La Legge n. 220/2012 (Riforma del condominio), ha consentito la liberalizzazione degli animali in condominio. All’art. 1138 del Codice civile, che riguarda il regolamento di condominio, è stato aggiunto un comma che recita: “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.
La materia deve essere contemperata con quanto previsto dalla legge in relazione alla detenzione di animali “selvatici”. In Italia, infatti, possedere specie di animali domestici pericolosi o rientranti in specie protette è vietato e può comportare severe pene, secondo quanto previsto dalla legge n. 150 del 1992. Tale provvedimento contiene sia la disciplina penale relativa all’applicazione della CITIES (Convention on International Trade of Endangered Species), sia le norme su commercio e detenzione di esemplari.
La legge (art. 6, comma 1) vieta a chiunque di commerciare o detenere esemplari vivi di mammiferi e rettili selvatici che possono costituire pericolo per la salute o l’incolumità pubblica, pena l’applicazione di severe sanzioni penali. Il decreto ministeriale del 19 aprile 1996 elenca le specie pericolose e precisa i criteri per stabilire la pericolosità.
La violazione delle prescrizioni può costare, come precisa la legge n. 68/2015, l’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da euro quindicimila a euro centocinquantamila. Gli animali detenuti illegittimamente sono confiscati.
Tuttavia, come previsto dalla Convenzione CITIES, è consentito detenere alcune specie esotiche (come pappagalli, rettili, scimmie, volpi ecc.), ma solo previa autorizzazione e con un permesso contenente tutti i dati relativi all’animale. Questi documenti vengono rilasciati dal Corpo Forestale dello Stato o dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Dunque, nel caso il regolamento non preveda uno specifico divieto, si ritiene consentita la detenzione di tutti gli animali non vietati dalla legge e che non creino un pericolo per la salute e l’incolumità.