Ci risiamo. È di nuovo tempo del tradizionale quanto crudele appuntamento fiscale di fine anno con il saldo di Imu e Tasi. Per milioni di contribuenti – quelli che dispongono soltanto di una prima casa non di lusso – dovrebbe essere l’ultima volta (per scaramanzia, fino al varo della legge di Stabilità che eliminerà l’imposta sull’abitazione principale, preferiamo utilizzare il condizionale). Anche per loro, tuttavia, il pensiero di un 2016 potenzialmente più leggero dal punto di vista fiscale non sta alleviando le consuete preoccupazioni che gravitano intorno al pagamento dell’imposta, e che si possono riassumere in due parole: peso e confusione.
Su entrambi i versanti giocano un ruolo determinante le aliquote deliberate dai singoli Comuni. Se, infatti, l’acconto di giugno è stato pagato facendo riferimento a quelle del 2014, per il saldo di dicembre (o oltre, se si sceglie di pagare in ritardo e farsi carico anche di sanzioni e interessi) le percentuali sono quelle decise dalle amministrazioni locali nel 2015. Almeno, da quelle che lo hanno fatto entro il 30 luglio. In questo caso, per conoscere le nuove aliquote è sufficiente collegarsi al sito del Comune o a quello del Dipartimento del Ministero dell’Economia, e quindi effettuare il calcolo per capire quanto ancora occorre versare. Come ogni anno, tuttavia, un numero non indifferente di Comuni (ben 800) non ha deliberato per tempo, acuendo il clima di incertezza e lasciando al Governo l’ulteriore onere di sbrigliare la matassa nell’imminenza del termine dei pagamenti: un problema che si ripete puntualmente, e che neanche l’abolizione della Tasi sugli immobili prima casa non collocati in categoria A1, A8 e A9, potrà risolvere.
Ne consueto caos burocratico, per i proprietari di alloggi l’assillo più immediato è, però, quello relativo all’esborso. E l’ansia da batosta è condivisa dagli imprenditori. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, “lo sforzo maggiore è richiesto agli albergatori, chiamati mediamente a versare 6mila euro di saldo. Seguono i proprietari dei grandi magazzini commerciali (4mila euro), mentre l’esborso degli artigiani per i capannoni di piccole dimensioni si aggira intorno ai 2mila euro, e quello dei liberi professionisti per gli uffici e gli studi privati supera i mille euro”. Propri gli uffici, peraltro, dal 2011 al 2015 hanno patito il maggiore incremento dell’imposizione (145,3%): una cattiva notizia, tra i tanti, per gli amministratori di condominio.
Il cammino verso un reale alleggerimento fiscale sugli immobili, insomma, è ancora lungo e ricco di incognite, a partire dalla revisione del catasto. Cosa ci attenderà nel 2016? Al Governo Renzi l’ardua sentenza. Auguri.