L’emergenza Covid che va ad aggiungersi al già altissimo tasso di incidenti – anche mortali – in ambito domestico. E la casa, spesso vissuta come “rifugio”, si scopre improvvisamente un ambiente particolarmente a rischio sul versante della sicurezza.
È quanto emerge da un’anticipazione dei dati del “Rapporto annuale 2020 sul lavoro domestico” (a cura dell’Osservatorio nazionale DOMINA in collaborazione della Fondazione Moressa), che sarà pubblicati in versione integrale a gennaio 2021.
È più probabile rimanere vittima di un incidente domestico piuttosto che di uno stradale: l’Istat nel 2018 ha quantificato in 3,2 milioni gli infortuni nelle case.
Le categorie più colpite sono donne, anziani, bambini. Per ogni fascia d’età è poi possibile osservare l’incidenza di chi ha subito incidenti sulla popolazione di riferimento: l’incidenza media è del 13,4 per mille, ma cresce notevolmente tra le fasce più anziane (21,3 per mille tra i 75 e i 79 anni e 34,3 per mille tra gli over 80). Circa 300mila bambini, spesso sotto i cinque anni, sono vittima di incidenti in casa.
E i lavoratori domestici non ne sono immuni: l’Inail nel 2019 ha calcolato che ogni 10mila lavoratori domestici, si sono verificati 58,1 infortuni a colf e 38,2 a badanti.
Più di 4.500 gli incidenti totali denunciati.
Le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati dei lavoratori – attraverso EBINCOLF, l’Ente bilaterale nazionale del comparto – hanno individuato i fattori di rischio per l’incolumità dei lavoratori e da anni insistono con programmi di informazione e formazione, per minimizzarli.
Ecco i principali rischi elencati nei Quaderni dell’Ente:
La tutela della salute e della sicurezza sono alcuni degli elementi chiave anche per favorire la crescita e la professionalizzazione del settore.
Ad aggravare la situazione sicurezza, la pandemia in corso.
Il lavoro domestico, riconosciuto “essenziale” dal governo, è altamente esposto a rischi: le relazioni interpersonali necessarie tra badante e anziano o tra baby-sitter e bambino, per esempio, non possono assicurare il distanziamento previsto per cercare di evitare il contagio.
Diventano indispensabili, allora:
“Nella prima fase dell’emergenza, le associazioni datoriali hanno avuto un ruolo fondamentale nel tentare di colmare il vuoto informativo in cui le famiglie si erano ritrovate – ricorda Lorenzo Gasparrini, segretario generale di DOMINA (Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico) -. La nostra organizzazione già all’inizio di marzo ha pubblicato un vademecum per famiglie e lavoratori sui comportamenti da tenere durante l’epidemia. E anche nella seconda fase continua a supportare migliaia di famiglie, affinché riescano a garantire condizioni di sicurezza per i lavoratori e per le persone assistite”.
La mancanza di sicurezza è spesso associata al lavoro irregolare che nel settore, secondo le stime DOMINA, supera il 57%: i controlli dell’Ispettorato nazionale del lavoro, nel corso del 2019, hanno accertato pratiche irregolari nel 58,4% dei casi controllati (in diminuzione rispetto al 2015, quando superavano il 72%) e lavoro nero nel 24% dei casi.
Leonardo Alestra, direttore generale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, nel Rapporto annuale 2020 sul lavoro domestico, afferma: “L’assioma lavoro irregolare – lavoro insicuro è ampiamente confermato nell’ambito del lavoro domestico, laddove gli infortuni sono all’ordine del giorno, sebbene non balzino frequentemente agli onori della cronaca”.
“Non solo anziani ed operatori sanitari, chiediamo al Governo e al Commissario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri che i vaccini vengano somministrati in via prioritaria anche agli assistenti familiari che in casa si occupano delle persone non autosufficienti, ovvero alle badanti”. L’appello è di Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, componente Fidaldo e firmataria del Ccnl di categoria.
“Se è vero, come sostiene Arcuri – prosegue Zini – che il piano di vaccinazione sarà predisposto tenendo in considerazione le ‘fragilità’ delle persone e la loro esposizione al virus, allora la categoria delle badanti, peraltro esse stesse, in senso ampio, operatori sanitari, non può essere esclusa. Chiediamo con forza che il Governo tenga conto di questa indicazione. In Italia lavorano circa 850mila domestici regolari. Di questi circa la metà sono badanti, senza considerare l’occupazione irregolare che si stima rappresenti il 60% del totale. A conti fatti possiamo quindi affermare che in Italia lavorano circa 1 milione di domestici dediti all’assistenza degli anziani. Una categoria essenziale, anche per la tenuta sociale e sanitaria del sistema, troppo spesso dimenticata. Tutelare loro – conclude – significa pensare anche alle famiglie presso le quali questi lavoratori prestano servizio”.