SOLOAFFITTI: “BOOM DEL CANONE CONCORDATO”. IL SUNIA: “SCENARIO IMPROBABILE”
Il dato può sembrare sovradimensionato, non tanto per la tendenza, quanto le dimensioni. Certo, si tratta di una stima, e in quanto tale va tenuta nelle debita considerazione ma anche presa con le dovute precauzioni. Ad ogni buon conto, secondo quanto emerge da un’indagine condotta dal franchising immobiliare Solo Affitti, il canone concordato, nel 2015, è stato quello più utilizzato tra nuovi i contratti d’affitto stipulati nel nostro Paese, con una percentuale del 53,5%. E non è tutto: in alcune città quali Grosseto, Bolzano, Asti e Forlì vi si ricorrerebbe, addirittura, nella quasi totalità dei casi.
“Il contratto d’affitto con canone concordato – spiega Silvia Spronelli, presidente di Solo Affitti – si sta facendo sempre più strada in Italia, contribuendo a disincentivare i contratti in nero grazie ai risparmi consistenti per inquilini e proprietari. I primi pagano un affitto inferiore a quello di mercato e usufruiscono di detrazioni fiscali ai fini Irpef nel caso in cui l’immobile diventi residenza principale. I proprietari beneficiano di condizioni fiscali particolarmente favorevoli.
In realtà, anche questa tendenza non pare uniforme in ambito nazionale, come d’altra parte accade per innumerevoli altri parametri di valutazione del mattone e del suo indotto ad ampio spettro.
L’INDAGINE DI SOLO AFFITTI
A livello territoriale, il canone concordato va forte soprattutto nel Centro e Nord Italia, in particolare – come detto – a Grosseto e Bolzano, dove i proprietari di casa ne fanno uso quasi sempre (rispettivamente 98% e 96%), così come ad Asti e Forlì (95% ciascuna). Alte percentuali d’impiego si registrano anche in altre città dell’Emilia Romagna, come Reggio Emilia, Modena e Ferrara (90% ciascuna), Ravenna (85%) e Rimini (80%). Il dato cala lievemente a Firenze e Pescara (75%) mentre nella Capitale risulta pari al 71%. Ma anche in altri comuni del Centro Italia molti proprietari ricorrono alle agevolazioni previste dal canone concordato: ad Arezzo, Perugia e Pesaro lo utilizzano per il 70% dei nuovi contratti.
Al Nord il concordato è frequente a Torino (68%), Bergamo (65%), Pavia (61%), Bologna (58%), Genova e Savona (55% ciascuna). Le prime città del Sud Italia per utilizzo del canone concordato sono invece Barletta (70%) e Catania (68%) mentre a Catanzaro (40%), Bari (30%), Lecce e Trapani (20% ciascuna) questa tipologia di contratto stenta ancora a decollare. A Milano, Napoli e Vercelli il recente rinnovo degli accordi territoriali, dopo quasi 20 anni, ha riaperto la possibilità per i locatori di utilizzare il canone concordato. Nel capoluogo partenopeo si arriva al 15% dei casi, nel vercellese al 10% e stenta ancora a Milano dove non si va oltre il 5%, anche perché i canoni concordati su alcune aree si discostano troppo dai prezzi di mercato. Il concordato è poco conosciuto anche a Verbania (5%) e Como (4%) mentre a Palermo è praticamente del tutto sconosciuto.
LA REPLICA DEL SUNIA
Ma il Sunia non è convinto dei dati diffusi da Solo Affitti, e per voce del segretario generale, Daniele Barbieri, commenta: “Desta qualche perplessità lo studio pubblicato dal network immobiliare “Soloaffitti” sul presunto boom dei contratti concordati nel nostro Paese. Le percentuali “bulgare” sul numero dei contratti concordati rispetto ai contratti liberi contraddicono, infatti, i dati presentati qualche giorno fa dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate dove, in base ai contratti registrati nel 2015 e non ad un campione, si evidenzia che i contratti stipulati con questa fattispecie rappresentano il 20% del totale dei contratti. Anche considerando i soli Comuni ad alta tensione abitativa, dove si applicano e le agevolazioni fiscali previste per i concordati, la percentuale sul totale dei contratti non supera il 30%.
Questo vale anche per una buona parte delle aree metropolitane dove più alta è l’emergenza abitativa. A Firenze i contratti concordati rappresentano il 29% del totale, a Roma il 33%, a Bologna, la città da sempre con il più alto numero di contratti concordati, la percentuale si ferma al 43%.
Numeri, insomma, ben distanti da quelli forniti da “Soloaffitti”. Naturalmente l’ampliamento delle agevolazioni fiscali (la cedolare al 10% e dal 2016 uno sconto Imu-Tasi del 25%) ha contribuito notevolmente all’affermazione di questa forma contrattuale e quindi a un abbassamento complessivo degli affitti, ma per arrivare ai numeri pubblicizzati c’è ancora da lavorare sulla definitiva stabilizzazione degli incentivi, oggi limitati temporalmente, oltre a disegnare ed attuare una politica abitativa in grado di dare risposta alla fascia più debole della domanda, che comunque non è in grado di trovarla sul mercato privato