Risoluzione consensuale di una compravendita è possibile in caso di rigetto del mutuo.
L’istante ha acquistato un immobile, con atto registrato presso l’Ufficio Territoriale dell’Agenzia delle Entrate. Nell’atto le parti hanno pattuito il saldo del prezzo all’erogazione del mutuo. Il mutuo viene però respinto. Le parti, quindi, si accordano per la risoluzione del contratto de quo, per il tramite del medesimo notaio che aveva formato l’atto, al fine di ricominciare l’iter previsto per la richiesta del mutuo
Le parti hanno stabilito che per la risoluzione del contratto, non sarà previsto alcun corrispettivo, né restituzione di quanto versato. Ciò posto, l’istante chiede quale sia il corretto trattamento tributario, ai fini della tassazione indiretta, applicabile all’atto di risoluzione della compravendita di immobile.
L’Agenzia delle Entrate, con Risoluzione n. 3 del 18 gennaio 2022, fornisce chiarimenti sulla tassazione dell’atto di risoluzione di compravendita consensuale o “mutuo dissenso”
In particolare, l’articolo 1372 del Codice Civile, nel disciplinare l’efficacia del contratto, stabilisce: “Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge. Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge”.
Lo scioglimento consensuale del rapporto contrattuale, cosiddetto “mutuo consenso”, rientra nella più vasta categoria degli eventi risolutivi del contratto. Esso è, infatti, espressione dell’autonomia negoziale dei privati, i quali sono liberi di regolare gli effetti prodotti da un precedente negozio e, quindi, di sciogliere il vincolo contrattuale, anche indipendentemente da eventuali fatti o circostanze sopravvenute, impeditive o modificative dell’attuazione dell’originario regolamento di interessi.
Con il “mutuo dissenso” le parti concludono volontariamente un nuovo contratto di natura solutoria e liberatoria, con contenuto uguale e contrario a quello del contratto originario.
Con riferimento al trattamento tributario applicabile, ai fini della tassazione indiretta, si osserva che l’articolo 28 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, prevede: “La risoluzione del contratto è soggetta all’imposta in misura fissa se dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto stesso, ovvero stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata entro il secondo giorno non festivo successivo a quello in cui è stato concluso il contratto. Se è previsto un corrispettivo per la risoluzione, sul relativo ammontare si applica l’imposta proporzionale prevista dall’art. 6 o quella prevista dall’art. 9 della parte prima della tariffa. In ogni altro caso l’imposta è dovuta per le prestazioni derivanti dalla risoluzione, considerando comunque, ai fini della determinazione dell’imposta proporzionale, l’eventuale corrispettivo della risoluzione come maggiorazione delle prestazioni stesse”.
Ai fini fiscali, occorre quindi distinguere l’ipotesi di clausola risolutiva espressa, più o meno contestuale al contratto originario, dall’ipotesi in cui le parti, mediante autonoma espressione negoziale, optino per la risoluzione del medesimo contratto originario.
La risoluzione dell’originario contratto realizzata mediante apposito negozio prevede la tassazione in misura proporzionale, da applicare “alle prestazioni derivanti dalla risoluzione”; la medesima tassazione proporzionale si applicherà, inoltre, all’eventuale corrispettivo della risoluzione.
L’Agenzia delle Entrate cita inoltre la sentenza n. 5745 del 9 marzo 2018, con cui la Suprema Corte, ribadendo il proprio orientamento, ha affermato: “Il mutuo dissenso, che è un nuovo contratto, con contenuto eguale e contrario a quello originario, è soggetto ex art. 28, comma 2, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, alla regola residuale applicabile a tutti gli alti risolutivi di negozi giuridici che non trovino la loro fonte in clausole o condizioni contenute nel negozio da risolvere (o in patto autonomo stipulato entro il secondo giorno successivo alla sua conclusione” (cfr. ex plurimis Cass. n. 4134/2015; n. 8132/2016).
Dunque, la retrocessione della proprietà del bene oggetto del precedente atto di compravendita quale prestazione patrimoniale del contratto di mutuo consenso, rientra nell’ambito applicativo del comma 2 del citato articolo 28 e, pertanto, deve essere tassata autonomamente ai fini dell’imposta registro con applicazione dell’aliquota in misura proporzionale prevista per i trasferimenti immobiliari dall’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.
FONTE: Agenzia delle Entrate