Insiemea quello relativo alle tasse sulla casa, c’è stato un altro tema fiscale
particolarmente caldo in quest’estate 2015: l’impatto della tassa rifiuti.
Così, dopo la Cgia di mestre e Confartigianato, sulla questione è intervenuta
anche Federconsumatori, il cui centro ricerche economiche ha realizzato nei
giorni scorsi un primo report della IX indagine nazionale sui “Servizi e
Tariffe Rifiuti”, in cui sono stati presi in esame gli importi della Tari 2015
nelle 90 (su 104) città capoluogo che al 30 luglio hanno approvato e reso
pubblici i rispettivi regolamenti e tabelle.
In
altri casi i Comuni hanno approvato solo i regolamenti, riservandosi di
deliberare gli importi in un secondo momento. Per i comuni siciliani, con l’approvazione
del decreto Enti Locali, è stato invece consentito un rinvio a settembre per l’approvazione
dei bilanci preventivi e della nuova Tari. I restanti comuni, che non hanno
deliberato entro il 30 luglio, dovranno applicare le tariffe e il regolamento
della Tari dello scorso anno.
Venendo
ai numeri dell’indagine, c’è la conferma che l’impatto della tassa sui bilanci
delle famiglie è rilevante. Secondo le previsioni di Federconsumatori, l’incasso
complessivo dei comuni ammonterà a 8 miliardi, con un aumento medio per le
famiglie italiane del +0,7% rispetto al 2014 a fronte di un’inflazione dello
-0,1% (dato Istat). Anche per la Tari 2015 – che con la Tari 2014 ha sostituito
la Tares – si conferma però una “giungla tributaria” in cui, a parità di
condizioni, emergono forti differenze da città a città non solo in merito all’importo
della tassa ma anche relativamente alla qualità del servizio e alla sostenibilità
ambientale.
Mauro
Zanini, direttore del centro ricerche di Federconsumatori, sottolinea come “l’aumento
della tassa sui rifiuti, analogamente ad altri tributi, sia quasi triplicato
negli ultimi cinque anni rispetto al tasso di inflazione registrato nel
medesimo periodo (+7,5%). I regolamenti Tari 2016 devono dunque perseguire una
omogeneità nei criteri per le riduzioni, agevolazioni o esenzioni tariffarie e
rivedere con più attenzione il versante delle famiglie con grave disagio
economico e sociale, che risultano in fortissimo aumento così come la morosità
o evasione del tributo nel settore, che ad esempio arriva dal 5% all’8% in
Lombardia, dal 7% al 9% in Toscana e dal 4% al 5% in Emilia Romagna, con picchi
ben più elevati in molte regioni del Centro Sud. Inoltre, è necessario che i
Piani Economici Finanziari della Tari puntino sulla sostenibilità ambientale,
sulla qualità del servizio, sulla partecipazione dei cittadini e sulla maggiore
efficienza del servizio di gestione dei rifiuti per ottenere il massimo
contenimento dei costi.
Considerando
il campione delle 89 città in cui sono stati approvati e resi pubblici i
regolamenti e gli importi della Tari 2015, per un appartamento di 100 metri
quadri con un nucleo familiare di 3 persone, l’aumento medio nel quinquennio
2010-15 è stato del 21,49%, pari a +51 euro, a fronte di un’inflazione
nazionale nello stesso lasso di tempo del +7,5% (dato Istat). Ciò significa che
l’aumento medio ha raggiunto circa il triplo dell’inflazione. In particolare, l’incremento
rilevato è stato del +106,32% a Sanluri, del +65% a Ragusa, del +64% a
L’Aquila, del +62% a Cagliari, del +60% a Pisa, del +52% ad Avellino, del +51%
a Chieti, del +50% a Palermo, del +49% a Campobasso, del +46% a Pescara e del
+40% a Frosinone e a Savona. Va segnalato, però, che nella maggior parte dei
casi tali comuni si trovano in una situazione di dissesto finanziario.
Confrontando
i dati relativi al 2014, emerge un aumento medio dello 0,7% pari a +1,95 euro
annui, per una spesa complessiva media per la famiglia tipo di 287 euro per la
Tari 2015. Osservando i risultati nel dettaglio, si nota che l’aumento più
rilevante rispetto allo scorso anno è quello di Campobasso, dove la spesa
lievita del +29%. A seguire troviamo Brindisi con il +28%, Chieti e Livorno con
il +14%, Caserta e Ragusa con il +13%, Ancona con il +11%, Rovigo con il +10%,
Cuneo con il +9% e Ascoli e Aosta con il +8%. Per contro, nel medesimo periodo
si registra una diminuzione del -17,5% a Cremona, a Carbonia e a Vibo Valentia,
del -11% a Potenza e del -8% a Macerata.
Nella
classifica delle 10 città più care vediamo in testa Cagliari, con una spesa di
497 euro, con una riduzione rispetto al 2014 di 35 centesimi al metro quadro.
Seguono Salerno (468 euro), Reggio Calabria (465 euro), Benevento (449 euro),
Napoli (448 euro), Pisa (407 euro), Roma (396 euro), Caserta (395 euro), Asti
(394 euro) e Carrara (393 euro).
Le
10 città meno care, invece, sono Vibo Valentia (con una spesa di 157 euro),
Belluno (164 euro), Brescia (173 euro), Verona (190 euro), Trento e Bolzano
(192 euro), Cremona (193 euro), Sanluri (196 euro), Pordenone (197 euro) e
Ascoli (200 euro).
La
spesa media nazionale riferita alle 104 città campione è di 287 Euro. Per
quanto riguarda le grandi città capoluogo di regione di cui sono stati resi
pubblici i dati, Cagliari (497euro) si colloca al primo posto, seguita da
Napoli (448 euro) e Roma (396 euro). A seguire troviamo Perugia con 359 euro,
Venezia con 355 euro, Genova con 352 euro, Torino con 342 euro, Palermo con 327
euro, Milano con 324 euro, L’Aquila con 314 euro, Bari con 312 euro, Bologna
con 285 euro, Catanzaro con 265 euro, Campobasso con 254 euro, Ancona con 237
euro, Firenze con 228 euro, Potenza con 220 euro e Bolzano con 192 euro.
Dei
104 regolamenti Tari, il 98% prevede riduzioni, agevolazioni o esenzioni
tariffarie per le famiglie o fasce sociali deboli per utenze domestiche,
operando una distinzione: mentre le “riduzioni” devono essere inscritte nei
costi del Piano economico finanziario (es. riduzioni in caso di mancato
servizio o evasione del tributo), le “agevolazioni” devono trovare copertura
nel bilancio comunale, quindi non possono essere inserite tra i costi del
tributo e la relativa copertura deve essere assicurata da risorse “diverse” dai
proventi del tributo stesso.
Le
agevolazioni per utenze domestiche più applicate risultano essere quelle per le
famiglie a basso reddito (il 66% delle città le applica), seguite dalle
agevolazioni per le famiglie mononucleari (il 28% delle città le applica),
dalle agevolazioni per famiglie con disabili o invalidi civili (il 19% delle
città le applica, a fronte del 18% dello scorso anno) e dalle agevolazioni per
i cittadini in cassa integrazione, mobilità o disoccupazione (il 9% delle città
le applica, a fronte del 8% del 2014). L’elemento di novità sono le
agevolazioni che incentivano la raccolta differenziata, ad esempio per il
compostaggio domestico (con un range di riduzione dal 10% al 50%) che
vengono applicate nel 67% dei comuni, mentre nel 2014 erano il 65%.
In molti casi le delibere
dei comuni prevedono agevolazioni basate sugli indicatori ISEE o al minimo INPS
per i soggetti in condizioni di grave disagio economico e sociale. Le
agevolazioni, nei limiti degli stanziamenti di bilancio degli interventi socio
assistenziali, includono riduzioni che dal 10% raggiungono il 50% o il 70% dell’ammontare
del tributo fino alla completa esenzione (100%) per i nuclei familiari
individuati per numero di componenti, numero dei figli, over 65 e, in alcuni
casi, anche in base alla categoria catastale dell’immobile. Inoltre, in diverse
città sono state previste agevolazioni particolari, come nel caso di Vicenza,
che prevede riduzioni fino al 70% per i nuclei familiari con figli di età
inferiore ai 2 anni che utilizzano i pannolini lavabili su presentazione dello
scontrino fiscale. Palermo e Catania prevedono esenzioni totali o agevolazioni
per utenti vittime di racket o per famiglie con minori in affido. Enna ed
Agrigento prevedono riduzioni o esenzione dal tributo con chi adotta un cane
con microchip del canile. Il comune di Savona prevede esenzione per locali ed
aree che hanno subito danni in seguito all’alluvione del 2014.