Nascondere o sottostimare le informazioni inerenti il proprio reddito: che relazione percentuale c’è tra questa pratica e l’effettiva evasione fiscale? È quanto ha indagato l’Ufficio Valutazione Impatto del Senato, in un dossier dal quale è emersa chiaramente l’abitudine di quasi la metà dei proprietari immobiliari a “mentire” sulle entrate afferenti agli affitti dei loro alloggi.
Gli effetti sono noti: perdita di introiti per lo Stato, di efficienza economica e di giustizia sociale per il Paese. I numeri, invece, lo sono meno. L’evasione fiscale è, per sua stessa natura, un fenomeno difficile da quantificare: per provare a calcolarla, gli studiosi si affidano perciò, oltre che alle più che a poco veritiere dichiarazioni dei redditi, ai più affidabili micro-dati provenienti dalle indagini campionarie.
Qui, però, devono fare i conti con un altro tipo di evasione, stavolta di informazioni. È il cosiddetto under reporting: i soggetti intervistati mentono sui propri redditi, sottostimandoli nel timore che si possano stabilire collegamenti con quanto hanno dichiarato al fisco. Quali sono le categorie di contribuenti più propense all’under reporting? E quanta evasione fiscale si nasconde dietro alle loro omissioni? Il dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ha integrato i due principali approcci di stima dell’evasione fiscale – il discrepancy method e il consumption-based method – con risultati sorprendenti: sui redditi da lavoro autonomo e impresa, un intervistato su 4 non dice la verità. E l’under reporting raggiunge addirittura il 44% nel caso degli affitti.
La ricerca indaga l’under reporting, cioè la tendenza a dichiarare un reddito inferiore al reale nelle indagini campionarie, tra gli intervistati per la IT-SILC, la parte italiana della European Survey of Income and Living Conditions.
Le precedenti stime dell’evasione fiscale ottenute in Italia con il discrepancy method e basate su micro-dati hanno spesso riportato tassi di evasione più bassi rispetto alle stime ottenute con analisi macroeconomiche. La correzione per tenere conto dell’under reporting del reddito ha consentito di allineare meglio le stime alle analisi macroeconomiche: il tasso complessivo di evasione per l’Irpef (stimato come rapporto tra redditi evasi e redditi lordi dichiarati) è quasi doppio rispetto a precedenti stime, passando da circa il 7,5% a circa il 14,4% della base imponibile potenziale.
L’analisi econometrica ha confermato che l’under reporting riguarda soprattutto i contribuenti soggetti ad autotassazione. Per i redditi da lavoro autonomo e impresa il tasso stimato di under reporting (dato dal rapporto tra redditi non indicati nelle indagini campionarie e redditi spendibili veri) è infatti del 23%, per salire intorno al 44% per i redditi da locazione.
Grazie al nuovo approccio integrato, la stima del tasso di evasione totale sale a circa il 37% per i redditi da lavoro autonomo e impresa. L’evasione sulle rendite è intorno al 65%. Non sono invece stati individuati significativi tassi di under reporting tra i lavoratori dipendenti, che comunque hanno fatto registrare un tasso di evasione – stimato sulla base del solo discrepancy method – pari a circa il 3,5%. Le correzioni per l’under reporting alzano le stime del valore assoluto dei redditi complessivi evasi a 124,5 miliardi di euro e a 132,1 miliardi, a seconda del tipo di simulazione.
La ricerca supporta l’ipotesi che la propensione degli individui a sottostimare il proprio reddito nelle rilevazioni sia coerente – sia pure in misura minore – con la loro inclinazione a occultare gli introiti alle autorità fiscali.
In tre differenti simulazioni (nominate A, B e C) sono state mostrate le perdite di gettito (tax gaps) dovute all’evasione fiscale, che ammonta a 16,5 miliardi di euro nella simulazione A, a 37,5 miliardi nella simulazione B e a 36,8 miliardi nella simulazione C. In tutti i casi, la parte maggiore del tax gap è causata dall’evasione da lavoro autonomo e da impresa, che in entrambe le simulazioni B e C, che correggono l’under reporting, è vicina ai 21 miliardi di euro. La perdita di gettito dovuta all’evasione sugli affitti è invece un po’ più alta nella simulazione C che nella B (14,7 miliardi contro 12,6) e decisamente più bassa nella simulazione A, che non corregge l’under reporting (circa 3,3 miliardi).
I tax gaps stimati per il lavoro autonomo nelle simulazioni B e C sono coerenti con quelli presentati – per lo stesso anno e per la stessa tipologia di reddito – nel rapporto ufficiale Mef 2016. In particolare, la perdita di gettito per il lavoro autonomo è stimata nel rapporto, con un approccio macroeconomico, pari a 20,1 miliardi di euro.
In Italia sono stati finora effettuati pochi studi sugli effetti distributivi dell’evasione fiscale. Le microsimulazioni offrono il vantaggio di poter fare delle analisi. Anche in questo caso ci si è rapportati alle simulazioni A, B e C.
Nella simulazione A, l’evasione più alta risulta tra i redditi da lavoro autonomo e dipendente, nelle classi centrali di reddito (tra i 12 e i 35 mila euro). Nelle simulazioni B e C, invece, l’evasione maggiore si registra tra i redditi da lavoro autonomo e da locazione, nelle classi più alte di reddito.
L’evasione fiscale contribuisce a modificare l’impatto redistributivo dell’Irpef, riducendone in particolare la progressività. La riduzione è soprattutto determinata da un abbassamento dell’aliquota media effettiva Irpef, che, a seguito dell’evasione, diminuisce di circa 4 punti percentuali, passando da circa 20% (nel caso teorico senza evasione) a 16% (nel caso dell’imposta con evasione).
Discrepancy method: confronta la distribuzione dei redditi ricavata dalle dichiarazioni fiscali con le distribuzioni basate su indagini campionarie condotte su famiglie e individui (microdati). La differenza tra le due fonti viene interpretata come evasione, ma può essere falsata dall’under reporting.
Consumption-based method: si basa sull’ipotesi che i micro-dati delle indagini campionarie sui consumi delle famiglie siano più veritieri di quelli sui redditi, perché più difficile il collegamento con quanto dichiarato al fisco. Gli studi mostrano maggiore propensione al consumo per i redditi che possono essere più facilmente evasi (da lavoro autonomo, da impresa, affitti, da capitale) rispetto ad altre tipologie di reddito che non possono essere evase (lavoro dipendente, pubblico impiego, pensione). Con questo metodo non è possibile però quantificare l’evasione.
Metodo integrato: utilizza i micro-dati ricavabili dalla banca dati IT-SILC e il modello di micro-simulazione fiscale BETAMOD sviluppato presso il Dipartimento dell’Economia di Ca’ Foscari per la “lordizzazione” dei dati campionari e il confronto con i dati amministrativi. I dati IT-SILC sono preventivamente analizzati con la metodologia della stima dei consumi per determinare l’under reporting.
La qualità dei dati utilizzati nelle indagini empiriche sull’evasione fiscale è molto importante. La ricerca si basa sulla parte italiana del database EU-SILC, che è considerata, anche tra altri Paesi europei, la miglior fonte di dati per i modelli di microsimulazione. In particolare, è stata utilizzata l’indagine 2011, in cui le informazioni sui redditi sono ancora basate principalmente su rilevazioni campionarie.
Oggi è in corso un dibattito tra Eurostat e i vari uffici statistici nazionali per valutare l’uso dei dati amministrativi fiscali sui redditi nel contesto EU-SILC al posto di dati basati su indagini campionarie (Eurostat 2013). La soluzione migliore sarebbe però quella di utilizzare i dati amministrativi non come sostituto, ma come integrazione dei dati raccolti attraverso le indagini campionarie. Dataset che combinino entrambi i tipi di informazioni sarebbero infatti di grande aiuto in vari ambiti dello studio degli effetti delle politiche pubbliche, incluso in quello delle indagini sull’evasione fiscale e sulle sue conseguenze. In tale caso, le due fonti potrebbero essere tra l’altro usate per distinguere in modo più efficace l’under reporting dovuto a errori di calcolo o altre omissioni da quello mirato ad evadere il fisco.
L’under reporting dei redditi nelle indagini campionarie cattura solo una parte dell’evasione fiscale. Lo studio ha evidenziato che l’under reporting interessa principalmente i redditi da lavoro autonomo e le rendite da capitale e da affitto. Non è stato riscontrato under reporting sui redditi da lavoro dipendente.
Attraverso il discrepancy method è stata individuata una relazione sostanziale tra l’evasione fiscale e l’under reporting. In particolare, correggendo i micro-dati sui redditi dell’indagine campionaria EU-SILC per l’under reporting, il discrepancy method ha consentito una più precisa quantificazione dell’evasione fiscale ed ha reso possibile stimarne gli effetti redistributivi, con simulazioni distinte per profili medi e individuali.
La ricerca ha confermato la complessità del fenomeno dell’evasione fiscale e la necessità di sviluppare approcci conoscitivi basati su una pluralità di metodi di stima e confronto, oltre che su banche dati di qualità che integrino i dati amministrativi con informazioni da indagini campionarie.