericolose e deflagranti. Il segreto è l’equilibrio e per ottenerlo occorrono basi solide, fondate sull’empatia, la corretta comunicazione, la collaborazione, la cooperazione, il compromesso, il rispetto per sé e per gli altri, per i propri bisogni e per quelli degli altri. Tutti temi importanti per affrontare la vita in generale con consapevolezza e soddisfazione.
Il condominio diventa così metafora di vita ed esempio per tutti: dai piccoli ai più maturi. Insieme, grazie ad un approccio culturale diverso, consapevole e spregiudicato, attraverso un semplice gioco, si possono raggiungere traguardi inaspettati, capovolgere i luoghi comuni e liberare il nostro magico potenziale, per dare il meglio di noi stessi, sempre, nell’interesse della collettività.
A cura di Daniela Zeba – professionista ed esperta del settore condominiale