La risoluzione della compravendita prevista da un contratto con clausola di riserva di proprietà, determinando la regressione del bene originariamente ceduto, costituisce un nuovo contratto e deve essere assoggettata all’imposta proporzionale di registro con applicazione dell’aliquota prevista per i trasferimenti immobiliari in quanto la vendita con riserva causa l’immediato trasferimento del bene (Cassazione, n. 1868/2022)
Il fatto
La vicenda amministrativa portata all’attenzione della Corte suprema ha quale presupposto il regime di tassazione, ai fini dell’imposta di registro, del contratto di vendita con riserva di proprietà nella particolare ipotesi di retrocessione del bene, originariamente ceduto (nel caso di specie, un’azienda), a seguito di mancato versamento del prezzo pattuito.
L’impostazione adottata dall’Agenzia, nell’ipotesi posta al suo controllo, era di assoggettare tale transazione (e le sue vicende modificative) a imposta di registro in misura proporzionale in luogo di quella ritenuta applicabile da controparte, ovverosia in misura fissa.
L’avviso di liquidazione impugnato con ricorso dinanzi la Ctp di Genova vedeva soccombente l’ufficio il quale, impugnata la decisione dei primi giudici, si vedeva respinto il proprio gravame da parte della Ctr Liguria.
La decisione
Il ricorso per Cassazione veniva proposto dall’Agenzia delle entrate sulla scorta di un unico motivo di doglianza in ragione della ritenuta commessa violazione dell’articolo 27 del Dpr n.131/1986 (Testo unico imposta di registro).
Al riguardo, i giudici di legittimità, con l’ordinanza n. 1868 del 21 gennaio 2022 in commento, hanno ritenuto meritevoli di accoglimento le ragioni erariali e, quindi, manifestamente fondato il motivo di ricorso, accogliendone nel merito le motivazioni e condannando le parti convenute al ristoro delle spese di giudizio.
La Cassazione ha, in via preliminare, richiamato il disposto di cui al citato articolo 27 in correlazione a una precedente pronuncia della stessa Corte (cfr sentenza n. 5075/1998) con la quale veniva stabilito che in virtù della norma in argomento “le vendite con riserva di proprietà non sono considerate sottoposte a condizione sospensiva, il che significa che ai fini della legge di registro, diversamente dalla disciplina civilistica, il contratto in questione produce l’immediato trasferimento della proprietà all’acquirente”.
In applicazione di detto principio di natura generale, il contratto, con il quale le parti sciolgono la vendita con riserva di proprietà in conseguenza del mancato pagamento del prezzo, non rappresenta, ai fini dell’imposta di registro, un atto ricognitivo dell’effetto risolutivo, ma costituisce esso stesso un nuovo contratto, con la diretta conseguenza di annullare quello originario e gli effetti da questo prodotti determinando la retrocessione del cespite interessato a favore del primo proprietario.
In conclusione, la Cassazione, con l’ordinanza in commento non ha inteso discostarsi dall’insegnamento rinveniente dalla richiamata pronuncia n. 5075/1998 ritenendo, pertanto, che nell’ipotesi di risoluzione di un contratto di vendita con la clausola di riserva di proprietà, l’atto successivo con il quale viene stabilita la risoluzione di detto passaggio, determinando la regressione del bene oggetto del contratto risolto, deve essere necessariamente assoggettato all’imposta proporzionale di registro con applicazione dell’aliquota prevista per i trasferimenti immobiliari, in quanto, ai fini della legge sull’imposta di registro, la vendita con riserva di proprietà causa l’immediata produzione dell’effetto traslativo della proprietà in capo al soggetto beneficiario.
FONTE: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/risoluzione-contratto-riserva-limposta-registro-e-proporzionale